Giovani Adulti è il titolo di un film diretto da Jason Reitman, uscito nel 2011. Giovani Adulti è anche il nome con la quale si identifica il genere di libri e film per i giovani tra i 14 e i 21 anni. L’ossimoro del titolo identifica bene la protagonista Mavis Gary, combattuta tra la sua parte adolescenziale e il suo lato più adulto: Mavis è una ghost-writer e scrive proprio per una serie di libri per ragazzi. Dopo il liceo ha deciso di trasferirsi in città per seguire il suo sogno. Ma la vita lì non va a gonfie vele, almeno non secondo le aspettative che si era imposta. Si sente incapace di sviluppare relazioni mature, è ancora segretamente ancorata al suo status di reginetta del liceo della provincia in cui è cresciuta. La sua vita è divisa tra le dinamiche affettive adolescenziali e i suoi problemi più “da adulta” come l’alcolismo e la tricotillomania (disturbo da strappamento di peli). Un giorno le arriva per email l’invito al Battesimo del figlio del suo ex fidanzato del liceo. Ed ecco che la sua mente ritorna nel passato: non fa che pensare alla loro felice storia d’amore, alle stupidaggini fatte insieme. Il suo obiettivo ora è di tornare nella cittadina natale per riprenderselo e tirarlo fuori da quella che è sicura essere una vita da incubo. Tornando però si accorge che tutti i vecchi amici e compagni di scuola in realtà si erano costruiti la vita che volevano, lasciandosi il passato alle spalle. Mavis sembra essere l’unica a non riuscirci. 

Guardando il film Giovani adulti il mito della vita perfetta, della ragazza perfetta crolla. Si vede il retroscena di una vita vuota, che scatena la simpatia dello spettatore per la tristezza di quelli che dovrebbero essere i migliori. Mavis è chiusa in un limbo, come anestetizzata alla vita vera che le scorre intorno. C’è un’atmosfera di insoddisfazione costante che porta poi all’assenza di sentimenti. E’ la messa in scena del tramonto dei vincenti. Perché forse non ci sono dei veri migliori in Giovani adulti, come neanche nella vita vera. Non lo è  Mavis, non lo è il nerd del liceo che ora gli fa da amico per l’occasione e non lo è la coppietta perfetta: nella realtà i vincenti non esistono, ci sono solo esseri umani che ne inseguono il mito e altri che decidono di vivere la propria vita.
La grandiosità del mito americano fatto di soldi e felicità, il mito della grande vibrante città va in frantumi davanti a una piccola cittadina di provincia. Gli ideali di una giovane ragazza si sbriciolano giorno dopo giorno. Nel libro Vicine di casa di Caroline Corcoran le protagoniste Lexie e Harriet vivono una vicenda simile: entrambe sono convinte che l’altra abbia una vita felice e realizzata. In realtà la sottile parete che separa i loro appartamenti non fa altro che aumentare i pregiudizi sulle loro due vite perfette. Quando Lexie sta soffrendo molto per problemi di infertilità, Harriet è ancora bloccata dalle molestie subite dall’ex fidanzato. La situazione si fa talmente estrema che l’ossessione di una per l’altra diventa un thriller. Tutti questi personaggi sono giovani adulti combattuti, frustrati, soli. Non riescono a trovare la loro strada ma hanno troppo paura di farlo vedere agli altri, di raccontarlo, di dire «si, forse ho fallito, è ora di cambiare». Per loro è inaccettabile, troppo difficile. E’ meglio rimanere una brutta copia del Grande Gatsby. 

Essere dei giovani adulti è maledettamente complicato. Ma Henry Page nel film I nostri cuori chimici ci può far riflettere:

Un’amica una volta mi ha detto che gli adulti sono solo bambini con le cicatrici sopravvissuti al limbo dell’adolescenza. Ora uscite e osservate il mondo attraverso questo prisma. Guardate i vostri genitori, i vostri fratelli più grandi. Guardate gli estranei per strada. Guardateli e immaginatevi che ad un certo punto della loro vita anche loro hanno percorso lo stesso corridoio, anche loro hanno provato l’insostenibile solitudine, l’insopportabile sensazione di potenza e oscurità dell’essere giovani.