Parliamo di Lovebars, di Coez & Frah Quintale

Il presupposto è già chiaro dal titolo del disco, uscito l’8 settembre di quest’anno. Silvano Albanese (aka “Coez”) e Francesco Servidei (aka “Frah Quintale”) vogliono comporre un mélange del loro vasto bagaglio culturale, allontanando la possibilità di relegare le loro esigenze artistiche sotto l’etichetta di un determinato genere. Indie, Pop, Hip-Hop, Urban, che sia. I due cantautori decidono di accostare due aspetti del loro stile che li hanno caratterizzati e resi noti al grande pubblico: la canzone d’amore e il rap. Se qualcuno ritenesse che i due non siano affatto affini a questo genere, dovrebbe provare a informarsi sulle loro origini; entrambi provengono da un contesto sociale che li ha fatti passare attraverso la tipica gavetta underground. E basta dare un ascolto al primo pezzo dell’album, Era già scritto, o a Local Heroes (produzione di Bassi Maestro, icona del genere underground in Italia), per averne una conferma.

 

[Era già scritto, Coez]

La povertà non è mai stata un’opzione

Studiare non l’ho nemmeno preso in considerazione

Ed ho iniziato a rappare con l’ambizione

Di farne una professione e pensavi fossi ‘n cojone

 

[Local Heroes, Frah Quintale]

Ciò che volevo per me non si chiede

Nessuno ti regala un cazzo

Torno con questo flow nel mio quartiere

Per strada stendete un red carpet


A riguardo, Coez e Frah dichiarano nelle Storyline su Spotify©: «Tanta gente che ci segue sa ben poco di noi, un minimo di presentazione era doverosa. Era giusto mettere le cose in chiaro fin da subito, in questo disco abbiamo fatto molto rap». 

E se la prima parte del loro percorso è stata segnata dalle rime e dalle “barre” più affini all’Hip-Hop, successivamente hanno dimostrato a tutta la nazione le loro doti canore, più melodiche, che li hanno portati ad avere – in due – quasi otto milioni di ascoltatori mensili su Spotify©. Lovebars sembra essere il sunto di queste due anime di entrambi gli artisti. Lo dichiarano loro stessi, in un’intervista condotta da Dargen D’Amico pubblicata sul profilo Youtube ufficiale di Coez: «Ci sono le barre, ci sono i ritornelli sempre cantati, quindi tanta melodia, c’è un sacco di amore». Un amore che però non vuole avere il sapore della dedica smielata (unica eccezione per la title track), ma che punta a immergersi nella più aperta definizione di amore come sentimento passionale, tormentato, tipo quello dei «rapporti difficili», ma anche di amore universale inteso come «lo stare insieme, l’accettare le cose belle e brutte di un’altra persona», come specificato da loro nell’intervista.

Al di là del lato più espressamente musicale, un aspetto che emerge da ogni pezzo è l’affiatamento e la compatibilità che si è stretta fra i due protagonisti, risultato di più di dieci anni di amicizia e stima reciproca. Questa, in particolare, non risalta da chiari riferimenti a riguardo nei testi delle canzoni, bensì dall’atmosfera armonica che la composizione musicale fa uscire fuori. Coez e Frah si completano perfettamente in ogni traccia, tanto da affidarsi a un solo featuring in tutto il disco(Guè in DM).  Un’esemplificazione evidente la troviamo proprio nelle strofe della title track Lovebars, dove i due si passano fruttuosamente il microfono, proprio come fossero nel pieno di una battle freestyle. Invece, ecco che l’elemento underground va ad amalgamarsi insieme a quella canzone-dedica più smielata di cui prima:

 

[Lovebars, strofa 1: Coez & Frah Quintale]

È inutile che mandi i messaggini

Quali massaggini, quali passeggini

Quando passi, gira il mondo

Quando non ci sei, si ferma, tocco il fondo

Tu mi mandi fuori, tu mi lasci sotto

Forse puoi aggiustare questo cuore rotto

Hai tipo mille chiodi, io e te in mille modi

L’abbiam fatto su ogni mobile del tuo salotto

Yeah, baby, stringimi le mani, sei la mia migliore amica

La mia bro della vita, la mia lolita

La mia love story, noi ragazzi fuori made in ITA

La mia signorina, stiamo bene insieme

Quanto cazzo sei figa, fra’, un po’ meno greve

Scusa, bro, sì, lo so, è un po’ fuori luogo, ma però

 

E al di là delle tematiche che fuoriescono dai testi (le origini “di strada”  e l’amore passionale già citati, ma anche il tipico binomio materialismo-vuoto esistenziale legato al successo, come si sente in Vetri fumè), ciò che salta fuori dall’album è davvero la sintonia artistica con cui i due si stendono sul tappeto musicale cucito dagli strumenti, dando vita a un’atmosfera di leggerezza mista a malinconia che aderisce perfettamente al loro stile.
Sempre dall’intervista con Dargen: «Per fare un joint album per forza devi uscire dalla tua comfort zone. Dopo anni che uno lavora da solo con la propria roba, per forza quando si lavora in due bisogna mollare un po’, bisogna sapersi fidare. E questo ti permette di cambiare prospettiva, anche sulle proprie cose, sulle proprie battaglie». I due artisti si sono messi a disposizione, si sono aperti; hanno procacciato un terreno comune dal quale trarre un frutto buono. Forse la loro affinità è sempre stata percepibile, ma il fattore di non-sorpresa non va ad intaccare la bontà del frutto di questo loro lavoro. Nella stessa intervista, Coez sottolinea: «Il fatto di scrivere con un’altra persona, con cui conduci un processo creativo, può permetterti di tirare fuori della roba che magari anche tu avresti fatto, ma non da solo. E’ un processo diverso, come se l’altra persona ti facesse da specchio». «Da solo sei te che ti confronti con te stesso. In due può essere che l’altro è capace di farti venire un’illuminazione a cui da solo non saresti mai arrivato» aggiunge Frah Quintale. Dalle loro parole si sente come la collaborazione sia risultata fluente e accrescitiva per entrambi. Possiamo aggiungere che questo si è sentito anche nella musica.
Ciò che sembra omogeneo, dunque, forse non è il genere dell’album, o la definizione di amore contenuta all’interno, ma la naturalezza e la disponibilità con cui Coez e Frah si sono alleati per fornire ai propri fans un prodotto nuovo, fresco, dopo anni di gavetta e successo in solitaria.
Lovebars è quindi il frutto gustoso di quest’alleanza: un inno all’amore che è limpidamente rappresentato dall’intesa che i due hanno avuto sopra il microfono. E, grazie a quell’amore visto come «stare insieme», noi abbiamo potuto godere di uno dei dischi più interessanti del 2023.