Scendo dal pullman, ancora con la pelle d’oca di chi è stato tanto al fresco della climatizzazione. Il primo respiro è una liberazione: quell’aria nuova, che sa di mare, con il sole ancora basso ma caloroso del mattino che illumina Venezia.

Ho viaggiato tutta la notte ed ora eccomi: disorientato, ancora strizzo gli occhi alla luce, sbadiglio qua e là per risvegliare i sensi. Un passo alla volta sgranchisco la schiena e guardo i gabbiani che volano alti nel cielo.

Adesso, guardandomi incuriosito attorno, noto quelli che una volta scesi,con passo sicuro, si avviano svelti verso la città. Li seguo, lasciando intuire ad altri la direzione più veloce. Alla vista di ponti e canali, come dipinti con colori caldi e rasserenanti, capisco che la fretta è l’ultima cosa da contemplare. Come impaurito, rallento gradualmente il passo, sento le gambe pesanti, il respiro alterato, gli occhi spalancati e vispi.

Mi lascio superare da chi avevo preceduto.

Riprendo la camminata, come attratto dal ponte che porta alla stazione. Sulla sua sommità si scorge la grandezza della città, attraversata dal Canal Grande, già popolato dai vaporetti e motoscafi.

Proseguo lungo le sue sponde, fiancheggiato da palazzi settecenteschi, ormai rimodernati che aprono le loro fondamenta ai vicoli che si districano in modo labirintico verso l’interno.

Guardo quel canale con il gondoliere che naviga spensierato tra palazzi che come temporanee manifestazioni dell’esistenza umana dividono a confine due infiniti blu, evitando che ne esista solo uno.

Il flusso di turisti scorre più impetuoso dell’acqua nel canale, che scarica ,come naturalmente farebbe, parte di sé nei canaletti. Allo stesso modo fanno i più audaci, che fuggono la massa per perdersi.

Quindi svolto a sinistra in un calle, un vicoletto lungo e stretto nel quale si forma un curioso contrasto luminoso; alla fine di esso un bivio: lo affronto con smarrita indifferenza. Con la cartina ripiegata in tasca, vago tra intricati spazi, incapaci di ripetersi, tra giochi di luce, ponti, pendolari, l’aria mattutina.

Immagino la quotidianità vissuta tra quelle vie, come un veneziano che ancora dopo tanti anni si stupisce per bellezza.

L’aria della sera è frizzante. La sensazione di fresco sulla pelle ti fa sentire vivo, è piacevole.

Alzo lo sguardo e sopra di me si stende una coperta luminosa di stelle in un mare di un blu inchiostro. Mi trovo in una piccola via di Venezia, lontano dai lampioni e da qualsiasi altra fonte luminosa. Posso godermi questo silenzio, dentro e fuori di me.

Dopo pochi istanti, esce dal locale in cui abbiamo cenato anche il resto della mia famiglia. Lo sbalzo termico dentro-fuori si fa sentire e sono tutti infreddoliti. Sorrido tra me e me.

Decidiamo di continuare a godere di questa serata, per poter conoscere la città dai mille vicoli anche nelle vesti della notte. Ci facciamo guidare da alcune voci in lontananza, senza sapere di preciso dove arriveremo. Alcune finestre sono illuminate dall’interno ed è possibile scorgere qualche elemento delle case. In particolare mi colpisce un lampadario: la luce crea sulla sua superficie di vetro un gioco di colori ipnotizzante. Mi ricorda il lontano Oriente.

Ci ritroviamo così su una delle vie principali. La massa di persone vocianti ti spinge a proseguire in un’unica direzione possibile e tu sei preda del loro passo. Ristoranti, bar, locali, musica… Il silenzio dei calli viene bruscamente investito dalla vita notturna che popola la via.

Alla fine di questa, si apre davanti a noi la maestosa Piazza San Marco. Da lontano, i suoi porticati illuminati come a festa risuonano del ritmo di un’ orchestra jazz.

La mia attenzione è attirata fin da subito verso il basso: stiamo infatti proseguendo su passerelle rialzate. Il pavimento è stato quasi completamente invaso dall’acqua del mare e per spostarsi questo è l’unico mezzo.

Questa città è piena di sorprese.

Dopo aver scattato qualche fotografia, ci allontaniamo dal caos di persone e ci dirigiamo verso il Canal Grande, lì vicino.

Nonostante l’ora piuttosto tarda, è ancora solcato da numerosi vaporetti e gondole. Illuminati, appaiono come piccole lucciole sul pelo dell’acqua. In cielo splende la luna piena, investendo con i suoi raggi l’intera città.

Così disposte ai due lati del canale, le abitazioni fanno pensare a luoghi naturali, ma di una natura che ha creato le proprie opere con un’immagine umana.

Quanto è bella Venezia.

Me l’assaporo chiudendo gli occhi: e ‘l naufragar m’è dolce in questo mar.

testo scritto in collaborazione con Gabriele Risso.