«Quando muore un eroe, per quanto tempo viene ricordato? E la spalla dell’eroe? Per quanto tempo viene ricordata?”: queste le domande ispiratrici che, insieme alle lettere che Vincent Van Gogh scriveva al fratello Theo, guidano la narrazione in “Theo – Storia del cane che guardava le stelle.»

Monologo teatrale debuttato a maggio 2019 al Torino Fringe Festival, questa nuova produzione di Anomalia Teatro si rivela ricca, originale, coinvolgente, al pari delle precedenti opere di questo gruppo di artisti, formatosi a Torino nel 2016 con il progetto di «stringersi insieme per percorrere la strada del teatro, che spesso si rivela impervia», come sono soliti esordire quando si presentano. L’idea da cui nasce è indagare il dietro le quinte dei geni della Storia: il «braccio destro», la «spalla sinistra, che spesso viene relegata a poco più che una semplice comparsa destinata ad essere dimenticata dalla Storia». In scena, l’agile Marco Gottardello interpreta alternativamente l’«eroe», Vincent, e la «spalla» nell’ombra, Theo Van Gogh. Dietro di lui una scenografia minima, ma d’impatto: il rosso e il giallo, un’abat-jour a sinistra e una lucina in gabbia a destra, in mezzo una cassapanca che regalerà colpi di scena. Certo è che la performance a cui assistiamo sul palco non è solo la narrazione nel tempo di un rapporto tra l’eroe e la sua spalla nell’ombra – anche perché eroe Vincent Van Gogh lo diventò solo dopo la sua morte ma  molto di più.

È prima di tutto una dolcissima narrazione di un rapporto bambino. Ci sono gare a chi tiene più il fiato in piscina. Ci sono fedeltà in società segrete immaginarie: «Io sapevo che se Vincent avesse creato una società segreta, sarei stato il suo primo fedelissimo». C’è una stanzetta al buio, con i suoi lettini uno accanto all’altro e le lucine, nella quale due fratelli parlano nella notte. Se già allora Vincent mostrava segni di una personalità originale, nel voler superare un record impossibile di respiro trattenuto sott’acqua o voler provare il caffè amaro, Theo era con lui, era il suo primo alleato, senza troppi se o ma. Ma l’infanzia non dura per sempre. E allora la performance si trasforma nella narrazione di una crescita travagliata: di Vincent, di Theo, del loro rapporto. Abbiamo un uccellino che sbatte contro le sbarre della gabbia, in un continuo sforzo per trovare ciò in cui realizzarsi; un altro rimane tranquillo nella gabbia, sulla strada segnata. Abbiamo tigri volanti, corse per raggiungere giganti. Abbiamo l’espressione corrucciata e pensierosa di Vincent che ben mostra i suoi mille pensieri: «Bello!» dice davanti al mistero dell’abat-jour; il buio, Dio, le stelle, le foglie secche diventano oggetto di riflessione.

Di fronte al palco si passa così, dopo aver apprezzato la bellezza dei ricordi bambini, a riflettere sulla crescita. Non solo del caso di una crescita come quella di Theo Van Gogh, sempre al confine tra l’ingombranza del fratello e l’istinto di prenderlo come ispirazione, sempre in bilico tra l’amore di sé e l’ammirazione per Vincent. In scena vengono fuori tutte le crescite, che per essere vere crescite abbisognano di uno scontro con l’altro, di una misura tra chi sono “io” e chi è “l’altro”. Viene messa in luce l’importanza di uno sguardo critico ma che sappia comprendere l’altro, invece che giudicarlo, che sappia prendere da lui spunti per lavorare sui propri lati negativi: non invidia mascherata da incomprensione, ma sguardo aperto su cosa io e l’altro possiamo donarci a vicenda.

Uno spettacolo che inizia sott’acqua, continua sotto un mare di coriandoli, è quasi giunto alla sua conclusione “in giallo” e finisce circolarmente dove è iniziato. E se non capiamo fin dall’inizio questo Theo che piange (o non piange?) il fratello morto (e per questo ci piace così tanto), alla fine lo capiamo benissimo: «Io, cane bastardo, sono andato a guardare le stelle», quello che solo Vincent riusciva a fare per ore. Buio.

 

Di e con Marco Gottardello
Drammaturgia Debora Benincasa
Regia Amedeo Anfuso
Scenografia Alessandro Rivoir
Progetto grafico Nachos

Foto e video Antonio Giacometti
La comunicazione è stata realizzata con il contributo di Valerio Cancellier (tattoo)

Visto il 17 ottobre 2019 al circolo ARCI Molo di Lillith, Torino

Le citazioni presenti in questo articolo sono tratte dallo spettacolo e dalla sua presentazione reperibile qui: http://www.anomaliateatro.it/spettacoli/theo-storia-del-cane-che-guardava-le-stelle/

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