Chiudo gli occhi.

Respiro l’aria fresca. Sulla pelle un tiepido calore.

I miei passi si stanno lentamente arrampicando su quella che, una volta, era l’originaria fortezza di Micene.

Rimangono ormai pochi resti: nello scheletro di quelle che sono state le antiche mura ciclopiche si erge la celebre Porta dei Leoni; le fondamenta degli edifici guidano lo sguardo fino al punto più alto, l’acropoli.

Sotto di noi si apre la vasta pianura verdeggiante dell’Argolide e, in lontananza, si può scorgere il riflesso dei raggi del sole sull’acqua marina.

I miei occhi si riempiono della bellezza di questo spettacolo naturale.

Da questa postazione, la città troneggiava sul territorio sottostante, in tutta la sua imponenza, divenendo uno dei più potenti regni della Grecia antica.

È da qui che, secondo il celebre racconto omerico dell’Iliade, ebbe inizio la spedizione achea, guidata dal sovrano Agamennone, contro la città di Troia.

Mito e storia sembrano evanescenti, come un lontano ricordo dell’antica gloria di queste rovine.

Mentre procedo lungo il percorso di visita, navigo tra i miei pensieri e mi rendo conto che tutto ciò che mi circonda fa parte di noi, della nostra cultura, della nostra storia, di ciò che ci rende gli uomini che siamo oggi.

Mi sembra di viaggiare attraverso la storia di questo luogo e di poter immaginare il mondo di allora.

È  qui che è nata la culla della nostra civiltà.

È un cerchio che, alla fine, si chiude: tra questi resti, in questo viaggio nell’Ellade, si concretizzano i miei studi e posso vedere, guardare, osservare e comprendere appieno: Arte, Filosofia, Letteratura, Storia, di secoli passati.

Con i miei occhi.

Con la mia mente.

Un vento leggero mi risveglia dai miei pensieri. Di fronte a me il profondo blu.

La prua della nave lascia dietro di sé una lunga scia che colora di schiuma bianca la superficie marina. L’odore di salsedine mi pervade.

Ripensando a questa esperienza nella terra greca, mi fluttuano nella mente le parole che, in un tempo indefinito, il mitico Odisseo rivolse ai propri compagni, spronandoli, con forti urla, a spiegare le vele per compiere il loro ultimo << folle volo >>:

<< Fatti non foste a viver come bruti

 ma a seguir virtute e canoscenza >>.

Ora, più che mai, riesco a comprenderle a fondo.