Cecilia Actis
Intervista a Giorgia Beccaria e Ayoub Moussaid

Venerdì 25 novembre.
Cuneo, come nelle migliori serate autunnali, è coperta da un lenzuolo di nebbia. Si vede poco per la strada, si va con calma.
L’appuntamento è alle 20 alla casa del quartiere Donatello. La serata è quella di “Arte Migrante”.

Arte Migrante è un movimento sociale, che poi non è nient’altro che un gruppo informale di persone, nato a Latina e spostatosi subito dopo a Bologna, dall’idea di un ragazzo che si chiama Tommaso Carturan. Lui, insieme ad altri suoi amici, ha pensato che ci fosse la necessità di creare uno spazio in cui persone che arrivano da diversi contesti sociali e culturali si potessero incontrare, ma in una verità di incontro.
E per fare questo si è pensato di utilizzare l’arte, perché è forse il più grande aggregante che l’umanità conosca. L’idea che sta alla base è che l’arte non appartiene solo agli artisti ma è qualcosa che ogni persona ha dentro di sé, ma non la tira fuori perché non ha uno spazio in cui poterlo fare. Quindi, fare Arte Migrante significa creare uno spazio libero in cui ti senti accolto, puoi esprimere e tirare fuori la tua artisticità.
Due anni fa questo progetto è sbarcato a Torino e da un paio di mesi è arrivato anche a Cuneo.

Io e mia sorella portiamo una torta salata fatta da nostra mamma nel pomeriggio. Volevo portare anche una bevanda ma me ne sono dimenticata. Mi scopro portatrice di un po’ di sano imbarazzo, quello che precede i momenti nuovi, in cui non sai bene dove stai andando ma comunque ci vuoi andare.
Siamo accolti dagli organizzatori, ragazzi cuneesi che hanno iniziato a partecipare ad Arte Migrante a Torino ed hanno deciso di proporlo anche nella nostra cittadina.

Due anni fa a Torino Arte Migrante è iniziato in via Nizza, per strada, nei posti dove c’era una situazione delicata. Veniva fatto per creare un ambiente di condivisone e, semplicemente, per stare assieme. Poi, da un anno, questo gruppo ha deciso di creare un incontro di Arte Migrante fisso, con una data, un orario e un luogo prestabilito. Abbiamo trovato un oratorio disponibile in via Ormea e abbiamo deciso che un venerdì sì e uno no ci saremmo incontrati.
All’inizio eravamo una cinquantina di persone, perché già il gruppo che aveva incominciato a trovarsi in via Nizza era numeroso. Quindi era ancora più facile far sì che il gruppo diventasse più grande. Adesso arriviamo a duecento persone a serata. Nel gruppo Facebook s101iamo più di mille, quindi i duecento non sono sempre gli stessi ma c’è un grande ricambio.
Arte Migrante ora ha un luogo fisso ma quest’estate ci siamo spostati dappertutto in Torino. Abbiamo girato ovunque, da Lingotto al Valentino fino in centro. Ha viaggiato e si è spostato da via Ormea per cercare altri posti in cui ce n’era bisogno. La gente spesso ci invitava nei propri quartieri e noi ci andavamo per far vedere che cos’è arte migrante, per stare tutti insieme. Questo ha aiutato a coinvolgere tantissima gente, ed è una cosa che a Cuneo già stiamo per fare. Il primo incontro l’abbiamo fatto al Donatello ma adesso stiamo pensando di spostarci. Il secondo incontro infatti sarà al San Paolo.

Nel primo salone troneggia una tavola imbandita di cibo: da una parte il salato e dall’altra il dolce. Al centro, nell’angolo che formano due tavolini attaccati, le bibite. Affidiamo la nostra quiche nelle mani degli organizzatori e proseguiamo verso la seconda sala.
Non c’è ancora molta gente. Salutiamo qua e là, ci presentiamo. Al centro della stanza, un gruppo di strumenti cattura la nostra attenzione: cajon, jambè, percussioni, chitarre. La serata inizia a prendere forma.
Mentre le persone continuano ad arrivare, alcuni di noi colorano lo striscione con la scritta “Arte Migrante” con tempere e pennelli.
Quando arriva il gruppo di Torino, la serata può incominciare.
Ci raccogliamo in un cerchio ed occupiamo tutto il salone. Al centro, come protetti, gli strumenti musicali ci osservano.
Scopro più avanti, parlando con gli organizzatori, che il momento del cerchio è un momento fondamentale. È lì che ci si conosce, è lì che ci si guarda tutti in faccia per la prima volta. Quella sera ognuno deve gridare il proprio nome e dar vita a un ritmo con mani, piedi, voce, in qualsiasi modo gli venga in mente. Si crea così una specie di armonia musicale di ritmi diversi. Quando tocca agli ultimi quasi non ci si sente più. È un caos ordinato in cui ognuno ha modo di presentarsi agli altri.
Finite le presentazioni, si torna nel primo salone e si mangia cena. Il cibo viene preparato e portato dai partecipanti per poi essere condiviso con tutti gli altri.
Il momento della cena è quello in cui si fa conoscenza, il clima è positivo e propositivo. I partecipanti sono italiani e non, cuneesi di origine cuneese e cuneesi di origine africana o mediorientale. Ci si conosce, si parlano lingue diverse, inglese, arabo, italiano. In quel momento ci si scopre e ci si riconosce tutti simili. E lo sottolineo perché in realtà non è così scontato. L’integrazione, che poi è l’obiettivo ultimo di Arte Migrante, prevede la conoscenza. E mi stupisce il fatto di non sapere, ad esempio, che cosa fanno il venerdì o il sabato sera i miei coetanei marocchini o egiziani a Cuneo. Invece quella sera eravamo tutti lì, facevamo la stessa cosa, avevamo voglia di scoprirci.
Mi trovo in difficoltà nell’esprimere l’atmosfera che si è creata perché sarebbero parole molto banali. Ma c’era un grande desiderio di incontro vero. Probabilmente perché non si hanno altri spazi in cui poterlo fare.

Solitamente siamo abituati a incontrare le persone che stanno ai margini della società soprattutto nelle istituzioni: a scuola o allo sportello del volontariato. Invece, quello che si vuole creare con Arte Migrante è uno spazio in cui le persone si possono incontrare senza filtri.

La seconda parte della serata si svolge nel salone degli strumenti musicali. Formiamo nuovamente un cerchio, ma questa volta ci sediamo sulle sedie o su alcune coperte stese per terra. È il momento in cui l’arte prende il sopravvento. Durante la cena, un paio di ragazzi passavano tra i presenti con un foglio di carta chiedendo chi voleva prenotare un momento in cui manifestare la propria arte.
E così quel momento arriva. Molti ragazzi africani si esibiscono in pezzi rap in qualche dialetto arabo. Le donne africane presenti, la maggior parte di loro proveniente dalla Nigeria, danza sulle note di canzoni in lingue mai sentite prima. Alcuni leggono delle poesie o dei pezzi di romanzi. Una ragazza legge un pezzo tratto da un libro di Harry Potter. Un ragazzo recita un pezzo di teatro. Poi, un canto piemontese si spande nell’aria. Infine, la serata si chiude con un’esibizione di jambè e percussioni di un gruppo di ragazzi che vive in un centro di accoglienza a Festiona: si fanno chiamare “I Valle Stura”. Ci si butta tutti in mezzo e si balla cercando di tenere quei ritmi così africani, così vivi.
La serata termina intorno alle 23. Ci salutiamo dandoci appuntamento al 23 dicembre e poi all’ultimo venerdì del mese a partire da gennaio.
Un grande punto di forza di Arte Migrante è proprio la sua contagiosità.

A Torino si sta espandendo in mille altre iniziative. Ad esempio, da Arte Migrante è nato un gruppo di teatranti amatoriali che si ritrovano e preparano dei pezzi da recitare durante la serata. Si è formato anche un gruppo di cantanti. Sono nati anche i pomeriggi migranti, grazie a un suggerimento sulla bacheca migrante. Nelle serate in via Ormea c’è infatti una bacheca con due colonne: CERCO e OFFRO. Ognuno può scriverci e lasciare un proprio contatto. Così si fa rete. Molti ragazzi hanno espresso la necessità di incontrarsi anche in momenti diversi dalla serata del venerdì. Così sono nati i pomeriggi migranti, in cui ci si trova a casa di qualcuno di noi, si parla italiano, si gioca, si beve un tè in compagnia. L’idea che c’è dietro è quella di aprire le case e incontrarsi nell’informalità e nella vita di tutti i giorni.

Questo percorso è appena iniziato a Cuneo ma è assolutamente promettente. Molte associazioni presenti nel territorio si sono rese disponibili nell’organizzare la serata. Un’idea per il futuro è quella di organizzare degli incontri di Arte Migrante in tutta la Provincia Granda. Un passo alla volta, ma con grande entusiasmo.
Concludo con le stesse parole con cui si è conclusa la mia chiacchierata con Giorgia e Ayoub, due degli organizzatori della prima serata di Arte Migrante a Cuneo:

Chiunque creda che sia essenziale per una comunità avere degli spazi liberi di espressione e ha voglia di spendersi per crearli è il benvenuto perché Arte Migrante è proprio uno di questi spazi.

Per rimanere aggiornati sui prossimi eventi, cercate su Facebook il gruppo “Arte Migrante Cuneo”.