Le post-verità della maturità

Dicono che la maturità sia una delle tappe necessarie insieme all’esame della patente per entrare ufficialmente nel mondo degli Adulti. All’inizio dell’anno scolastico si tende a non pensare alla matura imminente per poi piombare nell’ansia e nella svogliatezza più totale a Giugno. Positiva o negativa, la maturità sarà uno dei ricordi più difficili da cancellare, specialmente se sei stato intervistato dai vari giornalisti che per fortuna si presentano dopo la prima prova scritta perché nella seconda filmerebbero solo una valle di lacrime. Evitando di cadere nel complesso di Peter Pan e restare bambini per tutta la vita, vediamo quello che ogni povero maturando del futuro dovrà affrontare:

  • Durante il mese di giugno la propria casa diventa un’ottima erboristeria tra tutti i prodotti omeopatici, valeriana e vitamine comprati dalle nostre madri preoccupate dello stato psicofisico dei propri figli.
  • Il senso di pace interiore intriso di felicità dopo aver fatto l’orale sorvola quasi la vetta del Nirvana: l’ansia e la paranoia da studio dell’ultimo minuto non sono che un vago ricordo. Se si vuole raggiungere il livello del Buddha mi hanno detto che l’alcol fa miracoli, soprattutto dopo il secondo boccale di birra.
  • L’esame di maturità non rispecchia il vero potenziale dell’alunno, ma in un modo o nell’altro bisogna uscire dalle superiori.
  • Il caldo estivo nuoce allo studio sia perché l’attenzione dello studente fonde più velocemente di un ghiacciolo al sole sia perché porta il maturando a chiedersi il motivo per cui abbia continuato gli studi dato che non troverà lavoro.
  • I membri interni sono un’arma a doppio taglio.
  • È consigliato andare ad ascoltare un orale, oltre a farsi un’impressione sui professori non si corre il rischio che loro abbiano cambiato aula e che i docenti vadano alla ricerca dello studente perduto per tutta la scuola (cosa veramente successa).
  • Il mondo sembra più bello e interessante nel tragitto casa-scuola durante lo studio matto e disperatissimo per sopravvivere agli scritti.
  • Sapere che gli studenti nati nel 2000 faranno una maturità più facile rispetto a quella che si sta affrontando non aiuta affatto, ma almeno noi del ’98 non abbiamo fatto 200 ore di lavoro non pagato per niente come i maturandi del prossimo anno.
  • Bisognerebbe aggiungere una nuova pena infernale nella cara Commedia di Dante: passare come seconda classe agli orali aspettando inevitabilmente la tua ora mentre gli altri sono già a divertirsi al posto tuo.
  • Sii orgoglioso della tua tesina anche se i professori non le daranno tanta importanza quanto ti aspetti.
  • L’università non è altro che premere il pulsante replay dell’esame di maturità per tre o cinque anni di fila se tutto va bene.

Un minuto di silenzio per chi dovrà studiare per i test di ammissione all’università a Settembre.

Photo by Jazmin Quaynor on Unsplash

big in japan

Molto povera è la consapevolezza europea sulla cultura orientale, non per mancanza di informazioni, ma per la superficiale qualità di queste ultime e, sopratutto, per il modo con cui gli occidentali si approcciano all’argomento in questione. L’Estremo Oriente viene ancora considerato come un territorio lontano e misterioso, nonostante la sua influenza nel mondo sia oggi tangibile e sarà sempre più presente negli anni a venire.

Per questo motivo è doveroso sfatare i tenaci cliché sulla cultura orientale (come quella della somiglianza, del tutto infondata, tra giapponesi e cinesi) andando ad analizzare uno degli stati fondatori di quest’ultima: il Giappone, il Paese del Sol Levante. I viaggiatori rimangono sempre stupiti dall’unicità e dalle particolarità del popolo nipponico che lo rendono così diverso ed impenetrabile agli occhi occidentali. La gente cordiale, l’ottimo sistema di trasporti pubblici in perfetto orario e la natura meticolosa ed attenta dei giapponesi ne sono gli esempi più comuni.

Sebbene gli stereotipi sul Giappone siano spesso vaghi ed inesatti, è pur vero che esso presenta alcuni aspetti peculiari, frutto della sua storia e del modo in cui la popolazione si è evoluta ed ha interagito con l’ambiente. Si è sviluppata una società che dà grande importanza all’identità di gruppo in funzione dell’armonia sociale, poiché in passato non sono esistiti gli stati gli spazi per coltivare un individualismo attivo. Il Giappone è un arcipelago e la separazione geografica dall’ Asia continentale è stato un elemento fondamentale nella cositutizione dell’identità del paese. Inoltre gran parte del suo territorio è per lo più montuoso, di conseguenza le poche aree pianeggianti sono densamente abitate e gli abitanti hanno sempre vissuto a stretto contatto fra di loro, sulla base di un’organizzazione rigidamente gerarchica e per un lungo periodo simile ad un sistema di caste. Lo scambio di opinioni e i dibattiti accesi, comuni nei paesi Occidentali, erano e sono ancora, fenomeni piuttosto rari.

L’armonia deriva dall’autocontrollo personale e dalla cordialità, nell’attitudine a mostrare sempre un sorriso che cela le preoccupazioni private. Tutto ciò è radicalizzato nelle tradizioni che continuano a sopravvivere nonostante l’arrivo della modernità. È buona educazione, infatti, riempire il bicchiere del tuo vicino durante i pasti ed aspettare che questo faccia lo stesso oppure evitare di soffiarsi il naso in pubblico. Questa mentalità rituale è un lascito delle religioni principali.
Secondo un curioso proverbio, i giapponesi nascono shintoisti, si sposano cristiani e muoiono buddisti. La maggior parte degli abitanti della nazione pratica sia lo Shintoismo, soprattutto per quel che riguara il battesimo e il matrimonio, sia il Buddismo, riservato invece alle celebrazioni funebri. Benché i seguaci del Cristianesimo siano una minoranza, il matrimonio cristiano rappresenta un’originale alternativa alla cerimonia scintoista.

La tradizione è però solo una faccia della medaglia. Oltre alle bellezze architettoniche dei santuari, dei templi e dei castelli, il Giappone è conosciuto per la sua modernità e per le sue tecnologie d’avanguardia. Da qualche anno non è più l’Occidente ad esercitare un influenza sul paese del Sol Levante, bensì il contrario . Molti prodotti, come elettrodomestici e auto, vengono esportati in tutto il mondo da multinazionali celebri come la Toyota e l’Honda. Per non dimenticare la diffusione sempre più capillare nel mondo giovanile europeo e americano dei manga ed anime giapponesi e dei loro Cosplay che si fanno spazio tra i classici fumetti e cartoni disneyani. Ormai c’è qualcosa di “nipponico” anche nei nostri modi di vivere. Per fortuna, il progressivo avanzare della cultura pop e materialistica dei paesi occidentali non ha cancellato completamente le antiche tradizioni.

Se si visitano grandi città come Tokio e Kyoto, risulta lampante quanto incredibilmente la modernità conviva con la tradizione: a pochi passi dai frenetici centri abitati sono presenti santuari solenni, templi antichi e giardini incantevoli. Questi scenari, custodi della memoria di un tempo, cercano di farsi spazio nell’urbanizzazione eccessiva, che ha reso fin troppo evidente l’impronta dell’uomo sull’ambiente circostante. Anche se quest’ultimo è stato manipolato per secoli, ci sono ancora paesaggi che mostrano una varietà di climi ed ecosistemi che pochi paesi al mondo hanno la fortuna di avere. Una coscienza ambientale si sta diffondendo soprattutto tra le nuove generazioni.
In apparenza i giapponesi possono sembrare persone serie e noiose, ma dietro ai volti indecifrabili si nasconde una grande voglia di divertimento che prende vita nei matsuri (feste) e negli eventi più famosi . Ad esempio se parteciperete all’Hanami, la contemplazione dei ciliegi in fiore fra marzo e aprile, la popolazione locale vi offrirà gioiosamente sakè, birra e cibo e vi chiederà di ballare e cantare con loro, oppure di esibirvi col karaoke portatile.

Ciò che più stupisce del carattere nipponico è l’atteggiamento vigorosamente positivo nei riguardi della vita. Questo clima favorevole trae le sue radici dallo Shintoismo, la religione autoctona del paese. Fosco Mariani, etnologo poeta e autore fiorentino del celebre libro “Ore giapponesi” definisce questo culto come <<un portatore di un’accentuata filosofia vitalista, non teorizzata, ma vissuta in riti, simboli, atteggiamenti emotivi. E proprio al vitalismo Shinto va riferita moltissima parte di quella frenesia produttiva, diciamo pure di quell’aggressività industriale e commerciale, che contraddistingue gran parte dei giapponesi di oggi>>.

Nonostante la situazione quasi insostenibile dopo la seconda guerra mondiale, il Giappone si è ripreso a grande velocità negli anni ’50, ai ritmi di un miracolo. I decenni seguenti sono stati caratterizzati da un periodo di stagnazione economica dapprima causata dallo scoppio della “bolla economica” del 1990 e poi dalla crisi finanziaria mondiale del 2008.
Tre anni dopo uno dei più devastanti terremoti dell’ultimo periodo e il conseguente tsunami hanno colpito il Giappone provocando la morte di 15.000 persone. Il Paese del Sol Levante, con sana determinazione e volontà, si è rimboccato le maniche riprendendosi dalle avversità come solo questa nazione sa fare. Il suo sguardo è sempre teso al futuro senza mai dare le spalle al passato.
Ora il Giappone si sta preparando per le Olimpiadi del 2020 che si terranno a Tokyo: nell’aria regna un chiaro ottimismo.

Generazioni a confronto

I racconti dei nonni ci affascinano sin dalla tenera età.

Ricordi, emozioni e perle di saggezza fuoriescono dalle loro parole.

Ho chiesto a mio nonno di 84 anni di raccontarmi la sua infanzia e giovinezza ai tempi del Fascismo e dell’immediato dopoguerra per metterle a confronto con la mia vita nel ventunesimo secolo.

Questa è la testimonianza del passato che prende vita attraverso un testo digitale.

A che età hai incominciato a lavorare?

NONNO: Iniziai a lavorare a 12 anni come aiutante bracciante nella raccolta e vendita di frutta nella zona di Peveragno. A 14 anni passai alla vita dei campi per poi incominciare l’attività edilizia appena maggiorenne. Ai  tempi non c’erano ancora i trattori, tutto si faceva in maniera artigianale: si lavorava e si macinava a mano Matteo!

IO: Essendo uno studente liceale all’ultimo anno, non ho mai fatto un lavoro vero e proprio. Ho incominciato a trovarmi qualche lavoretto facendo ripetizioni e raccogliendo frutta d’estate solo dai 16 anni in poi. Continuerò a studiare all’università sperando di poter passare il test di medicina. Tuttavia, con la crisi di adesso, i giovani riscontrano molte più difficoltà a trovare un impiego.

Com’era la scuola?

N: La  scuola era obbligatoria fino alla quinta elementare. La prima e la seconda le ho fatte lontane dai miei genitori. La Guerra ci aveva divisi: io vivevo in Italia dalla zia mentre madre e padre erano rimasti in Francia. Tornarono a conflitto finito. La scuola era dura e si studiava molto a memoria. Avevamo grossi banchi e portapenne in legno e scrivevamo non con le biro, ma con penna e calamaio!

IO: Oggi la scuola è obbligatoria fino al terzo anno di scuola superiore e si è in parte modernizzata nell’uso di nuovi materiali scolastici quali lavagne elettroniche e l’uso di Internet con il quale si riesce ad integrare contenuti multimediali alla semplice lezione frontale. Siamo spinti a prendere almeno il diploma di maturità per avere qualche chance dal punto di vista lavorativo.

Quali lingue hai imparato?

N: Giusto un po’ di francese imparato da piccolo e un “magro” italiano.

IO: La mia generazione è cresciuta con la modernità tecnologica. Grazie allo studio obbligatorio dell’inglese nelle scuole e a Internet sentiamo il contatto globale più vicino rispetto ai nostri nonni. Possiamo guardare serie tv in lingua originale e parlare con persone che vivono in altri continenti.

 

Come si chiedeva di uscire alle ragazze?

N: Non c’erano i mezzi di comunicazione di adesso. Le ragazze non uscivano spesso di casa la sera secondo le abitudini degli anni ’50. I ragazzi andavano a trovarle direttamente davanti all’uscio della loro porta. I tempi cambiano, ma alla fine la morale della favola è sempre la stessa: se vuoi davvero incontrare una persona un modo lo trovi sempre. Ora “dovrebbe” essere più facile. Ho conosciuto nonna per caso, durante un lavoro di ristrutturazione di un albergo. Le ho chiesto di vederci appena ho avuto l’occasione.

IO: I social hanno rivoluzionato le vie di comunicazione facilitandone le modalità di approccio. Per trovare una persona si ricorre a Whatsapp, Facebook ed Instangram e tuttora non possiamo più farne a meno. Il rischio è quello di spendere troppo tempo davanti agli schermi del telefono al posto di godersi gli istanti con le persone a cui si vuole bene.

Sogni nel cassetto che avevi da giovane.

N: Sognavo di viaggiare facendo il commerciante ambulante al mercato come faceva mio padre oppure gestire una ferramenta, almeno non dovevo preoccuparmi che la frutta marcisse. (Scoppia a ridere).

IO: I sogni di mio nonno sono sogni semplici di un grande lavoratore. Io vorrei viaggiare, fare esperienza del mondo e realizzare almeno uno dei miei sogni nel cassetto.

Giochi dell’infanzia e dell’adolescenza.

N: Durante la mia infanzia ero solito sciare tra le colline d’inverno mentre alle elementari, col Fascismo, si faceva ginnastica molto seriamente dalle tre alle quattro ore al giorno. Si giocava a carte o a “Testa o croce”.  Con l’adolescenza il lavoro ha preso posto del gioco. Ci si svagava ballando il liscio alla domenica.

IO: Noi siamo cresciuti con i giochi elettronici e le innumerevoli serie tv e cartoni animati giapponesi come Dragon Ball e i Pokemon. Potremmo recitare a memoria intere pubblicità. Quasi tutti pratichiamo uno sport.

Luoghi di ritrovo di quando avevi 18 anni.

N: I nostri punti di ritrovo erano l’osteria, la parrocchia e i campi per giocare a bocce. Finita le guerra la gente era allegra e si accontentava di poco. Alla domenica si andava a ballare il lisco, la tarantella, valzer e mazurche. Si  metteva musica dal giradischi fino a quando faceva buio, a mezzanotte tutti a casa!

IO: I luoghi di ritrovo giovanili dipendono dai gruppi che si frequenta. Si esce alla sera nei weekend e qualche volta si va in discoteca tornando a casa persino alle quattro di notte. I tempi e gli spazi di svago sono cambiati insieme ai gusti musicali evolutisi con l’avvento di nuovi strumenti elettronici.

Problemi con le tecnologie attuali.

N: C’è un abisso tra noi e voi che non ha paragoni. Quando avevo vent’anni non esistevano gli elettrodomestici e la televisione, era una vita completamente diversa. Il telefono non c’era nelle case, ma solo quello fisso nelle cabine telefoniche a pagamento. Un vecchio lavoro era quello di rispondere al telefono fisso e poi riferire il messaggio di persona presso la casa del destinatario. Alcune famiglie più benestanti si potevano permettere la corrente elettrica, altrimenti si usava come luce una miscela di zolfo nell’acetilene che faceva una fiamma più luminosa della semplice lampada ad olio. Con la modernizzazione è cambiato tutto ed è faticoso stare al passo coi tempi. Le persone anziane sono abitudinarie e spesso non abbiamo più voglia di scoprire questo nuovo mondo. Per fortuna ci sono i nipoti che ci danno una mano.

 

IO: Ormai siamo abituati a tutti i vari comfort che la tecnologia ci permette di avere: i forni microonde, le lavatrici, i computer e Internet hanno rivoluzionato la vita di tutti i giorni. Se non ci fosse più corrente elettrica forse non sapremmo più come occupare il nostro tempo.

I problemi dell’epoca.

N: Ripensandoci, sono gli stessi di adesso sia dal punto di vista sociale, economico e politico. È soltanto il modo in cui si manifestano che cambia. Noi oggi siamo fortunati. L’assenza di guerra o rivoluzioni significa progresso, vivere meglio ed avere la possibilità di fare progetti a lungo termine. Quando una nazione coinvolge i propri civili in un conflitto si prende la migliore gioventù e la si manda al patibolo. Ora quei problemi sono spostati in zone nemmeno tanto lontane da noi.

Hai ragione nonno.

PRIMA E DOPO LA PATENTE

“Se si chiude una porta, si apre un portone”.

È la classica frase di circostanza che tutti abbiamo sentito almeno una volta nella vita e che, volenti o nolenti, nasconde la madre delle bugie: la porta che apri è più grande perché deve contenere i nuovi problemi che si dovranno affrontare. Pertanto, considerando il fatto che si lascia il motorino (che non ha porte) per prendere la macchina  (che ne ha almeno 3), subito si capisce che la patente è una grande fregatura. Ecco alcuni esempi:

Ho chiuso la macchina?

È incredibile quanto un piccolo dubbio possa tormentare una persona. Nonostante chiuda  la macchina tutte le volte e controlli che sia chiusa, la fatidica domanda si insinua nella mente dell’automobilista e lo costringe a tornare indietro per controllare. Purtroppo ci si pone il dubbio solo dopo essersi allontanati centinaia di metri dal mezzo o peggio, quando si è troppo occupati per uscire a verificare la propria sbadataggine.

Tom-tom fai da te mannaggia a te

Abbiamo tutti un amico navigatore che dice di conoscere la strada giusta o una scorciatoia per arrivare più velocemente a destinazione. Ingenuamente gli diamo retta e ci ritroviamo in luoghi sperduti di cui nemmeno GoogleMaps conosceva l’esistenza. Dato che le cose migliori accadono sempre per caso, un amico navigatore è la migliore soluzione Low Cost per nuove avventure.

Il neopatentato

Il sogno di qualsiasi neopatentato è prendere la macchina e viaggiare quando e dove si vuole. Il costo della benzina, il permesso da parte dei genitori ed il tempo sprecato in coda gli mostreranno la cruda realtà.

La mamma

Non importa quanto si possa guidare bene o sicuro, per la mamma sarà troppo veloce in qualsiasi caso.

L’odissea del parcheggio

Una delle principali ansie quotidiane di un patentato è trovare un parcheggio abbastanza vicino al luogo desiderato senza dover pagare il parchimetro. Spesso la ricerca si trasforma in una vera e propria Odissea: per poter tornare a casa si deve combattere contro chi vuole prendere il posto precedentemente adocchiato, resistere alle tentazioni di mettere le quattro frecce ed uscire e non perdere la speranza dopo l’illusione di un posto libero occupato da una Minicar. Chi compra questo tipo di mezzo deve essere cosciente delle centinaia di maledizioni che gli verranno gettate nell’arco della giornata.

Servizio taxi

Bere e poi mettersi alla guida è ovviamente reato. Uno del gruppo si deve sacrificare per la felicità (e l’ebbrezza) degli altri amici, ma a nessuno piace fare il taxista senza il tassametro che gira.

LA REGOLA D’ORO

<< Se sei in ritardo ci sarà sempre qualcuno che ti farà tardare ancora di più >>. La lista delle cause è infinita: traffico dell’ora di punta, trattore con carico pericolante, una fiumana di passanti alle strisce pedonali, nonnino leggermente sordo che se supera i 50 all’ora è un peccato mortale/ alla guida,ecc.

P come Pendolare

Il pullman è uno dei mezzi simbolo dello studente. Lo si può considerare un ecosistema a parte dove la fauna pendolare combatte per un unico fine: ottenere un posto a sedere.
Bando ai ragionamenti filosofici, vediamo ciò che un pendolare deve affrontare durante la settimana.

Modalità trattore
Tutti i pendolari devono mettere in conto che le vibrazioni sul pullman dovute all’usura non permetteranno loro di schiacciare un pisolino né ascoltare musica. Quel soave suono è paragonabile per intensità e sferragliamento al rumore del trattore di mio nonno.

Ansia
Il terrore di perdere il pullman porta il pendolare a vivere in uno stato d’ansia perenne. Nonostante lo prenda tutti i giorni nello stesso posto alla stessa ora, la persona continuerà a guardare gli orari e a controllare l’arrivo di qualsiasi mezzo in lontananza come una vedetta sul mare alla ricerca della terra ferma.

Tipi di pendolare
Esistono varie tipologie di pendolare: da quelli che parlano con chiunque gli sia vicino a quelli che stanno zitti e immobili come delle mummie imbalsamate. Voglio fare un appello alle persone che occupano due posti solo per sé lasciando gli altri in piedi: abbiate pietà verso il prossimo, magari incontrerete gente nuova ed interessante o chissà, la vostra futura fidanzata.

Senza le cuffie
Se Dante avesse scritto la Divina Commedia ai giorni nostri avrebbe inserito coloro che parlano al telefono sul pullman come punizione in un girone infernale. E’ quasi statisticamente certo trovare un urlatore seriale ogni qual volta si dimenticano le cuffie. Si è costretti ad ascoltare inutilmente tutto ciò che dice. Oltre il danno pure la beffa.

Colpo di sonno
Dormire è uno dei piaceri che la vita ci riserva, ma chiunque riesca a dormire sul pullman corre il rischio di essere svegliato dall’autista all’ultima fermata prima del capolinea trovandosi lontano chilometri e chilometri da casa. Provare per credere.

Scelte
L’aria condizionata si somma all’effetto serra con l’aumentare del numero dei passeggeri. La vita è fatta di scelte: essere o non essere? È nato prima l’uovo o la gallina? È meglio congelare la mattina solo col maglione o crepare dal caldo nel giaccone dopo scuola?

In ritardo
Gli studenti costantemente in ritardo sono capaci di fare certi scatti di velocità al limite dell’inverosimile pur di raggiungere il pullman in tempo. Tutto dipende dall’autista: può decidere di concederti la grazia sul modello dell’imperatore che sceglie di salvare il gladiatore sconfitto.

Città VS Paesino
Chiunque debba svegliarsi almeno un’ora prima per prendere il pullman invidia chi abita in città e può andare a scuola a piedi. Questi ultimi non vedranno mai le magnifiche scritte sui sedili, i tesori nascosti all’interno delle pattumiere né sentiranno i commenti e le canzoni degli autisti. Beati voi.

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