Attimi di vita di un non fumatore

Non voglio discutere sui motivi per cui bisognerebbe smettere di fumare né gli effetti benefici di una simile scelta.
Essere un non fumatore spesso non è facile, comporta grande forza di volontà ed esercizio costante. Nato come un gioco, ho provato ad elencare i momenti che solo questo tipo di persona può capire.
Ogni riferimento a persone esistenti o fatti è puramente reale.

L’odore
È la prima caratteristica di un fumatore. Dopo una sigaretta i non tabagisti potrebbero identificarlo appena varcano la soglia di un locale chiuso. Inoltre le loro abilità migliorano se questo non è aerato.

Solitudine o fumo passivo?
Durante una birra in compagnia con gli amici esce fuori la fatidica proposta: ”Siga?”. Tutti si alzano mentre tu devi scegliere se rimanere triste e solo pensando per quale motivo sei uscito da casa al posto di guardare la tua serie tv preferita o seguirli ed aumentare le possibilità di un cancro per la felicità dei tuoi polmoni.

Indicatore stradale
Quelle rare volte che qualcuno ti chiede se hai da accendere diventi un eccellente agente del traffico ad indicare gli amici a fianco proprietari di un accendino. Casualmente loro fanno finta di non averlo nonostante ne abbiano 3 nello zaino. C’è crisi.

L’eterna tentazione
‹‹Dai fumatene una, tanto per non rimanere lì a far niente››. La mentalità da branco prende spesso il sopravvento. L’individuo vuole resistere, ma qualche volta cede.

Sogni infranti
Il non fumatore rompiscatole non vede l’ora di far prediche eterne sui danni alla salute e dei benefici se si smettesse. Cerca di sostenere chi ha deciso di eliminare il tabacco dalla propria vita, ma quando li rivede fumare di nuovo capisce che sono state tutte parole al vento.

Dibattiti sul tabacco migliore
I discorsi sulle marche di sigarette o tabacco migliori sono paragonabili per esperienza ed intensità a quelli su quale sia la migliore squadra di calcio mai esistita.

Sport
Una tattica del non fumatore in una qualsiasi partita è puntare sulla resistenza e vedere il proprio avversario tabagista annaspare dal fiatone e dalla raucedine, salvo eccezioni.

Alla ricerca del tabacchino perduto
L’odio verso chi fuma è proporzionale a quanti chilometri si percorrono per trovare un tabacchino aperto o una macchinetta funzionante di notte nel gelo invernale o nel caldo torrido estivo.

Anche tu?
Man mano che il tempo scorre vedi i tuoi amici passare al lato oscuro del tabacco e prevedi già tutto il tempo che perderai a causa della loro dipendenza da nicotina.

Made in Piemonte
Fuori dai confini piemontesi la cicca è la gomma da masticare, non la sigaretta. È una scoperta sconvolgente per un piemontese come il sottoscritto.

LA MURAGLIA CINESE PUÒ DAVVERO ESSERE VISTA DALLO SPAZIO?

La storia
La Muraglia Cinese fu costruita durante l’impero cinese dei Qin, per volere del primo imperatore della dinastia, nel 215 a.C. Eretta per proteggere il territorio cinese dalle incursioni dei popoli mongoli. Con i suoi 8.851,8 km, è classificata come “Patrimonio dell’umanità” dell’UNESCO dal 1987 e fa parte delle sette meraviglie del mondo moderno, occupando un meritatissimo primo posto in classifica.

La credenza

“Per qualche ragione, diverse leggende metropolitane nascono e la loro vita fatica ad avere una fine.” Esordisce Matt Rosenberg, esperto geografo americano, in un’intervista per il sito “about.com” nella sezione “education”. “Molti sono familiari con il fatto che si ritiene che la Grande Muraglia Cinese sia l’unica opera umana visibile dallo spazio, o addirittura dalla luna, ad occhio nudo.”
Uno dei primi riferimenti del mito, si hanno nel 1754 in una lettera scritta dall’archeologo inglese William Stukeley. Stukley scrive “Il possente Vallo di Adriano, di quattro miglia di lunghezza, è superato solo dalla Muraglia Cinese, la quale fa una notevole figura sul globo terrestre, e potrebbe essere individuata dalla Luna.
Insomma l’uomo per anni si è convito di aver vinto anche i limiti dello spazio, costruendo, in tempi che addirittura risalgono a prima della nascita di Cristo, un oggetto che può essere visto da ogni luogo, rendendo così il nostro pianeta ancora più unico.
Ma le manie di grandezza spesso e volentieri portano ad errori anche grossolani.
La Grande Muraglia Cinese può quindi davvero essere vista dallo spazio?

Un mito sfatato

La risposta alla domanda, come ben potete immaginare è “no”.
I motivi oltre che essere di natura logica e oserei dire intuitiva, sono soprattutto scientifici. Infatti, anche se lunga migliaia di chilometri, la Grande Muraglia è però larga meno di dieci metri, pertanto, già ad un centinaio di chilometri di altezza – e, a maggior ragione, da migliaia o centinaia di migliaia di chilometri dal pianeta – essa non è visibile data la limitata capacità visiva dell’occhio umano.
Per avere un riferimento ancora più certo, alcuni giornalisti hanno posto il quesito a uomini e donne che nello spazio ci sono state: astronauti dalle più importanti agenzie di programmi e scoperte spaziali.
Armstrong e Aldin, i primi uomini a mettere piede sulla luna, affermarono, al ritorno dalla famosa missione, che alla notevole distanza a cui la Luna si trova dalla Terra (34.000 km) è a malapena possibile distinguere i continenti.
Altri astronauti, come per esempio l’americano Alan Bean hanno testimoniato che: “l’unica cosa visibile dalla Luna è una splendida sfera, per la maggior parte bianca (le nuvole), su cui si intravedono il blu del mare, le macchie gialle del deserto e molto raramente una piccola porzione di vegetazione. Nessuna costruzione dell’uomo è visibile su questa scala”.
Ciò nonostante osservazioni recenti fatte da altri astronauti durante alcune missioni spaziali hanno registrato che la Muraglia, come molte altre opere dell’uomo, sono visibili dall’orbita più bassa della NASA, vale a dire da 160 km dal suolo terrestre. Non esiste perciò nessun luogo nello spazio dal
quale l’unica opera umana visibile sia la Grande Muraglia.
I libri di storia e geografia dell’orgogliosissima Cina sono stati rivisti e l’autostima del suo popolo in parte stroncata. Ciò non toglie che il nostro pianeta continui ad essere unico nel suo genere nel sistema solare, e chi lo sa, magari anche nello spazio.

Il leone da tastiera

Ogni giorno un leone da tastiera accende il computer  e sa che deve commentare più degli altri utenti, o non si sentirà utile alla società.

Ogni giorno un leone da tastiera accende il computer e sa che deve insultare più degli altri utenti, o non appagherà il suo ego.

Quando sei online, fai attenzione se rispondi in una discussione: il leone è sempre in agguato.

Davanti allo schermo leoni, nella vita reale agnellini. Questa nuova specie, sviluppatasi solo negli ultimi anni, ha bisogno di una tastiera per liberare il suo vero potenziale. Ma chi si cela dietro a questi felini informatici dai nickname spesso improponibili? Padri di famiglia, studenti universitari, ragazzini e persino casalinghe. Pronti a scatenare discussioni su discussioni, i leoni cercano di dare la propria opinione su qualsiasi argomento all’interno di blog e social network, i loro habitat preferiti. Si possono individuare con estrema facilità tra gli altri utenti. Abusando della propria libertà di espressione, questa specie è capace di insultare, sminuire ed aizzare altri leoni a sbranare le prede con idee diverse dalla loro.  Vogliono sempre aver ragione anche quando vengono smentiti da persone qualificate. Spesso non è importante condurre una discussione pacata e civile, bensì essere al centro dell’attenzione conquistando, mi piace dopo mi piace, quel piccolo momento di notorietà che valga la giornata.

Un leone da tastiera pensa che Internet sia un mondo distaccato dalla realtà, un luogo dove si può dire ciò che si vuole e farla franca nell’impunità e nell’anonimato. Il web è uno strumento della realtà: dipende da come lo usiamo. Se scrivi un insulto o una minaccia il destinatario si offende come se glielo avessi detto a voce. L’odio non ha mutato forma, semplicemente è cambiata la maniera di dialogare amplificandone la sua diffusione.

Quando è offline, il leone da tastiera non si azzarderebbe mai a dire ciò che scrive sul Web.

La vera storia dei Pellerossa

(In foto “The Lone Chief, Cheyenne” di Edward Sheriff Curtis)

 

Ricordati falsamente nei western e nel cimema americano del secolo scorso perlopiù come minacce per i pionieri in ricerca dell’oro o come selvaggi assassini che assaltavano le diligenze, i Pellerossa furono in realtà piuttosto vittime di un assedio da parte del governo e dall’esercito statunitense, perpetrato per ragioni prettamente economiche e territoriali. secondo gli storici furono decine di milioni i Pellerossa morti in 200 anni: un vero e proprio genocidio. Per lungo tempo un simile sterminio venne ignorato o sottovalutato dalla storiografia ufficiale, perlomeno fino alla metà del XX secolo.

Sfatiamo il falso con la realtà dei fatti:

Non c’erano grandi capi tribù. Esistevano esperti per la guerra, sciamani, uomini di medicina e così via. Grandi indiani come Nuvola Rossa o Cavallo Pazzo erano nati dal bisogno di coalizzarsi contro i “visi pallidi”. Tutte le decisioni venivano prese dai consigli delle tribù. Si ritiene che la Costituzione americana abbia preso spunto anche dalla democrazia degli Irochesi!.

Augh! Gli indiani non si salutavano con “augh”, bensì con “hog”. L’errore comune deriva dal modo in cui gli inglesi trascrivevano il saluto, ”haug”.

Un popolo imbattuto: I Seminole. «La loro forza era aver stabilito un patto di rispetto con la natura, l’essere stati una società pacifica e matriarcale, aperta all’accoglienza. Anche sessuale. L’amore tra una donna della loro tribù e chi arrivava da terre lontane era benvisto, portatore di figli sani e vigorosi» racconta Dario Fo nel suo libro Storia proibita dell’America.

Macabri per necessità? Collezionare scalpi come cimeli di guerra non era tipico della cultura nativa americana. Fu adottato dalla resistenza indiana durante gli scontri tra francesi ed inglesi, i quali davano un premio ai soldati per ogni indiano ucciso.

Vecchi saggi. Le tribù indiane non erano assistenziali. Quando i vecchi, nonostante fossero molto ascoltati, diventavano un peso in genere si allontanavano dal gruppo per andare a morire.

Il cavallo selvatico fu reintrodotto per sbaglio in Nord America. Un gruppo di cavalli scappati da un forte spagnolo in Messico nel 1600 (circa) diede origine alla razza dei mustang. Gli indiani riuscirono ad addomesticarli abilmente inventando persino uno specifico stile di cavalcata.

Geronimo! Geronimo fu un condottiero nativo americano, si tratta di uno dei più famosi capi degli Apache, che per oltre 25 anni guerreggiò contro gli Stati Uniti e la loro espansione ad occidente. L’abitudine a gridare “Geronimo” deriva da alcuni paracadutisti dell’esercito degli Stati Uniti d’America, i quali videro l’omonimo film del 1939 in cui il protagonista urlava il suo nome prima di lanciarsi da un alto burrone in un fiume. Il soldato scelto Aubrey Eberhardt per primo decise di imitarlo per dimostrare che non aveva paura e fu poi seguito dai suoi compagni: da li poi il grido si diffuse nella cultura popolare.

 

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