Nell’articolo di oggi parleremo di Berthe Morisot, pittrice troppo spesso relegata alla semplice definizione di “donna dell’impressionismo”. Un’accezione, quest’ultima, che pone in primo piano il suo essere donna e poi  successivamente esponente di uno dei momenti salienti dell’arte del XVIII secolo nel quale ebbe un ruolo di estrema rilevanza.

Berthe nasce nel 1841 in una ricca famiglia della borghesia francese. Fin da bambina i genitori ne riconoscono la vocazione artistica e ne supportano la carriera. Berthe e la sorella Edma, anch’essa pittrice già in giovane età, si formeranno entrambe presso lo studio di Jean-Baptiste-Camille Corot e in seguito il padre affitterà loro un piccolo studio in cui portare avanti la passione per la pittura. 

La Morisot apparteneva ad una società in cui il ruolo della donna era ancora fortemente relegato alla dimensione domestica e, pur condividendone alcuni ideali, si pone controtendenza ad essa. Ricerca la sua indipendenza attraverso la pittura e non rispetta nel suo lavoro i canoni imposti dai colleghi che come lei appartengono all’impressionismo. Le sue pennellate non sono quelle di Monet, di Pissarro o di Degas. Il suo tratto è molto più frammentario, interrotto e indefinito rispetto a questi ultimi. Come è ben visibile nell’opera Giovane donna in grigio sdraiata il corpo dipinto sembra svanire, mescolarsi con l’arredo e con altri elementi della scena in una nuance omogenea che ne offusca i lineamenti.

I suoi soggetti prediletti sono le donne, protagoniste della tela non per la loro sensualità o  per i loro corpi ammalianti, ma per il loro semplice essere donne. Quelle della Morisot sono femmes comuni, madri e mogli, ma il suo modo di rappresentarle pone l’osservatore, o forse dovremmo dire l’osservatrice, in diretta relazione con esse innescando una sorta di immedesimazione. È come se guardando l’opera lo spettatore diventasse doppiamente protagonista, colui che osserva e colui che viene osservato. Si tratta di pitture intime, ricche di profondità dove la donna non esiste nella sua dimensione di oggetto dello sguardo maschile, ma come animo.

Uno dei soggetti preferiti della pittrice fu la sorella Edma. Quest’ultima si sposò nel 1869 abbandonando definitivamente la carriera artistica. Edma sarà sempre un punto di riferimento per Berthe, il  suo metro di paragone e modello. Nella società ottocentesca avere una sorella era un’occasione di socializzazione, di creazione di un forte legame di amicizia e la separazione era spesso fonte di dolore. È proprio questo ciò che accade a Berthe quando, lontana dalla sorella, inizia a dipingerla sempre più spesso, in ogni occasione d’incontro possibile. La raffigura come donna elegante, raffinata, come madre, moglie. Tutte qualità a cui aspirare. Sappiamo che Berthe si sposerà solo nel 1874. Con il passare degli anni, Edma diventerà sempre più una figura evanescente, un qualcosa di perso. Con il matrimonio e la successiva nascita della figlia Julie Berthe abbandonerà questa sua parentesi pittorica.

Fu apprezzata dai suoi stessi colleghi, in particolar modo da Manet, suo cognato, che ne conserverà in camera da letto tre opere; fin da subito sarà fonte di ispirazione per molte altre pittrici come Joan Mitchell che ne seguì le orme divenendo esponente della seconda generazione dell’espressionismo astratto. Troppo spesso dimenticata, Berthe Morisot è una figura che ancora oggi ha molto ancora da raccontare.