Accantonata la spensieratezza delle feste è finalmente giunto il momento di parlare di qualcosa di serio, ossia un regista che, nonostante non sia stato molto prolifico (si contano infatti all’attivo solo quattro pellicole dirette da lui), ha saputo lasciare una grande impronta nel cinema horror moderno. Sto parlando di Pascal Laughier regista di Saint Ange, Martyrs (disponibile su Amazon prime video), I bambini di Cold Rock e La casa delle bambole.

La sua prima opera, Saint Ange, benché non sia molto conosciuta, mostra il talento del giovane regista, anche se la sua regia risulta ancora impersonale e derivativa del cinema di genere italiano di Fulci, Bava e Argento. Nel 2008 dirige Martyrs la pellicola che lo rese famoso a livello internazionale, che creò scandalo per la sua efferata violenza, tanto da essere inizialmente vietato ai minori di 18 anni in Francia – cosa che non accadeva da vent’anni – e, dopo un ricorso da parte dei produttori, venne ridotto a 16. Nonostante il film non sia adatto a tutti, riuscì comunque a conquistare critica e pubblico, tanto da aprirgli le porte di Hollywood dove girerà la sua opera più commerciale: I bambini di Cold Rock. La pellicola però è un flop di pubblico e critica: questo porterà Laughier a tornare al cinema indipendente con La casa delle bambole, film che conquista pubblico e critica anche se non raggiunge i fasti di Martyrs.

Le opere di Pascal Laughier sono immediatamente riconoscibili grazie ai suoi stilemi narrativi che le accomunano tra cui i più famosi sono: le protagoniste femminili – per la loro maggior sensibilità -; l’home invasion, decostruendo la casa come luogo sicuro, e i colpi di scena che ribaltano totalmente la prospettiva dei film. Infine, il più importante a mio avviso, la distruzione del concetto di famiglia.

In Saint Ange, la gravidanza della protagonista è frutto di uno stupro; in Martyrs la famiglia all’apparenza normale viene massacrata; ne I bambini di Cold Rock i pargoli vengono strappati alle loro famiglie dall’Uomo Alto e infine in La casa delle bambole l’omicidio della madre delle protagoniste.

Laughier riesce così a distruggere tutte le sicurezze dello spettatore: casa e famiglia non sono più sinonimi di sicurezza e i colpi di scena rendono imprevedibili gli sviluppi della trama, confondendoci come le protagoniste dei film. Quando niente è più sicuro tutto diventa pericolo  ed è allora che è possibile notare il fil rouge delle opere di Laughier ossia la sofferenza.

Un dolore analizzato in ogni film con un occhio diverso: in Saint Ange si affronta il calvario della malattia, che sia essa mentale o fisica, ma anche gli echi delle atrocità passate: nel film i rimandi ai nazisti e ai bambini morti dell’orfanotrofio, che gridano allo spettatore come voci nella testa di un malato, che vorremmo ignorare ma non possiamo perché parte di noi.

In Martys, l’opera più intensa di Laughier, l’accettazione del dolore: la protagonista è privata di tutto ciò che la rende una persona e tutto è sostituito dal dolore; una volta che la protagonista avrà accettato la sofferenza di lei non rimarrà nulla, tanto che verrà privata anche della sua pelle, unico suo residuo di umanità, e potrà così trascendere.

Con questo film, Laughier vuole far accettare allo spettatore il fatto che tutto ci possa venir sottratto in un attimo, donandoci la consapevolezza di essere soltanto dei sacchi di carne.

Ne I bambini di Cold rock, il dolore derivato dal proprio luogo di nascita e dalla condizione sociale, in un paese dove i bambini non hanno speranze per il futuro, compare l’Uomo Alto, un essere che rapisce bambini per chissà quali scopi, un mostro delle favole, ma questa creatura altro non è che un uomo normale che li consegna a famiglie che possano garantire loro una vita migliore, dimostrando come i mostri non esistono o, meglio, di come i veri mostri non esistano ma ciò che fa veramente paura è il domani (emblematica la scena finale con due dei bambini rapiti che si incontrano per caso con le loro rispettive nuove famiglie e si ignorano come a esorcizzare un passato che si sono lasciati alle spalle).

Ne La casa delle bambole per trovare sollievo nelle proprie fantasie per sfuggire al dolore della realtà o, per meglio dire, del diventare adulti, la giovane protagonista fugge dai suoi problemi in una realtà ideale, entrando in uno stato comatoso, diventando di fatto una bambola, con fattezze umane ma priva di volontà, finché non ritorna in contatto con la realtà e lotta per la propria vita. Passa così dall’essere una bambina, priva di volontà e fragile come una bambola, fino a diventare una donna, rinascendo nel sangue come annunciato dal primo sangue mestruale a inizio film. Una parabola della crescita in cui non tutto andrà come sperato ma bisognerà lottare perché il dolore è parte della vita di ogni adulto e bisogna affrontarlo. Ovviamente queste sono semplificazioni del dolore esistenziale descritto nei film di Laughier. Spero, almeno, che questo breve approfondimento vi spinga a scoprire o riscoprire le strazianti opere di Pascal Laughier.