Malattia

Malattia

 

Siamo galassie di lucciole negli abissi

in burrasca del nostro tempo,

marciamo per sussurrare storie

a universi soli e isolati.

 

Il pugio sordo che infuria

abbraccia di buio il mondo, cupo,

ma riunisce l’equipaggio naufrago

e rinnova battello e bussola.

 

Siamo un solo spirito

che respira negli occhi stanchi

del nostro unico popolo:

Umano.

Per Edith

Sa di tempesta questa tua sera:

ha il sapore di nuvole bionde

violente, grano danzante;

ha il colore di nebbie iridate

inquiete, monti morenti.

Col silenzio d’un lampo d’affetto

la mia notte la sveli nascosta

fra i tuoni di pioggia, brutte virtù:

paura d’un Tutto ululante.

 

Dalla nostra bufera sgorgata,

l’edera dalla mia terra stuprata

cresce e ti strappa il tuo sole

e sarà poi dei fiori di spine.

Non guardar le sinuose Gorgoni,

ma la serpe che abbraccia il tuo tronco!

Ché una bestia non sa più di amore

se il buio morde mente e parole:

scappa Edith, non tornare mai più.

 

Seduto al tramonto del mondo, carezzo

Maestrale che estingue il mio fuoco,

e vivo l’eterno ricordo dell’Odio:

 

è un altro

 

novembre

 

d’estate.

 

 

 

PL

Notte d’hobo

Il cuore è randagio fra neon e cemento,

in bocca ho il ricordo del tuo gelsomino,

sa di amor sussurrato alla luce di notte:

il guinzaglio sottile si svela al mattino.

I due amanti proibiti si fondon nel vento,

un androgino in aria, sospeso, divino

che tinge d’oceano il mio buio di rotte:

lo schiavo cosciente ha peggiore destino.

 

 

PL

Viaggio nella nebbia

Eterna la roccia, il viso

frustato dal fiato furioso,

ma spinto dal cuore di magma

a scoppi d’oblio rabbioso.

 

M’ingabbia un abbraccio di nebbia,

mi sento nel buio del vuoto

cometa che d’orbita cieca

ha perso la stella del polo.

 

Si svela la gemma velata

dai muri di freddo silenzio,

ma spezza il passo del folle

l’attesa del fiore del tempo.

 

Graffia la terra! Lascia dei segni,

o nulla sarà dopo questa tempesta!

Lascia la guerra! La vita t’insegni

che festa vivrà solamente chi resta!

Andare oltre

A volte ci si perde. Si dimentica ciò per cui si gioiva. Si dimentica ciò che ci faceva sentire vivi. Si vaga. Vagabondando però capita sott’occhio un libro, un’immagine, un disco, qualcosa che ricordi il sentiero perduto. Scintille in grado di riaccendere un fuoco spento. Così mi è finito fra le mani questo libro.

Per ripararmi dal freddo di un pomeriggio d’ottobre mi sono cacciato in biblioteca. Vago annoiato tra gli scaffali quando la vecchia copertina verde di un libro fuori posto mi colpisce. Mi guardo attorno per vedere che non ci sia nessuno a reclamarlo e lo prendo in mano. Ha un titolo criptico: Presenze. L’autore mi è sconosciuto: Jerzy Kosinski. Mi incuriosisce. Lo apro.

La trama mi spiazza: Chance è un uomo che ha passato tutta la sua vita a coltivare il proprio giardino, senza mai uscire dalla propria casa e quasi senza contatti col mondo esterno. Alla morte del suo benefattore però è costretto ad andarsene ed è spinto verso un mondo che fino ad allora aveva visto solo in televisione. Qui iniziano le avventure che lo porteranno fino ad essere considerato un grande uomo d’affari e una fine mente politica. Tutto grazie alla sua totale ignoranza, quella di un uomo che avrebbe tutte le carte in regola per diventare un disadattato e che invece si ritrova a essere creduto consigliere del Presidente.

Conquistato, decido di portare via con me quello che sembra un tesoro abbandonato.

Arrivato a casa mi immergo subito nella lettura: ne vengo assolutamente rapito.

Innanzitutto perché il libro è scorrevole, maledettamente divertente e breve, adatto ad essere letto tutto d’un fiato. Sopratutto però mi ritrovo da subito in un mondo familiare, ma al tempo stesso assurdo. Riesco perfettamente ad immedesimarmi. Perchè questo romanzo è una strabiliante caricatura dell’America e, in fin dei conti, in parte anche del nostro paese (vista l’influenza che lo zio Sam ha avuto sull’Italia). Così, come in tutte le caricature, vengono esaltati ironicamente limiti e difetti.

Ad esempio si nota facilmente come vengano sottolineati il ruolo e l’impatto dei mass media sulla politica e più in generale sulla società. Nel racconto la TV è il modello per ogni azione del protagonista e anche il veicolo per la trasmissione di ogni idea politica. Invade la vita di ogni cittadino e ha effetti che sono comprensibilmente dannosi. È la descrizione della nostra era, in cui i mezzi di comunicazione di massa condizionano e quasi manovrano le persone.

Mi ha colpito però un altro concetto di questo libro. Ogni personaggio è così assorbito da sé e dalla propria visione del mondo che Chance diventa un’icona. È un uomo totalmente vuoto in cui ciascuno proietta i propri principi, le proprie idee, trasformandolo di volta in volta in un proprio eroe o nemico. Anche l’aperta ammissione della sua ignoranza viene interpretata come un segno di perspicacia e raffinatezza. È una realtà in cui non c’è comunicazione, solo un narcisistico monologo. Un dipinto che purtroppo a volte sembra concretizzarsi.

C’è però un qualcosa di questa storia che non è così pessimistico e che ha inciso su di me: viene raccontato cosa può succedere quando usciamo dal nostro giardino rimanendo aperti al destino. Le possibilità sono infinite. In un attimo ci si può ritrovare uomo di successo, proprio come Chance.

Questo è la scintilla che ha riacceso il fuoco. Da un po’ di tempo mi stavo chiudendo lentamente in me. Stavo costruendo dei muri di scuse e di routine. Poi un giorno mi è capitato per le mani un piccolo libro ingiallito e ho capito.

Il mondo non è certamente un posto perfetto, ma non posso chiudermi fra le mura del mio giardino. Fuori ci sono troppi fiori da raccogliere.

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