L’appuntamento è al bar per una chiacchierata e un caffè al sapore di Patagonia. Arrivo un attimo in ritardo e Federico è fuori ad aspettarmi. Dopo esserci salutati, entriamo e ordiniamo qualcosa di caldo. Attorno a me, lentamente, il brusio della gente si trasforma per far spazio, nella mia mente, a un lontano odore di America Latina.

Classe ’95, Federico studia Medicina e Chirurgia all’Università di Torino. Ci siamo conosciuti circa un anno fa e fin da subito ha saputo colpirmi la sua passione per l’avventura e i viaggi. A settembre 2018 ha deciso di intraprendere un viaggio in solitaria, della durata di un mese, in Patagonia. Colpita dalla sua scelta e dalle foto da lui pubblicate sul profilo Instagram, ho deciso di saperne qualcosa di più e, spinta dalla mia curiosità e sete di conoscenza, gli ho proposto un’intervista. Questo il suo racconto: godetevi il viaggio.

Da cosa è nata questa tua scelta di esplorare la Patagonia? Si può dire che sia nata dal desiderio di intraprendere un viaggio singolare, all’avventura, lontano dalla concezione contemporanea predominante del viaggio. Mi sono lasciato ispirare dal libro In Patagonia di Bruce Chatwin, non solo per quanto riguarda la meta ma anche e soprattutto nel modo di vivere il viaggio. Le immagini che la Patagonia evocava nella mia mente, quali di terra remota ed estrema, che ha affascinato frotte di esploratori di tutti i tempi, hanno poi fatto il resto affinché abbia scelto come destinazione.

Avevi un programma di percorso preciso o ti sei affidato al “vivo al giorno per giorno”? Per volontà e necessità ho vissuto giorno per giorno. Ho sempre detestato programmare i viaggi, nonostante il più delle volte sia inevitabile. Avendo avuto a disposizione un mese per questo viaggio me ne sono tenuto il più alla larga possibile. Avere un programma da seguire mi pesa enormemente, limita la mia libertà di esplorare, talvolta con il deleterio risultato di smorzare il mio entusiasmo.

Quali sono state le mappe principali? Mi sono spostato procedendo da sud verso nord, passando da Punta Arenas, Puerto Natales, Torres del Paine, El Calafate, El Chalten per arrivare infine alla Penisola di Valdes. Ma c’è ancora molto altro da vedere e da esplorare.

La realtà ha riflesso le tue aspettative o queste sono state completamente ribaltate? In parte le mie aspettative sono state confermate, riguardo alla natura dei paesaggi; in parte ribaltate, in quanto mi sono imbattuto in alcuni luoghi tristemente stravolti dalla logica del turismo di massa.

Chi o che cosa ha saputo colpire maggiormente la tua attenzione o ha saputo stupirti? Così come Darwin rimase profondamente segnato dalla vista del deserto della Patagonia, io sono rimasto ammaliato dallo splendore dei paesaggi che questa regione ha da offrire in tutta la loro varietà.

Descrivi il tuo viaggio in tre parole. Forgiante, rivelatorio, fondamentale.

Da viaggiatore e scopritore quale sei, che cosa significa per te Viaggiare? Viaggiare per me, utilizzando le parole di Montaigne, é «un utile esercizio; la mente è stimolata di continuo dall’osservazione di cose nuove e sconosciute. […] L’abitudine e la fissità degli atteggiamenti mentali ottundono i sensi e nascondono la vera natura delle cose. L’uomo è naturalmente curioso». Stando a degli studi elettroencefalografici effettuati su alcuni viaggiatori da parte di neurologi americani, cambiare ambiente e avvertire il passaggio delle stagioni stimola i ritmi cerebrali e contribuisce ad un senso di benessere, di iniziativa e di motivazione vitale. Monotonia di situazioni e tediosa regolarità di impegni tessono una trama che produce fatica, disturbi nervosi, apatia, disgusto di sè e reazioni violente. Il viaggio poi, come dice Chatwin, dev’essere avventuroso e la cosa migliore è camminare. Robert Louis Stevenson afferma che è fondamentale «sentire più da vicino le necessità e gli intralci del vivere; scendere da questo letto di piume della civiltà e trovare sotto i piedi il granito del globo, sparso di selci taglienti». Per cui le asperità sono vitali ed è proprio grazie a queste che evolutivamente siamo diventati ciò che siamo, sia sul livello sociologico che individuale.

[Foto a cura di Federico Landra]

Un grazie immenso a Federico che mi ha contaminato con il suo racconto al gusto di avventura. Il mio caffè è stato un viaggio alla scoperta di una nuova terra e di una natura selvaggia e affascinante.