Il principio responsabilità è un testo di Hans Jonas del 1979 che ha lasciato un segno nel campo della filosofia e dell’ecologia. All’interno del quarto capitolo l’autore inserisce un prezioso pensiero molto intimistico, in cui si lascia andare a riflessioni su una dimensione umana circoscritta, e scrive: Quel che conta sono anzitutto gli obiettivi e non gli stati della mia volontà: impegnando la mia volontà diventano scopi per me. Acqua limpida e pura che non vuole essere contaminata dal fango del divorzio breve.

Impegnando la mia volontà è un’espressione quasi ossimorica, perché qui volontà e impegno sembrerebbero essere collegate da un filo sottile e diretto. Il concetto è chiaro: nella vita non si può aspettare che arrivi la voglia di impegnarsi né si può pretendere che la volontà sia sempre così salda da non accasciarsi davanti ad alcun ostacolo; il volere si abbatte facilmente, ma la consapevolezza di aver impiegato delle energie in qualcosa traina il carro. La prospettiva è analoga a quella che Antoine de Saint-Exupéry assume in un altro contesto: È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. In de Saint-Exupéry come in Jonas la riflessione sfiora l’idea che senza il senso del dovere non si possa concludere nulla. Questo discorso oltrepassa l’ambito lavorativo o di studio, perché il senso del dovere chiama innanzitutto nelle situazioni che coinvolgono le profondità della vita. Questo è assolutamente confortante, perché se si aspettasse l’ardore per fare qualcosa saremmo perduti; in quest’ottica invece già l’agire genera pienezza, dunque più faccio, più cresce in me la voglia di fare. Volenti o nolenti, occorre arrangiarsi con quello di cui si dispone, e benedirlo: si tratta di un sereno e appagante accontentarsi, perché il trucco nella vita è amare ciò che si ha. Ci saranno diversi momenti in cui le alternative tra cui scegliere saranno varie e tutte ugualmente imperfette: a quel punto che cosa si farà? Si dovrà prendere una strada e non tornare indietro, adattare quell’occasione e farla diventare il proprio scopo.

La vita si presenta senza troppi fronzoli, e, soprattutto, senza curarsi delle particolarità di ognuno: sono rare le volte in cui le possibilità si offrono come vestiti perfetti che richiedono soltanto di essere indossati. Le decisioni da prendere sono situazioni grezze e, siccome in qualche misura potrebbero essere prese da chiunque, occorre adattare loro a noi e noi a loro: siamo rammendatori di occasioni in una vita che è un gioco di sartoria. Nulla mi si presenta mai come una scelta che deve solo essere approvata, ma come una nuda situazione che diventa la mia scelta e che si trasforma, appunto, in uno scopo per me. Intraprendere un percorso senza giungere alla sua conclusione lascia una certa amarezza in bocca, un sapore di sconfitta che spesso si potrebbe evitare avendo chiaro in testa che quello è il mio obiettivo. La bellezza e l’essenziale delle cose non sono mai sulla loro superficie: i coralli sono sui fondali dei mari, il cuore è nascosto dalla pelle. E la vita stessa si trova alla fine della strada: non vivo fino a quando non scelgo di spendermi e di conoscere l’ultimo sassolino di quel percorso in cui tanto ho investito e che tanto ho amato.