Tornano i live e torna a esibirsi La Macabra Moka, band rock underground cuneese dai testi e dalle sonorità mai banali. Come riporta il nome della band, ascoltare la loro musica è come bere un caffè da un amico, ma con una voce in testa cinica e fatalista che ti ricorda il lato ruvido e macabro della vita. Lo stesso pezzo da una parte può strapparti un sorriso, dall’altra farti salire un brivido lungo la schiena.

 Ho avuto l’occasione di intervistare il gruppo prima del live La Macabra Moka se la canta e se la suona del 9 luglio alla Birrovia di Cuneo, dove i ragazzi si esibiranno ripercorrendo i loro ormai undici anni di attività insieme e proponendo le loro canzoni in versione acustica. Per chi non potrà esserci al live, molto interessante anche il progetto di registrazione della band, documentato attraverso video che si possono trovare su Youtube, il primo dal titolo 30 anni e non sentirli.

Per chi ancora non vi conosce, ci raccontate cos’è e come nasce La Macabra Moka?

La Macabra Moka è una band rock underground di Cuneo nata nel 2010 dalle ceneri di un precedente gruppo chiamato Elia & Moka Cukka. I componenti sono Elia Dadone (batteria), Fabio Serale (chitarra elettrica), Stefano Dessì (chitarra elettrica) e Pietro Parola (voce, e dal 2019 basso elettrico e voce). Il gruppo è nato come progetto parallelo dato che ai tempi tutti i membri avevano già una band; questo ha fatto sì che la prima demo (uscita nel 2011) fosse molto versatile e comprendesse diversi generi. Con quella demo la band ha cominciato a suonare dal vivo nelle province di Cuneo e Torino, partecipando a diversi concorsi e vincendoli (Aclinfestival Rock, Suoni Emergenti, Tracce sonore). Nel momento in cui tutti gli altri progetti sono terminati, il gruppo ha scelto una direzione ben precisa che ha portato a una sonorità stoner con attitudine hardcore;  il primo album Ammazzacaffè uscito nel 2013 testimonia questa scelta. Dopo questo disco la band ha cominciato a suonare fuori dal Piemonte, sfruttando soprattutto il giro dei centri sociali. Nel 2017 è poi uscito il secondo album, Tubo Catodico, che ha mantenuto le sonorità del primo disco ma è frutto di un gusto un po’ più vario maturato negli anni, con il risultato di pezzi più distinti l’uno dall’altro. In parallelo a questo, la band ha proposto anche un’attività dal vivo in acustico che ha portato a un mini album live nel 2011 e una mini tournèe tra il 2018 e il 2019.

 

Quali sono le influenze più importanti per il vostro stile musicale?

Si parte dal rock degli anni ‘90 e 2000 (Nirvana, Foo Fighters, The Smashing Pumpinks, Queens of the Stone Age, Truckfighters, Biffy Clyro, Marlene Kuntz, Il Teatro degli Orrori…) con ulteriori forti influenze provenienti dai gruppi che la band seguiva a livello territoriale (grazie a locali come il Nuvolari di Cuneo, il Ratatoj di Saluzzo e il Cinema Vekkio di Alba): i Cani Sciorrì, gli Slaiver, i Fuh e di conseguenza tutti quelli della scena della Canalese Noise.

 

Lo scorso anno avete compiuto dieci anni come band: dal 2010 quanto siete cambiati e vi siete evoluti?

Per molti anni il gruppo ha avuto due chitarre elettriche, la batteria e la voce: il basso non c’era e veniva registrato solo nei dischi mentre nei live una delle due chitarre veniva “sdoppiata” in un amplificatore da basso per sopperire alla sua mancanza. Nell’ultimo periodo invece si è deciso di inserire il basso ma facendolo suonare al cantante, in modo da non snaturare l’equilibrio del gruppo. Negli anni ci sono stati diversi cambiamenti anche dal punto di vista del suono: all’inizio il fatto di non avere il basso ha portato a un “droppaggio” delle chitarre che ha contraddistinto il suono avvicinandolo alle sonorità stoner e indirizzandolo verso l’hardcore. Con il passare del tempo invece, pur mantenendo simili sonorità, si è passati da tempi semplici a tempi composti, uscendo dalla mentalità del “suono dritto”. Anche i testi negli anni hanno avuto delle evoluzioni: all’inizio avevano una componente di contestazione e di rabbia mista alla demenzialità, e man mano sono diventati più intimi ma al tempo stesso provocatori. E mentre all’inizio non si sentiva il bisogno di creare ritornelli con il tempo si è scelto invece di inserirli, dando alle canzoni una struttura un po’ più classica.

 

Come nasce un vostro pezzo? C’è un processo creativo che si ripete o è ogni volta un’avventura nuova?

Di solito si parte da dei riff di chitarra proposti da Fabio o Stefano, si elaborano con la batteria e si cerca di dare forma alla canzone; spesso l’idea di partenza viene poi stravolta grazie alla partecipazione degli altri. A quel punto Pietro inventa una melodia per la voce utilizzando quello che viene chiamato “l’inglese falso” e di lì a poco crea quello che è il vero e proprio testo.

Prima dell’ingresso del basso, la parte di questo strumento veniva studiata successivamente, mentre con la sua entrata il basso ha cominciato a far parte direttamente del processo di creazione durante le prove. A differenza poi dei primi anni, quando il pezzo veniva creato per essere registrato, con il tempo il gruppo ha cominciato a fare quelle che si chiamano “fasi di pre-produzione”, che hanno fatto la differenza per quanto riguarda gli arrangiamenti e i cori.

Quando  invece il gruppo decide di convertire i pezzi in acustico, le canzoni vengono destrutturate completamente sia nei ritmi che nella melodia, creando di fatto delle nuove canzoni, dove solo il testo rimane identico anche se viene cantato in maniera diversa.

 

Dove e quando possiamo venire a sentirvi?

Venerdì 9 luglio suoneremo alla Birrovia di Cuneo, dove con Alessandro Cherry Cerato (presentatore e disturbatore) ripercorreremo i nostri anni di attività e dove suoneremo le canzoni in versione acustica. Per quanto riguarda l’elettrico, considerando che i nostri concerti sono sempre “movimentati”, finchè il pubblico dovrà restare seduto preferiamo non esibirci. In questo ultimo periodo però abbiamo deciso di sopperire a questa mancanza andando a registrare alcune canzoni (in elettrico) in diversi studi di registrazione dove avevamo piacere di produrre qualcosa. Stiamo documentando il tutto attraverso dei video che potete trovare su Youtube (li ha fatti il nostro amico Fred Cigno che ci ha seguiti per molti live in giro per l’Italia). Per ora è uscito il primo, dal titolo 30 anni e non sentirli, ma continueremo a produrne degli altri. È  un modo per “stimolarci” e per testimoniare il lavoro che stiamo facendo.