Fatico a rimanere ottimista sul nostro futuro. Siamo entrati nella quarta rivoluzione industriale senza nemmeno accorgercene, come non ci si renderà conto che oggi le ore di luce saranno uguali a quelle notturne. Probabilmente non interessa a nessuno, inoltre sarebbe proprio uno spreco di tempo stare lì a compararle; tuttavia non è uno spreco spendere due parole per comprendere la portata di questa rivoluzione. A dire la verità, come Riccardo Staglianò, nel suo ultimo romanzo Al posto tuo. Cosi Web e robot ci stanno rubando il lavoro, edito da Einaudi, racconta non si deve andar troppo lontano per vederne gli effetti: basta andare in stazione a Cuneo a comprare il biglietto del treno alle macchinette (che non prendono i contanti, ma perché non prendono i contanti?). Gli sportellisti verranno sostituiti dalle macchine, gli operai verranno sostituiti dalle macchine, i call center verranno sostituiti dalle macchine. Verrà il momento in cui anche i cani saranno dei veri robot cosi almeno i bambini non saranno traumatizzati dalla loro morte.

I colossi dell’informatica puntano tutti sulla AI, intelligenza artificiale, così da poter dire di essere stati i primi a crearla e venderla a tutte le società come segretaria instancabile. Se pensate che questa idea sia ancora lontana, ricordo due fatti, di cui uno della mia infanzia: dalla pen-drive che funzionava da lettore musicale all’attuale smartphone sono passati solo 14 anni, neanche un lustro; durante la puntata di Report del 25 ottobre 2015 dal titolo rivoluzione 4.0,  una società di programmazione aveva testato per 15 anni una AI capace di apprendere autonomamente dai propri errori, il quale, durante una chiamata reale con un utente, non è stato riconosciuto come programma, bensì come persona. Ora, senza fare i catastrofisti, non significa che il mondo si trasformerà in un Io robot dove il Will Smith di turno capeggerà una rivolta contro le macchine, bensì ci sarà il Will Smith di turno che capeggerà una rivolta contro il governo di turno, etichettato come incapace di prevedere ed attuare norme per contrastare questa rivoluzione. Il copione è sempre lo stesso, una nuova tecnologia entra in circolazione sostituendo personale umano, destabilizzazione sociale e rincorsa ad una nuova occupazione, si trova un equilibrio riscoprendo un lavoro che quella tecnologia non è in grado di sostituire o si crea una nuova esigenza nel mercato e la si soddisfa.

Dal momento che la macchina è in grado di fare lavori da operaio, c’è una rincorsa alla creatività e alla personalizzazione per poter sopravvivere. Le startup sono più improntate verso la risoluzione high-tech di problemi quotidiani che portano uno stipendio ad un numero minore di persone rispetto ad una fabbrica vera e propria, ma questo è naturale dato che per creare una azienda fisica bisogna avere capitali enormi con spese ammortizzabili dopo anni di attività sempre in positivo. Senza contare che se non si produce un prodotto nuovo e migliore rispetto alla concorrenza il positivo non si raggiunge, ma per far ciò ci vogliono conoscenze, anni di sperimentazione, il tutto concentrato in pochi anni poiché con la velocità e gli strumenti a disposizione tutti possono arrivare alle stesse conclusioni. Una lotta costante contro il tempo e contro tutti per il semplice pane quotidiano. Homo homini lupus direte voi, sarà sempre così, ma siamo arrivati al punto dove inizi a dire homo e già il lupus ti ha mangiato. Che fare di fronte a tutto ciò? Ti coalizzi, ovviamente, da soli non si può far nulla. Ecco il coworking che nasce, come le cooperative e le unioni aziendali. Queste sono le risposte che i miei occhi hanno visto crescere in questa epoca di transizione della quarta rivoluzione industriale. Come il telelavoro o lo smartworking. Comunque ciò che viene chiesto attualmente nel mondo del lavoro è avere competenze tecniche altamente specializzate che coprano più ruoli, così da prendere due piccioni con una fava. La vera risposta alla rivoluzione 4.0 è lo studio, sapere il più possibile. Inevitabilmente, però, a me sorge un dubbio: dato che il mercato del lavoro chiede sempre più tecnici specializzati per costruire e migliorare quelle macchine che andranno a sostituire i cosi detti “colletti bianchi”, chi non studia cosa andrà a fare? L’ennesima domanda da un milione di dollari a cui non so rispondere.