«Parla con calma, in una lingua mista, in cui entrano l’inglese, il francese, qualche parola italiana, e i suoi occhi azzurri ti fissano, incorniciati da folte sopracciglia bianche, per controllare che tu abbia capito tutto: 

“Questa è la mia fotografia: rispettare e mostrare una storia. Non sono stato spinto dalla voglia di fare belle foto o di diventare famoso ma da un senso di responsabilità. Io scrivo con la macchina fotografica, è la lingua che ho scelto per esprimermi e la fotografia è tutta la mia vita. Non penso troppo alla luce o alla composizione, il mio stile è dentro di me e quella luce è quella del Brasile, quella che porto dentro di me da quando sono nato”».
(testo tratto da A occhi aperti, M. Calabresi)

 

 

Magnificamente ispirato dalla potenza lirica della fotografia di Sebastião Salgado, Il sale della terra è un documentario monumentale, che traccia l’itinerario artistico e umano del fotografo brasiliano. Co-diretto da Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, figlio dell’artista, è un’esperienza estetica esemplare e potente, un’opera sullo splendore del mondo e sull’irragionevolezza umana che rischia di spegnerlo. Alternando la storia personale di Salgado con le riflessioni sul suo mestiere di fotografo, il documentario è un oggetto fuori formato, una preghiera che dialoga con la carne, la natura e Dio.
Viaggiatore irriducibile, Sebastião Salgado ha esplorato ventisei paesi e concentrato il mondo in immagini bianche e nere di una semplicità sublime e una sobrietà brutale. Interrogato dallo sguardo fuori campo di Wenders e accompagnato sul campo dal figlio, l’artista si racconta attraverso i reportage che hanno omaggiato la bellezza del pianeta e gli orrori che hanno oltraggiato quella dell’uomo. 

Fotografo umanista della miseria e della tribolazione umana, Salgado ha raccontato l’avidità di milioni di ricercatori d’oro brasiliani sprofondati nella più grande miniera a cielo aperto del mondo, ha denunciato i genocidi africani, ha immortalato i pozzi di petrolio incendiati in Medio Oriente, ha testimoniato i mestieri e il mondo industriale dismesso, ha perso la fede per gli uomini davanti ai cadaveri accatastati in Rwanda e ‘ricomposti’ nella perfezione formale e compositiva del suo lavoro. Un lavoro scritto con la luce e da ammirare in silenzio.
Salgado racconta le storie della parte più nascosta del mondo e della società. Spogliate dalla distrazione del colore, le sue fotografie testimoniano la conoscenza precisa dei luoghi e la relazione di vicinanza che l’artista intrattiene con gli altri: un mezzo, prima che un oggetto d’arte, per informare, provocare, emozionare. Foto che arrivano dentro alle cose perché nascono dall’osservazione, dalla testimonianza umana, da un fenomeno naturale.
Nella narrazione si susseguono scatti che penetrano le foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea, attraversano i ghiacciai dell’Antartide e i deserti dell’Africa, scalano le montagne dell’America, del Cile e della Siberia. Un viaggio epico quello di Salgado che testimonia l’uomo e la natura, che non smette di percorrere il mondo e ci permette di confrontarci fotograficamente con le questioni del territorio, la maniera dell’uomo di creare o distruggere, le storie di sopraffazione scritte dall’economia, l’effetto delle nostre azioni sulla natura, intesa sempre come bene comune. 

Perché, dopotutto, la domanda che pone la fotografia di Salgado è sempre dove?, e determinare il luogo è comprendere il senso della narrazione dell’altro.

«Avevo già capito una cosa di questo Sebastião Salgado: gli importava davvero della gente. Dopo tutto questa umanità è il sale della terra». 

 

 

TEDx – Sebastiao Salgado