La disuguaglianza di genere è un argomento molto importante e da non sottovalutare: cercare di ridurre il gender gap è fondamentale non solo per ragioni etiche, ma anche perché l’esclusione sociale può portare a una riduzione generale del welfare di un paese.

Secondo il World Economic Forum’s Global Gender Gap Report, il gap tra generi è ancora molto largo. Il Global Gender Gap Index è un benchmark che traccia l’evoluzione delle differenze tra uomini e donne e tiene conto, nel tempo, del progresso verso la chiusura di questo gap. L’indice lavora secondo quattro dimensioni chiave: la partecipazione e le opportunità economiche, l’educazione, la salute, e il potere politico di un individuo (Economic Participation and Opportunity, Educational Attainment, Health and Survival, Political Empowerment). Globalmente, la distanza media che è stata completata per raggiungere la parità è al 68%, addirittura meno rispetto al 2020. Questi risultati sono per spiegati con il declino delle misure sociali di molte nazioni, soprattutto quelle in via di sviluppo. Da ora in poi serviranno circa 135.6 anni per chiudere il gap in tutto il mondo.
Questi dati mettono i brividi, i gap più sostanziosi rimangono quelli in potere politico, chiuso solo al 22%, e quello in partecipazione e opportunità economica, chiuso al 58%: effettivamente pochissime donne sono in politica e i numeri sono molto bassi anche considerando posizioni manageriali e professionali ad alto livello. Inoltre, la strada per il raggiungimento di un pari ed equo stipendio è ancora molto lunga.

Il caso dell’India

Come già accennato, questo scarto tende a peggiorare se consideriamo paesi in via di sviluppo in cui la povertà, l’analfabetismo e la completa mancanza di risorse e aiuti (sia sociali che economici), non migliora la posizione della donna. Inoltre, molte civiltà fondano le proprie origini su tradizioni e culture che hanno sempre discriminato la figura femminile, svalutandola e mettendola da parte.
Ad esempio, l’India è un paese caratterizzato da una lunga e radicata discriminazione sociale che è originata dalle antiche tradizioni dei matrimoni combinati e dal fatto che la società sia strutturata in caste. L’India presenta spesso dati statistici e indicatori economici e sociali molto più bassi rispetto a quelli di altri paesi in via di sviluppo con caratteristiche simili, come ad esempio il livello di reddito pro-capite, il tasso di mortalità, la malnutrizione, l’uso di contraccettivi, la fertilità etc.

Dopo aver dichiarato la propria indipendenza nel 1947, l’India ha adottato un sistema democratico di governo molto simile a quello del sistema parlamentare britannico. Questo radicale cambiamento avrebbe dovuto giovare alle condizioni della donna, garantendo eque opportunità lavorative e gli stessi diritti. Eppure, questo non è stato il caso, e la seguente tabella mostra diverse statistiche riguardanti le disuguaglianze della nazione:

World development indicators (2019) Male Female

Labor force participation rate (% of population aged 15+, national estimate)

75.8

26.2

Labor force with advanced education (% of working age population with advanced education)

80.99

30.57

Educational attainment at least primary (% of population 25+ years)

85.04

78.8

Educational attainment upper secondary (% of population 25+ years)

41.6

34.6

Literacy rate (% of population)

84.7

70.3

Median gross hourly salary (₹)

242.49

196.3

Source: own elaboration based on data retrieved from Gender Statistics database (The World Bank), Monster Salary Index (MSI) published in March 2019 and the National Statistical Office (NSO)

Infatti, l’India si classifica 140esima tra 156 paesi nel World Economic Forum’s Global Gender Gap Report 2021, diventando la terza peggiore performer in Asia del Sud.

Uno dei più grandi problemi che contribuiscono a questa persistente disparità è la sotto rappresentazione delle donne in politica, a livello nazionale o locale, a causa di norme culturali, barriere politiche e discriminazioni.
Nel 1971, un comitato sulla condizione delle donne è stato nominato per analizzare ed esaminare la loro posizione nelle opportunità politiche. Il rapporto del comitato, intitolato Towards Equality e pubblicato nel 1974, concludeva che l’impatto delle donne in politica era marginale anche se numericamente erano la minoranza più numerosa: il comitato ha proposto che ogni partito politico stabilisse una quota per le candidate come misura correttiva.
Nel 1992, il 73° emendamento costituzionale indiano ha imposto un decentramento di vasta portata istituendo un sistema di consigli a tre livelli: di distretto, di blocco e di villaggio. A livello di villaggi, i gram panchayat (GP) rappresentano il livello più basso del governo locale, composto da un presidente (pradhan o sarpanch) e dai membri del consiglio eletti dai rioni del panchayat. Le responsabilità del gram panchayat includono: la fornitura di servizi pubblici in materia di sanità, istruzione, acqua potabile e strade; fissare le tariffe e amministrare le tasse locali; l’amministrazione, la formulazione e l’attuazione di piani di sviluppo locale; la selezione dei beneficiari e l’attuazione dei programmi sociali ed economici sponsorizzati dal governo centrale. Le assemblee regolari (gram sabhas) di tutti gli elettori nel GP hanno lo scopo di monitorare le prestazioni e aumentare la responsabilità.
Inoltre, l’emendamento prevedeva che un terzo dei seggi in tutti i consigli del Panchayat, così come un terzo delle posizioni di Pradhan, dovesse essere riservato alle donne, le così dette quote rosa. La prenotazione è stata assegnata casualmente tra i villaggi.

Le quote rosa: una via di cambiamento?

In un articolo pubblicato dal Journal of Development Studies (giugno 2011), tre ricercatori hanno analizzato come questa politica di quote rosa ha impattato sui risultati politici di questi consigli di villaggio. I dati utilizzati provenivano da un’indagine rappresentativa a livello nazionale di 233 villaggi nell’India rurale, condotta nel 2007 dal National Council of Applied Economics.
Il set di dati contiene informazioni relative alle diverse caratteristiche del villaggio e alle caratteristiche relative al nucleo familiare di ciascun intervistato. Ogni membro della famiglia di età pari o superiore a 16 anni ha fornito le seguenti informazioni: informazioni personali (quali sesso, età, istruzione, casta, matrimonio, religione…); la sua opinione personale sulla performance del panchayat alla data attuale (2007); la frequenza e natura della sua partecipazione alle riunioni di gram sabha; la sua disponibilità a contribuire ai beni pubblici.
La variabile esplicativa di interesse, ovvero quella che è stata utilizzata per poter poi valutare l’introduzione delle quote rosa, è lo stato di prenotazione di ciascun villaggio, quindi se nel villaggio è stata imposta (reserved village) o meno (unreserved village) la prenotazione femminile durante le ultime tre elezioni. Questo è molto importante per poter fare un’analisi precisa, confrontando villaggi in cui le donne avevano diritto di partecipare alle riunioni e alla vita politica, e villaggi in cui il ruolo femminile in politica è rimasto emarginato.

La letteratura sulle quote di genere non è unanime. Da un lato i ricercatori ritenevano che l’attuazione del potenziamento politico femminile potesse garantire un migliore sviluppo e aumentare l’utilizzo del potenziale umano della società; come? Dando più voce alle donne, portando a un aumento delle segnalazioni di reati e una maggiore resistenza alla violenza, fornendo maggiori investimenti in sanità e istruzione e garantendo maggiori sforzi per attuare riforme fondiarie redistributive e una legislazione successoria favorevole alle donne con meno corruzione.
D’altra parte, i critici osservano che tali misure possono portare in carica individui con meno esperienza e qualifiche e che potrebbero essere facilmente manipolati dalle élite tradizionali (ad esempio le donne potrebbero venir costrette a fare determinate cose dai mariti o dalla famiglia).
Il contributo degli autori dell’articolo a questa letteratura consiste nell’analizzare se la prenotazione femminile nei villaggi ha impatti positivi o negativi sulla comunità locale, in particolare misurando il suo effetto su diverse variabili di esito, come la percezione degli elettori sul livello di trasparenza e responsabilità del consiglio, la disponibilità dell’elettore a partecipare alle riunioni e a contribuire ai beni pubblici.

I risultati trovati sono molto interessanti. Gli autori hanno notato che nei villaggi riservati, quindi quelli con le quote rosa, c’è stato un netto miglioramento sotto tanti punti di vista.
Innanzitutto, secondo gli elettori, avere una donna al potere aumenta la facilità con cui possono essere risolti i problemi locali e un miglioramento per quanto riguarda la corruzione e la responsabilità dei funzionari per i loro compiti. Inoltre, avere più donne in politica ha portato l’aumento del tasso di partecipazione e presenza agli incontri, consentendo anche alle donne, fino ad allora escluse, di poter esprimere la propria opinione e di diventare sempre più sicure di sé e indipendenti.
Infine, gli autori hanno notato più volontà da parte dei membri del villaggio nel contribuire economicamente ad alcuni beni pubblici, come l’acqua, le strade, la corrente elettrica e gli investimenti in sanità, salute ed educazione. Queste donazioni hanno permesso di migliorare le condizioni di vita dei villaggi, fornendo maggiori risorse e qualità dei servizi.
Dall’analisi è anche emerso che, per ottenere i benefici dell’inserimento delle quote rosa, c’è bisogno di tempo. Bisogna permettere alle donne di imparare a sfruttare le opportunità per far sentire la propria voce. Questo processo di apprendimento è qualcosa che avviene su orizzonti più lunghi: da un lato le donne necessitano di tempo per imparare e farsi rispettare, dall’altro lato gli uomini hanno bisogno di tempo per abituarsi ad avere una figura femminile al comando.

Si può quindi concludere che, nel complesso, la riserva femminile ha avuto un impatto positivo sugli esiti politici dei consigli dei villaggi rurali. Le quote rosa aumentano il livello e la qualità della partecipazione ai processi politici, della capacità di chiedere conto ai funzionari locali e della volontà degli individui di contribuire a diversi tipi di beni pubblici.
Questo è sicuramente un bene per la società, è importante che ci si renda conto dell’importanza dell’inclusione. Visti i risultati della ricerca, è evidente che sarà impossibile raggiungere risultati positivi nel breve periodo, ma che permettendo alle donne di farsi valere, di partecipare e di poter contribuire alle dinamiche della società, nel lungo termine le condizioni di vita non possono che migliorare, sia da un punto di vista sociale, che politico, che economico.