I racconti dei nonni ci affascinano sin dalla tenera età.

Ricordi, emozioni e perle di saggezza fuoriescono dalle loro parole.

Ho chiesto a mio nonno di 84 anni di raccontarmi la sua infanzia e giovinezza ai tempi del Fascismo e dell’immediato dopoguerra per metterle a confronto con la mia vita nel ventunesimo secolo.

Questa è la testimonianza del passato che prende vita attraverso un testo digitale.

A che età hai incominciato a lavorare?

NONNO: Iniziai a lavorare a 12 anni come aiutante bracciante nella raccolta e vendita di frutta nella zona di Peveragno. A 14 anni passai alla vita dei campi per poi incominciare l’attività edilizia appena maggiorenne. Ai  tempi non c’erano ancora i trattori, tutto si faceva in maniera artigianale: si lavorava e si macinava a mano Matteo!

IO: Essendo uno studente liceale all’ultimo anno, non ho mai fatto un lavoro vero e proprio. Ho incominciato a trovarmi qualche lavoretto facendo ripetizioni e raccogliendo frutta d’estate solo dai 16 anni in poi. Continuerò a studiare all’università sperando di poter passare il test di medicina. Tuttavia, con la crisi di adesso, i giovani riscontrano molte più difficoltà a trovare un impiego.

Com’era la scuola?

N: La  scuola era obbligatoria fino alla quinta elementare. La prima e la seconda le ho fatte lontane dai miei genitori. La Guerra ci aveva divisi: io vivevo in Italia dalla zia mentre madre e padre erano rimasti in Francia. Tornarono a conflitto finito. La scuola era dura e si studiava molto a memoria. Avevamo grossi banchi e portapenne in legno e scrivevamo non con le biro, ma con penna e calamaio!

IO: Oggi la scuola è obbligatoria fino al terzo anno di scuola superiore e si è in parte modernizzata nell’uso di nuovi materiali scolastici quali lavagne elettroniche e l’uso di Internet con il quale si riesce ad integrare contenuti multimediali alla semplice lezione frontale. Siamo spinti a prendere almeno il diploma di maturità per avere qualche chance dal punto di vista lavorativo.

Quali lingue hai imparato?

N: Giusto un po’ di francese imparato da piccolo e un “magro” italiano.

IO: La mia generazione è cresciuta con la modernità tecnologica. Grazie allo studio obbligatorio dell’inglese nelle scuole e a Internet sentiamo il contatto globale più vicino rispetto ai nostri nonni. Possiamo guardare serie tv in lingua originale e parlare con persone che vivono in altri continenti.

 

Come si chiedeva di uscire alle ragazze?

N: Non c’erano i mezzi di comunicazione di adesso. Le ragazze non uscivano spesso di casa la sera secondo le abitudini degli anni ’50. I ragazzi andavano a trovarle direttamente davanti all’uscio della loro porta. I tempi cambiano, ma alla fine la morale della favola è sempre la stessa: se vuoi davvero incontrare una persona un modo lo trovi sempre. Ora “dovrebbe” essere più facile. Ho conosciuto nonna per caso, durante un lavoro di ristrutturazione di un albergo. Le ho chiesto di vederci appena ho avuto l’occasione.

IO: I social hanno rivoluzionato le vie di comunicazione facilitandone le modalità di approccio. Per trovare una persona si ricorre a Whatsapp, Facebook ed Instangram e tuttora non possiamo più farne a meno. Il rischio è quello di spendere troppo tempo davanti agli schermi del telefono al posto di godersi gli istanti con le persone a cui si vuole bene.

Sogni nel cassetto che avevi da giovane.

N: Sognavo di viaggiare facendo il commerciante ambulante al mercato come faceva mio padre oppure gestire una ferramenta, almeno non dovevo preoccuparmi che la frutta marcisse. (Scoppia a ridere).

IO: I sogni di mio nonno sono sogni semplici di un grande lavoratore. Io vorrei viaggiare, fare esperienza del mondo e realizzare almeno uno dei miei sogni nel cassetto.

Giochi dell’infanzia e dell’adolescenza.

N: Durante la mia infanzia ero solito sciare tra le colline d’inverno mentre alle elementari, col Fascismo, si faceva ginnastica molto seriamente dalle tre alle quattro ore al giorno. Si giocava a carte o a “Testa o croce”.  Con l’adolescenza il lavoro ha preso posto del gioco. Ci si svagava ballando il liscio alla domenica.

IO: Noi siamo cresciuti con i giochi elettronici e le innumerevoli serie tv e cartoni animati giapponesi come Dragon Ball e i Pokemon. Potremmo recitare a memoria intere pubblicità. Quasi tutti pratichiamo uno sport.

Luoghi di ritrovo di quando avevi 18 anni.

N: I nostri punti di ritrovo erano l’osteria, la parrocchia e i campi per giocare a bocce. Finita le guerra la gente era allegra e si accontentava di poco. Alla domenica si andava a ballare il lisco, la tarantella, valzer e mazurche. Si  metteva musica dal giradischi fino a quando faceva buio, a mezzanotte tutti a casa!

IO: I luoghi di ritrovo giovanili dipendono dai gruppi che si frequenta. Si esce alla sera nei weekend e qualche volta si va in discoteca tornando a casa persino alle quattro di notte. I tempi e gli spazi di svago sono cambiati insieme ai gusti musicali evolutisi con l’avvento di nuovi strumenti elettronici.

Problemi con le tecnologie attuali.

N: C’è un abisso tra noi e voi che non ha paragoni. Quando avevo vent’anni non esistevano gli elettrodomestici e la televisione, era una vita completamente diversa. Il telefono non c’era nelle case, ma solo quello fisso nelle cabine telefoniche a pagamento. Un vecchio lavoro era quello di rispondere al telefono fisso e poi riferire il messaggio di persona presso la casa del destinatario. Alcune famiglie più benestanti si potevano permettere la corrente elettrica, altrimenti si usava come luce una miscela di zolfo nell’acetilene che faceva una fiamma più luminosa della semplice lampada ad olio. Con la modernizzazione è cambiato tutto ed è faticoso stare al passo coi tempi. Le persone anziane sono abitudinarie e spesso non abbiamo più voglia di scoprire questo nuovo mondo. Per fortuna ci sono i nipoti che ci danno una mano.

 

IO: Ormai siamo abituati a tutti i vari comfort che la tecnologia ci permette di avere: i forni microonde, le lavatrici, i computer e Internet hanno rivoluzionato la vita di tutti i giorni. Se non ci fosse più corrente elettrica forse non sapremmo più come occupare il nostro tempo.

I problemi dell’epoca.

N: Ripensandoci, sono gli stessi di adesso sia dal punto di vista sociale, economico e politico. È soltanto il modo in cui si manifestano che cambia. Noi oggi siamo fortunati. L’assenza di guerra o rivoluzioni significa progresso, vivere meglio ed avere la possibilità di fare progetti a lungo termine. Quando una nazione coinvolge i propri civili in un conflitto si prende la migliore gioventù e la si manda al patibolo. Ora quei problemi sono spostati in zone nemmeno tanto lontane da noi.

Hai ragione nonno.