Essere la nipote di uno dei simboli della lotta alla mafia e al terrorismo non è affatto facile, soprattutto se quel simbolo è tuo nonno, che è morto svolgendo il suo lavoro poco prima che avessi la possibilità di conoscerlo, di abbracciarlo, di ringraziarlo.

Dora Dalla Chiesa, nipote del Generale Carlo Alberto, ucciso con la moglie Emanuela Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo il 3 settembre 1982 per volere dei vertici di Cosa Nostra, l’ha trovato comunque il modo di ringraziarlo, e ha fatto molto di più: ha fatto si che la storia del Generale Dalla Chiesa potesse continuare ad essere diffusa e ricordata, anche e soprattutto tra i giovani.

L’ha fatto compiendo un viaggio a ritroso nella storia del nonno, incontrando i suoi collaboratori e raccogliendo le dolorose testimonianze dei parenti, in un film-documentario che vi consiglio caldamente di vedere e di cui lascio i riferimenti, e che è stato oggetto, assieme alla vita e all’esperienza di Dora, dell’incontro di Scrittorincittà 2016 rivolto alle scuole superiori di Cuneo a cui ho partecipato.

Alla fine dell’incontro ho potuto rivolgerle qualche domanda.

 

Ciao Dora, grazie molte del tempo che mi stai dedicando. Mi ha colpito molto nel documentario la risposta di tuo nonno Carlo Alberto alla domanda, durante l’intervista condotta da Enzo Biagi nel 1981, alla domanda “Perché un giovane decide di diventare carabiniere?”. Tuo nonno risponde: ”Certamente perché crede, e quindi perché ha bisogno di continuare a credere”. Credere in cosa?

 “Nello Stato, in uno Stato da proteggere, uno Stato che funzioni, in una Legge che difenda davvero il più debole e non sia sempre a servizio del più forte e del più furbo. In questo devi credere se fai il carabiniere. Se fai il carabiniere e non credi in questo non stai servendo nessuno.”

All’inizio del documentario c’è la voce di tuo nonno che dice “[…]Voi non dovete abbandonare certe strade, non dovete pensare che, soltanto perché siete soggetti ad una sconfitta, ad una delusione, ad un sacrificio tutto è vano. No, dovete resistere! Dovete resistere a creare la vostra personalità dal punto di vista intellettuale e morale. Solo allora la vostra persona sarà intangibile alle tentazioni che tanti altri vi porteranno per travolgervi…”

 “Questo è un discorso che lui fece ad una scuola di Palermo, lui era Prefetto. Mio nonno era forte, andava nelle scuole disagiate a parlare ai ragazzi, non al Garibaldi (Liceo Classico). Dice appunto ai giovani che se riusciranno a resistere alla tentazione di una via più facile, riusciranno ad essere persone più strutturate, più eticamente giuste, più belle. Lui in quel discorso disse una cosa bellissima, disse che potere non è un sostantivo, ma un verbo. Poter essere liberi in una terra come Palermo in quegli anni era difficilissimo.”

Durante gli anni della lotta al terrorismo (1974-1978), a tuo nonno fu affidata la guida dell’appena nato Pool Antiterrorismo a Torino, per cercare di catturare i rapitori del magistrato Sossi. Egli fu costretto a disobbedire agli ordini per cercare di eliminare totalmente le Brigate Rosse. Quando il Pool stava iniziando a portare risultati importanti, esso venne sciolto, e nessuno dei collaboratori di tuo nonno nel documentario riesce a spiegarsi il perché di ciò, poiché c’era ancora tantissimo lavoro da fare. Quanto coraggio ci vuole a lottare contro un’istituzione in cui si crede ma che costantemente ti mette i bastoni tra le ruote?

 “Bisogna pensare che quando si serve lo Stato, si ha sempre a che fare con una sua parte malata. Ci sono, c’erano delle infiltrazioni malate dentro allo Stato, e anche la sua uccisione è il frutto di ciò. Ma se smetti ti servire lo Stato, se smetti di proteggerlo, farai in modo che lo Stato diventi ancora più malato. Allora per questo continui a servire. Ed è quello che fece mio nonno.”

 

generale

“Generale: rivivendo Carlo Alberto Dalla Chiesa”

Link streaming del film-documentario su Rai Storia http://www.raistoria.rai.it/articoli/generale-rivivendo-carlo-alberto-dalla-chiesa/24417/default.aspx