L’Italia di Mancini non ha superato la qualificazione ai Mondiali. Iniziamo a ragionare se possa essere l’inizio di un’altra crisi oppure no.

Innanzitutto, io penso che non dobbiamo dimenticare la rottura degli Europei, perché è avvenuto in un periodo non semplice per tutto il mondo sportivo che, insieme ad altri settori, ha subito una profonda crisi legata alla pandemia. Il C.T. Roberto Mancini e il suo staff sono riusciti a compattare una squadra che derivava dalla mancata qualificazione ai Mondiali del 2018 in Russia, e sono riusciti a raggiungere il titolo europeo trasmettendo così l’affetto per la nazione e la maglia azzurra. Perciò, ricordiamo il passato e non cominciamo ad affermare – come qualcuno ha espresso sui social, facendo della propaganda – che Mancini non è l’allenatore giusto per i prossimi anni. Tutto questo non cancella il problema di fondo che è quello di una politica sportiva che fatica ad avere un ruolo importante in Italia: le associazioni sportive sono deboli sul territorio e fanno molta difficoltà a stare al passo con i tempi attuali.
A mio parere una delle soluzioni potrebbe essere rafforzare i contratti di collaborazione sportiva e fare il passaggio da A.S.D. e di S.S.D ad aziende sportive. Lo so: questi sono pensieri che ci fanno venire i brividi, ma io credo che potrebbe far fare un bel salto di qualità allo sport dal punto di vista gestionale. Un altro pilastro importante è mettere al centro la scuola: in particolare bisognerebbe creare dei percorsi che avviino all’attività motoria, facendo in modo che il bambino approfondisca la motricità e venga poi inserito in un’attività sportiva; sarebbe bello se si rafforzasse il ponte tra scuola e realtà sportive: anche questo vuol dire essere comunità. Lo ripeto di nuovo perché lo trovo importante: attivare dei percorsi motori che avviino il bambino già dall’età infantile e che successivamente lo aiutino ad entrare in un’attività sportiva, utilizzando allo stesso tempo tutti i campi da calcetto oramai vuoti e inutilizzati dai Comuni.

Bellissima il racconto a Che tempo che fa, dove i fratelli Baresi hanno ricordato che da piccoli giocavano a Milano nell’oratorio della loro chiesa, dove il parroco, vedendoli giocare, prese una decisione: li portò dalla periferia a fare il provino nelle due grandi squadre del capoluogo lombardo. In Italia siamo sempre stati una grande scuola di atleti e soprattutto nel calcio eravamo i migliori, possibile che ci siamo dimenticati il “Come si fa?”. Dove sono finiti gli allenatori che hanno insegnato a giocare a calcio a Rivera, Oriali, fino ad arrivare a Maldini? Qualcosa va cambiato e mi auguro che questa sconfitta, sebbene abbia il sapore amaro di tutte le altre, faccia riflettere l’intero sistema.