Ansia. Stress. Tensioni. Nessuno sembra essere completamente al riparo da questi elementi ormai pervasivi della contemporanea “società liquida” descritta dal sociologo Zygmunt Bauman, e che numerosissime ricerche hanno dimostrato essere molto pericolosi per la nostra salute mentale e di conseguenza fisica. La frenesia degli impegni e dei pensieri che affollano la mente ostacola la nostra capacità di vivere il momento presente con consapevolezza, fattore fondamentale per il nostro benessere psicofisico.

Sono molti i possibili rimedi esistenti per far fronte a questo problema. Ho provato a sperimentarne ed approfondirne uno, nato a cavallo tra Oriente ed Occidente: la Mindfulness. Ho partecipato a una lezione di Mindfulness della Dottoressa Laura Falzone, che ha accettato con disponibilità di farsi intervistare per condividere, con chiunque fosse interessato, qualche informazione di base su questa disciplina a mio parere illuminante.

  • Saprebbe dirci che cos’è per lei la Mindfulness e come si è avvicinata a questa disciplina?

Per rispondere a questa domanda devo partire da lontano, perché l’incontro con la Mindfulness rappresenta per me la naturale prosecuzione di un percorso di ricerca – parallelo ai miei studi in psicologia e psicoterapia – sulle pratiche di consapevolezza, ovvero di “presenza”, in relazione al corpo. Ho avuto la fortuna di incontrare un’insegnante eccezionale, Lucia Almini, con la quale una decina di anni fa ho intrapreso un cammino individuale di yoga terapia, per circa due anni. Successivamente ho sentito la necessità di proseguire questa ricerca approfondendo ulteriormente le tematiche relative al corpo grazie ad un percorso personale di Analisi Bioenergetica (un approccio psicoterapico centrato prevalentemente sul corpo). L’aspetto centrale di queste due esperienze è stato proprio la riconquista di uno stato particolare, un modo diverso di abitare il corpo, più pieno e consapevole. L’incontro con la Mindfulness è avvenuto in seguito, e in stretta continuità con queste pratiche. Se dovessi dire che cos’è per me la Mindfulness direi essenzialmente presenza e disponibilità: presenza nel corpo, e disponibilità a stare con quello che c’è. Mi sento di dover precisare che i percorsi di Mindfulness che propongo non sono i protocolli tradizionali (es. MBSR), ma sono stati pensati e costruiti in base alla mia esperienza. Accanto alle pratiche di Mindfulness più note utilizzo anche altre pratiche di presenza che ho sperimentato essere preziose.

  • Potrebbe darci una definizione della Mindfulness e descrivere le sue pratiche?

La Mindfulness è una disciplina che nasce dall’incontro tra la tradizione buddista theravada e la psicologia occidentale. La definizione più nota della Mindfulness, data da Jon Kabatt-Zinn, è la seguente: “Il processo di prestare attenzione in modo particolare: intenzionalmente, in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza, momento per momento”. Si tratta di una definizione preziosa perché nella sua semplicità racchiude tutti gli elementi fondamentali. È questo che essenzialmente si fa nel corso della pratica: si presta attenzione, si osserva. Ma cosa? La nostra esperienza, ciò che accade nel momento presente. E come? In maniera non giudicante, ossia lasciando spazio perché tutto avvenga.

Le varie pratiche ci aiutano ad approfondire l’esperienza, utilizzando vari oggetti su cui portare la nostra attenzione. Ad esempio io posso scegliere di osservare il respiro, oppure posso prestare attenzione ai suoni. Posso scegliere se osservare il flusso dei pensieri, o le emozioni, oppure le sensazioni del corpo, così come il dolore. Talvolta si utilizza anche la visualizzazione, come ad esempio nella meditazione della montagna. L’importante è capire che le pratiche sono una palestra, in cui noi alleniamo il “muscolo della consapevolezza”, per poter poi vivere meglio la nostra vita. I vari strumenti possono inoltre essere adattati per essere utilizzati anche dai bambini: io utilizzo alcune pratiche all’interno di un progetto di prevenzione del bullismo in una scuola primaria.

  • Qual è il ruolo giocato dalla respirazione in questa disciplina?

Il ruolo della respirazione è assolutamente centrale. Portare attenzione al respiro, al respiro naturale, e restare nella consapevolezza di questo è il cuore della pratica. Il respiro, così come il battito cardiaco, è una pulsazione vitale. Portare l’attenzione al respiro, e ricondurla ad esso ogni volta che viene catturata da altri elementi, ci riporta al qui ed ora del corpo, al momento presente.

Il respiro può essere considerato come un’àncora, anche nella vita quotidiana. Possiamo tornare all’osservazione del respiro durante il giorno, nel corso di qualsiasi attività, quando i venti dei pensieri incontrollabili e delle emozioni travolgenti diventano troppo forti. Torno al respiro, torno al presente. Questo è il primo passo.

Tra mente e respiro c’è un rapporto strettissimo. In un testo fondamentale dello Yoga – l’“Hatha yoga pradipika” c’è scritto: “Colui che controlla il respiro controlla anche la mente, colui che controlla la mente controlla anche il respiro”.

Anche la psicoterapia occidentale l’ha compreso e utilizza il respiro per la gestione di alcuni stati emotivi. È un tema vastissimo, estremamente interessante, ma credo che il suo approfondimento vada oltre gli scopi di questa intervista.

  • Si può applicare la Mindfuness anche nella vita quotidiana, al di fuori delle sedute?

Nel mondo della Mindfulness esistono due famiglie di pratiche: le pratiche formali e le pratiche informali. Le prime sono quelle per le quali occorre ritagliare del tempo. Ad esempio io posso decidere di praticare per venti minuti al giorno l’osservazione del respiro: mi siedo in un luogo silenzioso e mi dedico esclusivamente alla pratica. Ma abbiamo detto prima che la Mindfulness è essenzialmente presenza. Non esiste attività nella mia giornata che io non possa fare con presenza e consapevolezza. Posso scegliere di mangiare, bere il caffè, lavare i piatti, fare la doccia, e farlo in totale piena presenza.

Durante qualsiasi pratica, formale o informale, ci accorgeremo subito che la mente tenderà a vagare, a staccarsi dall’oggetto che avevamo scelto. Non c’è nulla di strano in tutto questo. La nostra mente, tutto il giorno, tutti i giorni, è abituata a vagare, costantemente attratta da moltitudini di oggetti (anche oggetti mentali). Occorrerà riportare indietro l’attenzione numerose volte, senza scoraggiarci o giudicarci severamente. Ogni volta che riusciamo ad accorgerci che la nostra attenzione si è smarrita e la riportiamo sull’oggetto prescelto, siamo già nel cuore della pratica e dovremmo congratularci con noi. L’accettazione e l’assenza di giudizio sono due ingredienti chiave della pratica. Ritornando alla prima domanda. Per me l’incontro con la Mindfulness è stato un dono. Quest’anno ho condiviso questo dono –  insieme e grazie a Spazio BioDiversity – con tante persone, riscontrando curiosità ed entusiasmo.

5) Potrebbe salutarci con una frase che riassuma il senso di questa affascinante disciplina?

«Per noi spunta solo quel giorno al cui sorgere siamo svegli» H.D THOREAU

 

Per quanto mi riguarda, sono arrivata alla lezione di Mindfulness con curiosità, senza sapere cosa avrei trovato. In una sola ora ho potuto sentire la differenza tra una respirazione automatica e distratta e una respirazione più consapevole e allo stesso tempo più spontanea e naturale, “di pancia”, come quella dei bambini. Attraverso esercizi di meditazione e visualizzazione, guidati dalla voce esperta della Dottoressa Falzone, ho provato a sgombrare completamente la mente per concentrarmi solo sul momento presente, rendendomi conto della difficoltà di una procedura così apparentemente semplice. Ho potuto in generale sperimentare il potere rigenerante di uno sguardo che non giudica. Mindfulness per me è serenità, apertura, accettazione. Consiglio a tutti di provare a guardarsi dentro e fuori in modo diverso, con l’aiuto della Mindfulness, per ritrovare la calma e la consapevolezza necessarie per vivere al meglio ogni momento che la vita ci offre.