“Essere una donna vuol dire dare significato

e valore alla propria esistenza in quanto

esistenza di una donna.”

 

Parlare di filosofia nel 2018 potrebbe sembrare noioso, non in linea con i nostri tempi, soprattutto agli occhi dei più giovani. Non è così: la filosofia non passerà mai di moda poiché pensare, riflettere e prendere coscienza della realtà, fa parte di noi stessi. Forse vi starete chiedendo: Filosofia e Cuneo, che legame c’è? Ebbene, non tutti i filosofi sono connazionali di Platone e Socrate! Laura Boella ne è un valido esempio: nata a Cuneo, ha frequentato il liceo classico e si è laureata in Giurisprudenza. La passione per la filosofia, specie riguardo all’etica e alla morale, l’ha accompagnata nel suo percorso di studi e di insegnamento e le ha permesso di diventare una filosofa di oggi, dando voce al pensiero come solo questa magnifica materia sa fare. Diamo la parola a Laura Boella, ringrazandola per averci concesso questa intervista!

  1. Chi è Laura Boella? Come si definisce una filosofa del suo livello?

Mi definisco una persona che, scrivendo e insegnando, cerca di mettere in forma di parole (scritte e parlate) che cosa significhi vivere, pensare, agire nel mondo attuale.

  1. Perchè ha scelto di dedicarsi alla filosofia, soprattutto all’ambito dell’etica e della morale, distaccandosi dai suoi studi in giurisprudenza?

Mi sono iscritta  a Giurisprudenza perché non volevo seguire le tracce dei miei genitori (mio padre professore di latino e greco e mia madre insegnante di filosofia. Erano gli anni intorno al ’68: il diritto, che amo ancora adesso, mi sembrava un modo concreto per impegnarmi. Poi il ’68 a Pisa mi ha fatto capire che c’erano pensatori rivoluzionari (Walter Benjamin, Gyorgy Lukacs, Ernst Bloch), legati alle vicende del marxismo, e insieme protagonisti di grandi “rivoluzioni” del pensiero. Così mi sono laureata in Filosofia del diritto (sul giovane Lukacs) e ho continuato a occuparmi di filosofia.

  1. Come spiegherebbe il significato di morale e che differenza c’è con l’etica?

La distinzione di etica e morale varia molto a seconda degli autori. Mi limito a metterla in questi termini: la morale riguarda la questione del ragionamento e del giudizio morale (distinzione di bene e di male, criteri di una condotta di vita buona) ; l ‘etica riguarda invece il rapporto tra la coscienza morale e la società, le istituzioni, le concezioni, storicamente variabili, di virtù e di obbligo morale.

  1. Nel mondo di oggi, sempre più frenetico , egoista e talvolta indifferente, come si può ancora parlare di valori, di empatia, di bontà e di giustizia?

Nel mondo attuale vige il pluralismo (non il relativismo) dei valori e delle forme di vita. Gli individui, a meno che non abbiano una fede religiosa da cui deriva una morale, non hanno più codici stabili di riferimento. Parlare di bontà, empatia, giustizia vuol dire fare appello non a norme o regole di condotta, ma a modi di essere e di stare in relazione con gli altri che possono ispirare la vita delle persone.

  1. Quali sono i filosofi da cui ha tratto ispirazione e quale l’ha interessata maggiormente?

Da un lato, Ernst Bloch (il filosofo della speranza), Walter Benjamin, dall’altro, Hannah Arendt, Simone Weil, Maria Zambrano, Edith Stein. Hannah Arendt è stata forse la più importante.

 

  1. Parliamo di lei. Le piace la sua vita?

Alla mia età, sarebbe dir troppo che mi piace la mia vita. Se guardo indietro, mi sembra di aver vissuto molto intensamente, di aver fatto molti errori, ma in un certo senso di essere rimasta fedele a me stessa, alle mie passioni (non solo filosofiche).

  1. Cosa sognava da ragazza?

Sognavo di diventare attrice, ma non credo che ne avessi il talento.

  1. E’ credente?

No.

  1. Sappiamo che ha frequentato il Liceo classico “Pellico” di Cuneo: che ricordi ha di quegli anni? Come reputa quella scuola?

Ho dei ricordi molto belli, anche se, per vari motivi, a differenza di molti miei compagni di classe, non ho mai avuto una “compagnia” (cioè un gruppo) ed ero piuttosto solitaria. Non dimenticherò però mai che tra compagni di liceo si scopriva la musica, si andava in montagna, si leggevano riviste politiche.

  1. Quando e come si è avvicinata alla scrittura? Cosa rappresenta per lei?

Innanzitutto scrivere è stato un “compito” accademico. Pubblicare un saggio o un libro era necessario per partecipare ai concorsi. Dal momento in cui non ho più avuto concorsi da vincere, scrivere è diventato il modo di comunicare (non ai miei colleghi che perlopiù non leggono) alle persone più diverse ciò che penso su argomenti come l’empatia, che mi sembra fondamentale per la vita di relazione, oppure la mia interpretazione di figure femminili (Etty Hillesum, Ingeborg Bachmann e altre).

  1. Nella sua brillante carriera si è spesso occupata dello studio del pensiero femminile, perchè?

Si è trattato di una svolta decisiva, avvenuta intorno al 1987, quando è stata pubblicata in italiano l’opera di Hannah Arendt, La vita della mente. Credo di essere stata la prima ad aver fatto un corso su Arendt in Italia, seguito da corsi su Simone Weil, Maria Zambrano, Edith Stein. Allora era in corso la scoperta del pensiero femminile del ‘900: si tratta di una “tradizione nascosta”, accademicamente non riconosciuta. Adesso le cose sono cambiate: Arendt, Weil e altre pensatrici sono quasi dei “classici”. Io continuo però  a insistere sul carattere “eretico” del loro pensiero. Quetso è per me il valore del pensiero femminile.

  1. Crede che la donna in qualche modo stia raggiungendo quella parità tanto sognata ma spesso e volentieri ostacolata?

Credo che la parità di diritti, per quanto importante, non porti automaticamente alla libertà femminile, che è la convinzione che, essere una donna, vuol dire dare significato e valore alla propria esistenza in quanto esistenza di una donna (e non di un essere che insegue modelli maschili).

  1. Violenza sulle donne e femminicidi: esagerazione o verità?

Direi realtà (anche se la parola femminicidio non mi piace, è violenta) che riguarda l’incapacità degli uomini di reggere la libertà femminile. Questa è una delle contraddizioni più forti del nostro tempo.

  1. Spostiamo la nostra attenzione sulla sua città natale: Cuneo. Cosa ne pensa della città?

Cuneo è bellissima, ma, essendo andata a Pisa a 18 anni, tranne qualche amico, non conosco più nessuno, le facce mi sono estranee.

  1. Ha nostalgia della zona, ora che vive a Milano?

Fortunatamente ho ereditato dai miei genitori un piccolo appartamento a Entracque, dove passo tutta l’estate e anche d’inverno le vacanze e il fine settimana. Ho potuto così riscoprire le Marittime, le montagne della mia giovinezza. Dato che cammino da sola, purtroppo non mi azzardo più a salire il Gelas, la Maledia o l’Argentera, ma vado al Pagari o al Remondino e guardo le meravigliose cime delle Marittime da lontano.

  1. Dal punto di vista etico, come descriverebbe Cuneo, o meglio, la mentalità dei cuneesi?

Non bisogna generalizzare, ma ho l’impressione che vivere in una città di provincia, per quanto vivace come Cuneo, non permetta di stare al passo con le sfide, spesso dolorose, di una metropoli come Milano. Una vita più sicura e tranquilla tiene lontani dalle contraddizioni del nostro tempo. Per me è un imperativo etico stare, per quanto è possibile, al centro delle contraddizioni.