Se si prende voglia di rispolverare un po’ di epicità ma in chiave moderna e comica, non c’è libro migliore di Achille piè veloce, romanzo pubblicato da Stefano Benni nel 2003. Premettendo che chi scrive era totalmente digiuna di opere di Benni, il fatto di aver iniziato a leggere la sua produzione con questo volume è stato un gesto che si è poi rivelato furbo, anche perché Achille piè veloce divenne velocemente un best-seller in Italia, e fu poi tradotto in diverse lingue.

Ulisse Isolani è il protagonista del romanzo: già il suo nome la dice lunga sul tipo di personaggio che pian piano si andrà a conoscere. Lavora nella casa editrice Forge, che è oramai verso il fallimento, e di mestiere legge i dattiloscritti (o «scrittodattili», come li chiama lui) degli scrittori in erba, giovani e meno giovani, che tentano il successo. Ulisse è scrittore anche lui, ma, dopo aver pubblicato un primo romanzo, non è più riuscito a scrivere nulla, perché gli manca sempre l’ispirazione. Ulisse inoltre, esattamente come l’Odisseo omerico, è «polutropos»: dall’ingegno multiforme e versatile. È un uomo del nostro secolo, che sa destreggiarsi in vari problemi della quotidianità grazie alla sua proverbiale abilità oratoria e grazie anche ad un po’ di fortuna. Tuttavia, spesso si addormenta nei luoghi più improbabili della grigia e anonima metropoli in cui vive, che viene però trasformata da Benni in un paesaggio epico, pieno di insidie e avventure. Il protagonista è anche poligamo, proprio come l’eroe dell’Odissea: alterna la sua vita amorosa tra una fidanzata di origini sudamericane che ama profondamente, Pilar, spesso soprannominata Penelope, e un’amante occasionale, la sua provocante collega Circe.
Fin dall’inizio, non appena il lettore si immerge nella prosa avvolgente di Benni, ha la sensazione di leggere un poema epico, ma in chiave molto moderna; ed è forse questo aspetto che rende particolarmente affascinante il volume. Si intuisce d’altronde come sia i personaggi, sia le modalità della narrazione ricordino molto chiaramente lo stile epico, pur con evidenti e spesso comiche differenze. Ad esempio, la vita di Ulisse subisce una svolta quando conosce Achille, il quale però è ben lontano dal suo corrispettivo personaggio epico. Achille, anziché essere «kalòs kai agathòs», ossia bello e valoroso, è brutto e deforme, costretto su una carrozzina elettrica da una malattia contratta alla nascita (tra l’altro la carrozzina, a rigor di logica, è della marca Xanto, nome di uno dei cavalli immortali dell’eroe omerico). Il ragazzo resta rinchiuso in una casa molto grande all’interno di un palazzo antico, in cui abitano anche la madre e il fratello Febo, uomo di successo e pronto ad entrare in politica, che sopporta a fatica la presenza del fratello malato.
Achille riesce ad incuriosire Ulisse con una lettera molto eloquente, e così il protagonista si reca a casa del ragazzo. I due iniziano presto a frequentarsi e ad instaurare un rapporto di amicizia, molto strano, in quanto ovviamente Achille e Ulisse sono estremamente diversi, ma anche molto profondo. Il legame che si crea è dettato soprattutto dalla profonda passione di entrambi per il racconto e la scrittura. Infatti Achille (che non riesce quasi più a parlare a causa della sua malattia, e comunica con l’amico attraverso un computer) inizia a scrivere al posto di Ulisse, e racconta la vita del protagonista, rivisitandola completamente, spesso in modo comico. Il romanzo di Benni prosegue poi alternando gli incontri tra i due, sempre in casa di Achille, e le vicissitudini di Ulisse come uomo moderno nella metropoli, alle prese con il permesso di soggiorno di Pilar e i vari problemi nella casa editrice sull’orlo del fallimento.

Senza svelare nulla della conclusione, il rapporto tra Achille e Ulisse, simbolo di un’amicizia senza pudori e senza barriere, è in continuo climax durante il susseguirsi della storia, e finirà in modo malinconico e delicato, grazie ad un gesto generoso di Achille, che permetterà ad Ulisse di spiegare finalmente le ali verso la felicità e la libertà di scrittura, sempre «con la spada di una matita».