Se si va a cercare su Wikipedia il nome di Valérie Perrin, non si scopre molto della sua vita. Scrittrice, fotografa e sceneggiatrice francese, classe 1967, sposata a sua volta con uno sceneggiatore e regista francese, la Perrin ha scritto due romanzi nella sua vita, che hanno ottenuto entrambi numerosi premi: il primo è stato pubblicato nel 2015, con il titolo italiano Il quaderno dell’amore perduto (bellissimo il titolo in francese: Les Oubliés du dimanche), mentre il secondo è uscito in Francia nel 2018, Changer l’eau des fleurs, in italiano Cambiare l’acqua ai fiori, che ha riscosso un notevole successo nel nostro Paese di recente.
Senza dubbio questa scrittrice sa il fatto suo: il romanzo racconta una storia bellissima, mai monotona, tipicamente francese e malinconica al punto giusto. Sicuramente, l’anima da sceneggiatrice permette alla Perrin di avere un occhio più attento ai dettagli, alle piccole cose, alle descrizioni precise e vivide dei luoghi e dei personaggi del romanzo. Anche perché Violette, la protagonista, è proprio così: una donna che vive per la cura dei dettagli, e che sa gioire per qualsiasi gioia quotidiana. Violette d’altronde fa un lavoro che oggi pare quasi dimenticato, poiché è una guardiana di un piccolo cimitero in Borgogna. La sua vita è scandita da una sequenza di azioni giornaliere, quasi dei riti, che vengono praticati da anni: pulire le tombe, assistere alle sepolture, vendere i fiori e cambiarli sulle lapidi, offrire un caffè o qualcosa di più forte ai parenti e agli amici affranti dei defunti che vengono a trovare conforto nella sua piccola casetta. Violette è sempre gentile e ha sempre una buona parola per tutti; bada al suo piccolo orticello, tiene un registro dove riporta tutte le sepolture che avvengono nel cimitero, con i dettagli della cerimonia funebre. Riporta persino il tipo di legno utilizzato per la bara del defunto di turno.
Eppure, questa apparente vita tranquilla e ripetitiva nasconde dietro di sé molto altro. Infatti, Violette ha un passato tremendamente difficile alle spalle, che pian piano, con grande grazia e forza di volontà, ha saputo lasciar andare. Orfana fin dall’infanzia, Violette è passata da una famiglia affidataria all’altra, senza poter dire di aver mai avuto una vera famiglia. Ha conosciuto giovanissima un ragazzo più grande di lei, Philippe, che l’ha tirata fuori dal circolo degli affidi facendola sua troppo presto, e rendendola madre altrettanto prematuramente. Tuttavia, la gioia di poter accudire una figlia, Léonine, è stata più grande di qualsiasi altro sentimento provato da Violette in tutta la sua vita. I due giovani genitori diventano poi guardiani di un passaggio a livello (lavoro, questo, che oramai non esiste più); in realtà, è Violette che lavora, mentre Philippe esce sempre più spesso a «fare i suoi giri». E così la ragazza vede, giorno dopo giorno, la vita dei pendolari scorrerle davanti, in tutte le sue sfaccettature. Sogna anche lei di avere una vita diversa, più movimentata, piena di sorprese e soddisfazioni. Di lì a poco, invece, Violette sarà costretta a sopportare un vortice di eventi che la getteranno nella più totale disperazione e depressione.

Come ne uscirà? Cambiando l’acqua ai fiori. Accudendo una terra, un orto, quello del cimitero di cui successivamente diventerà guardiana. La vita di Violette diventa allora esemplare: è quella di una donna che ha sofferto tantissimo nella vita, e che però ha saputo rialzarsi, con grande fatica ma nello stesso tempo in silenzio, con estrema eleganza. È ripartita proprio da lì, dallo stretto legame che ci unisce alla terra, da cui veniamo e nella quale ritornano i defunti che la stessa Violette accoglie nel suo piccolo cimitero.

Cambiare l’acqua ai fiori è uno di quei libri per cui dispiace quando si arriva all’ultima pagina. Si sente immediatamente la mancanza di Violette, mancano la sua pacatezza e la sua gentilezza, qualità che ha mantenuto nel tempo nonostante la vita difficile che ha avuto. Senza dubbio, si tratta di uno di quei romanzi che comportano una riflessione successiva: sul valore degli affetti che ci circondano, sulla qualità della vita rispetto al momento della morte (tra l’altro, bellissimo il fatto che ogni capitolo del romanzo inizi con una specie di epitaffio che si potrebbe ritrovare su una tomba), ed infine, sulle innumerevoli possibilità di rinascere sempre e comunque, nella nostra esistenza, aggrappandoci con tutte le nostre forze a ciò che ci rende davvero vivi e presenti a noi stessi.