Qualcosa è cambiato

Regia di James L. Brooks, produzione americana del 1997

Durata: 2h 19 minuti

Tipologia: Romantico/commedia

Classificazione: T

Pellicola presente al 140mo posto nella lista dei migliori 500 film di tutti i tempi.

Il film ha ottenuto 7 candidature e vinto 2 premi OSCAR (terzo a Nicholson come attore protagonista e uno ad Helen Hunt come attrice), 6 candidature di cui tre vinte ai GOLDEN GLOBES.  

Di cosa sto parlando?  Del film Qualcosa è cambiato.

Un film imperdibile capace di dare una ventata di aria fresca ad una storia d’amore ostacolata dalle diversità dei personaggi. Se state pensando che questo film sia l’ennesima pellicola romantica, sdolcinata e noiosa… Beh, vi sbagliate di grosso!

Lasciate che vi racconti: il nostro caro Jack Nicholson veste i panni di Melvin uno scrittore di romanzi rosa, amatissimo dalle donne, ma dalla personalità disturbata da diversi disagi ossessivo-compulsivi e, per non farci mancare niente, con un pessimo carattere.  Come quella battuta: “…vada a vendere pazzia altrove: qui siamo al completo…”

Premetto che non sono una grande fan di film romantici ma questo, signori e signore lettrici è fantastico! Ed anche con un record di 5 visioni (ne vado abbastanza fiera) rimane esilarante come la prima volta …

– “… È così stravagante che mi invoglia a guardarlo “- questo il commento di un mio famigliare durante la sua prima visione.

Melvin è detestabile e non perde occasione per offendere chiunque. Razzista, non ama neri, gay, ebrei, vecchiette e cani. Per ironia della sorte ha come vicino di casa un pittore omosessuale squattrinato padrone di un cagnolino di nome Verdell.  Il protagonista tenterà di farlo fuori scaraventandolo nello scarico dei rifiuti!!! Nonostante questo, l’animale si affeziona a Melvin riuscendo a penetrare nel suo cuore e scoprendone un lato tenero.

Melvin si accorge che dentro di sé qualcosa è cambiato quando inizia ad avere un rapporto più “umano” con la cameriera Carol, ragazza-madre di un bambino malato. Dice: “…lei mi ha sfrattato dalla mia vita…”. E’ l’unica persona in tutta New York che lo sopporta.

-…Quando sei venuto a fare colazione… la prima volta che ti ho visto, ho pensato che eri un bell’uomo. Poi, certo, hai parlato…-

Questa bellissima commedia romantica lotta contro i più banali pregiudizi e rispecchia le piccole paranoie che ci sono in tutti noi. Vi lascio con una frase che mi ha toccato il cuore:

“…. mi fai venire voglia di essere un uomo migliore…”

La noia e la creatività

“Quante volte al giorno ci giustifichiamo con la frase non ho tempo”. Così introduce il tema della noia e della creatività Maura Gancitano in un video sul canale TEDx Talks (Technology Entertainment Design). La scrittrice, filosofa e fondatrice di Tlon, casa editrice e progetto di divulgazione, con il piglio critico e persuasivo che la contraddistingue ci pone questo interrogativo. La risposta è tante, tante volte. Dobbiamo sempre sbrigarci, fare di fretta. Scappiamo dalla noia, dallo stallo, inseguiti dalla paura di perdere tempo e viviamo pensando che questo sia l’unica cosa che abbiamo, che debba essere ottimizzato, ma così facendo lo disperdiamo. 

Il tempo vuoto non è mai tempo perso, è il modo per far sì che possa emergere ciò che nella vita attiva non trova il suo spazio. “Poniamo l’attenzione sull’espressione mi è venuta un’idea”, dice Maura Gancitano, “ E’ come se venisse da lontano, come se arrivasse da un altro luogo. Ci sentiamo spesso senza idee ma questo perché non diamo loro il modo di esprimersi”. Il più grande ostacolo all’innovazione, alla creatività consiste nell’incapacità di guardare con occhi nuovi ciò che è ordinario, ciò che già pensiamo di conoscere. Eppure in tutto c’è qualcosa di inesplorato. Anche la cosa apparentemente più insignificante contiene un po’ di ignoto, ma non lo percepiamo, o meglio, non ci diamo neanche il tempo di farlo. Il problema non sta nella cosa in sé, non è lei che ha perso potere di attrazione, ma nel nostro sguardo. I social network propongono di salvarci tenendoci in una condizione di perenne intrattenimento, ma che, in realtà, è una costante distrazione. E così ci ritroviamo in coda alla cassa del supermercato ad aprire Instagram e a scrollare video su TikTok aspettando che arrivi il pullman.

Flaubert fu l’insegnante di Maupassant :più che trasmettergli una tecnica o il proprio stile volle passargli l’importanza di coltivare l’attenzione. L’allievo doveva mettersi davanti ad un albero per ore, osservarlo come se non ne avesse mai visto uno. Ma questo non è solo un esercizio di scrittura, è un modo per disfarsi del “è così” e aprirsi al nuovo. Flaubert sosteneva che per poter descrivere qualcosa, la si dovesse guardare tanto a lungo e con tanta attenzione. Ma per far ciò ci vuole tempo. Per farlo dobbiamo annoiarci, annoiarci un sacco. La noia ci permette di capire come stiamo davvero e forse è per questo che ne abbiamo paura. 

“Una certa capacità di sopportare la noia è indispensabile per una vita felice. Tutti i grandi libri hanno dei capitoli noiosi, e tutte le grandi vite hanno avuto dei periodi non interessanti”, scrisse Bertrand Russell, e direi che ci ha preso. 

Proviamo ad annoiarci un po’ di più ogni tanto, forse così una bella idea, o una nuova consapevolezza, troverà la sua strada per raggiungerci. 

Il miglio verde

Regia di Frank Darabond dal romanzo di Stephen King

Film del 1999 con Tom Hanks e Gary Sinise

Durata : 3 h 9 m

Tipologia : Drammatico/Giallo

Classificazione: T 

PREMI: 4 nomination ai Premi Oscar, 1 nomination ai Golden Globe, 2 nomination  ai premi Awards

 

“….tutti noi dobbiamo morire, non ci sono eccezioni, ma qualche volta, Dio mio, il miglio verde sembra così lungo….”.

-Paul Edgecombe

Un vero capolavoro del cinema è il miglio verde: eccellenti sono i personaggi protagonisti, esaltante è la trama. Secondo me ne vale davvero la pena vederlo, perché dopo la visione questo film inevitabilmente diventerà parte del vostro modo di vedere la vita e approccerete l’idea di una continua lotta tra la speranza (Jhon Coffey) e la disperazione (la vecchia scintillante, nome dato alla sedia elettrica).  Le battute rimangono impresse nel cuore e nella mente. Se non lo avete ancora visto vi state perdendo non solo un film ma emozioni e personaggi che, alla fine del lungometraggio, rimarranno nella vostra memoria come dei lontani amici.

Il miglio verde è il percorso che i condannati a morte devono percorrere dalla loro cella al luogo dell’ esecuzione della pena. La similitudine è con la  vita di ognuno di noi, infatti tutti noi percorriamo il miglio verde dal momento che veniamo al mondo (adesso che ci ripenso mi vengono i brividi). La trama del film differisce per ognuno di noi perché si basa sulla visione soggettiva della vita, del modo in cui decidiamo di approcciarci con essa e del significato che per lo spettatore ha il “vivere”.

Il quotidiano di Paul Edgecombe (protagonista e guardia carceraria del braccio della morte) viene  stravolto quando, sotto la sua custodia, arriva un nuovo “uomo morto che cammina” Jhon Coffey (sì, proprio come il caffè ma scritto in modo diverso, mi raccomando!) accusato di aver ucciso due gemelle. Nonostante la sua gigantesca stazza, Jhon è impaurito e incredibilmente gentile tanto da aiutare gli altri carcerati e le guardie anche nei momenti più difficili. E’ proprio questa sua innata gentilezza ed empatia che porterà Paul e le altre guardie a non credere alla sua colpevolezza e a fare una scelta importante… MOLTO importante (non ve lo posso spoilerare, andate a vederlo!).

Però vi posso dire ancora una cosa: Coffey è dotato di doti straordinarie, un straordinario potere curativo  e la capacità di leggere nel cuore delle persone ; ma è stanco di comprendere quanto gli uomini facciano male agli altri uomini. C’è una scena in cui dice:

“…sono stanco capo, stanco morto…Sono stanco soprattutto del male che gli uomini fanno a tutti gli altri uomini, del dolore che io sento ogni giorno, ce n’è troppo per me. Lo capisci questo?”

In questo punto ammetto di essermi commossa un pochino… questo film insegna a godere delle piccole cose, proprio come fa John, e a riempire la propria vita d’amore e di una gentilezza incondizionata.

E’ arrivato il lupo cattivo

Nome del film: The Shining

Tipologia: Horror/ Thriller /Film di mistero VM14

Durata: 2h 26m

Data di uscita: 22 dicembre 1980 (Italia)

Regista: Stanley Kubrick

Scritto da: Stephen King

Cast: Jack Nicholson che interpetra Jack Torrance, Shelley Duvall che interpetra Wendy Torrance, Danny Lloyd che interpetra Danny Torrance (Doc), Scatman Crothers che interpetra Dick Hallorann, Joe Turkel che interpetra Lloyd, Barry Nelson che interpetra Stuart Ullman.

Trama del film: il padre di famiglia Jack Torrance accetta l’incarico di custode invernale dell’Overlook Hotel , una struttura isolata sulle meravigliose montagne del Colorado. Il figlio Danny (detto Doc), un ragazzino con un potere sovrannaturale inizierà ad avere delle visioni orribili riguardanti l’infestato albergo. Una sola cosa è certa : <<Questo posto disumano crea mostri umani >> e il suo obbiettivo è Jack .

Commento personale: La marea di terrore che ha travolto l’America è qui!

Per la mia prima recensione non posso non giudicare il mio film preferito THE SHINING (non che il mitico sfondo del pc dal quale sto scrivendo) .

Ammetto con una certa sicurezza che questo è il più bel film che io abbia mai visto (l’ho visto più di 10 volte!!!). Ho adorato questo lungometraggio fin dalla prima visione perché è un perfetto mix di tensioni, musiche che accompagnano e aumentano l’intensità dei movimenti o delle espressioni, continui colpi di scena, Easter egg in ogni angolo.  Nel film ho percepito anche un sentimento quasi di paura che crea un effetto particolare: è come se costringesse lo spettatore a tenere gli occhi aperti fino alla fine per non perdere neanche un fotogramma di questo capolavoro che è entrato nella storia del cinema.

Questo film è incredibilmente complesso sia nella storia che nei personaggi. NULLA è messo a caso. Ogni fotogramma è un segreto QUASI impossibile da svelare. Ma vuoi mettere la soddisfazione di capire il  PERCHE’ e il COME un insignificante oggetto sia in realtà la chiave di tutto?

Un altro aspetto FANTASTICO di questo film è che permette di creare un interpretazione personale che fa catapultare lo spettatore direttamente nell’Hotel.

Mi concedo però un’unica critica. La prima visione è di difficile comprensione, con il rischio di non riuscire ad apprezzare appieno la bellezza della trama che risulta complessa. Questo perché è ricca di salti temporali difficili da seguire ad una prima visione.

Il mio personaggio preferito è indubbiamente Jack Torrence.  Ho apprezzato la sua psicologia, le sue espressioni, le sue argomentazioni e il suo modo di agire. Questo mix di sensazioni sono a parer mio degne degli standard che un vero amante di pellicole dell’horror cerca in un protagonista. Un lavoro cinematografico degno di essere chiamato A masterpiece of modern horror (ve lo dico per esperienza… i film dell’orrore ,quelli belli, sono difficili da trovare ) .

Spoiler per gli amanti dei lieto fine: il genere non decreta sempre l’ovvio finale di questi film. Lasciatevi sorprendere!

Migliori frasi del film:

Jack: Cappuccetto rosso? Cappuccetto rosso? Su, apri la porta. Su, apri! Non hai sentito il mio toc, toc, toc? Allora vuoi che soffi? Vuoi che faccio puff? Allora devo aprirla io la porta? […] Sono il lupo cattivo!

Jack : Wendy, tesoro, luce della mia vita. Non ti farò niente. Solo che devi lasciarmi finire la frase. Ho detto che non ti farò niente. Soltanto quella testa te la spacco in due! Quella tua testolina te la faccio a pezzi!

Ospite : Gran bella festa vero ?

 

Autore: Sofia Rinaldi

Giovani adulti

Giovani Adulti è il titolo di un film diretto da Jason Reitman, uscito nel 2011. Giovani Adulti è anche il nome con la quale si identifica il genere di libri e film per i giovani tra i 14 e i 21 anni. L’ossimoro del titolo identifica bene la protagonista Mavis Gary, combattuta tra la sua parte adolescenziale e il suo lato più adulto: Mavis è una ghost-writer e scrive proprio per una serie di libri per ragazzi. Dopo il liceo ha deciso di trasferirsi in città per seguire il suo sogno. Ma la vita lì non va a gonfie vele, almeno non secondo le aspettative che si era imposta. Si sente incapace di sviluppare relazioni mature, è ancora segretamente ancorata al suo status di reginetta del liceo della provincia in cui è cresciuta. La sua vita è divisa tra le dinamiche affettive adolescenziali e i suoi problemi più “da adulta” come l’alcolismo e la tricotillomania (disturbo da strappamento di peli). Un giorno le arriva per email l’invito al Battesimo del figlio del suo ex fidanzato del liceo. Ed ecco che la sua mente ritorna nel passato: non fa che pensare alla loro felice storia d’amore, alle stupidaggini fatte insieme. Il suo obiettivo ora è di tornare nella cittadina natale per riprenderselo e tirarlo fuori da quella che è sicura essere una vita da incubo. Tornando però si accorge che tutti i vecchi amici e compagni di scuola in realtà si erano costruiti la vita che volevano, lasciandosi il passato alle spalle. Mavis sembra essere l’unica a non riuscirci. 

Guardando il film Giovani adulti il mito della vita perfetta, della ragazza perfetta crolla. Si vede il retroscena di una vita vuota, che scatena la simpatia dello spettatore per la tristezza di quelli che dovrebbero essere i migliori. Mavis è chiusa in un limbo, come anestetizzata alla vita vera che le scorre intorno. C’è un’atmosfera di insoddisfazione costante che porta poi all’assenza di sentimenti. E’ la messa in scena del tramonto dei vincenti. Perché forse non ci sono dei veri migliori in Giovani adulti, come neanche nella vita vera. Non lo è  Mavis, non lo è il nerd del liceo che ora gli fa da amico per l’occasione e non lo è la coppietta perfetta: nella realtà i vincenti non esistono, ci sono solo esseri umani che ne inseguono il mito e altri che decidono di vivere la propria vita.
La grandiosità del mito americano fatto di soldi e felicità, il mito della grande vibrante città va in frantumi davanti a una piccola cittadina di provincia. Gli ideali di una giovane ragazza si sbriciolano giorno dopo giorno. Nel libro Vicine di casa di Caroline Corcoran le protagoniste Lexie e Harriet vivono una vicenda simile: entrambe sono convinte che l’altra abbia una vita felice e realizzata. In realtà la sottile parete che separa i loro appartamenti non fa altro che aumentare i pregiudizi sulle loro due vite perfette. Quando Lexie sta soffrendo molto per problemi di infertilità, Harriet è ancora bloccata dalle molestie subite dall’ex fidanzato. La situazione si fa talmente estrema che l’ossessione di una per l’altra diventa un thriller. Tutti questi personaggi sono giovani adulti combattuti, frustrati, soli. Non riescono a trovare la loro strada ma hanno troppo paura di farlo vedere agli altri, di raccontarlo, di dire «si, forse ho fallito, è ora di cambiare». Per loro è inaccettabile, troppo difficile. E’ meglio rimanere una brutta copia del Grande Gatsby. 

Essere dei giovani adulti è maledettamente complicato. Ma Henry Page nel film I nostri cuori chimici ci può far riflettere:

Un’amica una volta mi ha detto che gli adulti sono solo bambini con le cicatrici sopravvissuti al limbo dell’adolescenza. Ora uscite e osservate il mondo attraverso questo prisma. Guardate i vostri genitori, i vostri fratelli più grandi. Guardate gli estranei per strada. Guardateli e immaginatevi che ad un certo punto della loro vita anche loro hanno percorso lo stesso corridoio, anche loro hanno provato l’insostenibile solitudine, l’insopportabile sensazione di potenza e oscurità dell’essere giovani.

L’Italia è ancora un paese di risparmiatori: e allora?

Se confrontato con gli altri paesi, l’Italia si conferma essere un paese di grandi risparmiatori. Quando c’è grande incertezza, come quella conseguente ad una situazione sanitaria molto pesante come quella dettata dalla pandemia del Covid, o un’altra molto più imprevedibile determinata dai delicati equilibri politici legati alla tensione Russia-Ucraina, gli italiani preferiscono detenere la propria ricchezza in depositi bancari o direttamente sui conti correnti. Ciò è dovuto naturalmente alla sfiducia verso il futuro e alla possibilità che si presenti in questo periodo qualche imprevisto. Ma siamo sicuri che sia una notizia positiva?

Nonostante l’Italia sia uno dei pochi paesi in cui le retribuzioni medie sono calate, il patrimonio totale del suo popolo è superiore ai 100000 miliardi di euro, una cifra molto considerevole, di cui una parte consistente è detenuta ferma in giacenza su depositi bancari e conti correnti. Prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, durante la pandemia, la tendenza a risparmiare si è confermata con un aumento di circa 150 miliardi di euro in giacenza sui conti correnti. Dati alla mano, sembra essere una situazione rosea e tranquillizzante, se non fosse che l’inflazione, in questo periodo, risulta essere fuori controllo. L’aumento generalizzato e prolungato dei prezzi, infatti, sta portando sempre più ad una consistente erosione del potere d’acquisto. Questo che cosa significa? Che i risparmi, con il passare del tempo, potrebbero portare ad un impoverimento generale del patrimonio liquido giacente sui conti correnti. Infatti, se l’inflazione rimanesse su questi livelli per almeno una decina d’anni, si calcola una perdita potenziale sul patrimonio nazionale di circa 1000 miliardi. Questa situazione ci porta ad interrogarci sui numerosi quesiti che in maniera automatica si sviluppano. Come mai si detiene una quantità così spropositata sui conti correnti o nei depositi bancari? Non c’è davvero nessun altro posto dove metterla? L’Italia potrebbe utilizzarla per compensare l’esorbitante debito pubblico? 

Partendo dall’ultimo quesito, qualche politico di turno ha proposto un prelievo forzoso, mascherato da tassa patrimoniale, da parte dello Stato sui conti correnti, con l’obiettivo di pareggiare le misure utilizzate per far fronte all’emergenza economica attuale oppure volto a restituire i vari prestiti chiesti ed ottenuti dall’Europa. Considerando invece gli altri due quesiti, viene spontaneo pensare che questo possa diventare un problema economico senza via d’uscita. La verità è che molte persone continuano a detenere la liquidità sul proprio conto corrente e non investono per paura del rischio connesso agli investimenti e per la sfiducia verso gli stessi intermediari finanziari. Negli anni si è tentato di migliorare la cultura finanziaria degli italiani per avvicinarli al mondo degli investimenti ma l’educazione finanziaria è ancora insufficiente per poter dire di aver risolto il problema. Considerando la liquidità ferma, se venisse investita, porterebbe beneficio non solo all’investitore tramite l’interesse maturato ma anche alla comunità, dal momento che sarebbe fonte di benessere per la collettività stessa. 

Dal canto loro, gli operatori del settore finanziario, quali banche e assicurazioni, hanno sviluppato numerosi progetti in tal senso, che però non hanno raccolto i risultati attesi. Con l’avvento dei social, però, sono emersi numerosi influencer dell’ambito economico che stanno tentando di colmare questo gap. Sarebbe auspicabile, però, un intervento deciso dello Stato al fine di promuovere l’educazione finanziaria come un primo passo verso l’uscita da questa impasse.

 

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