È passato un anno da quando è arrivata la notizia che un nuovo virus stava iniziando a espandersi in tutto il mondo e che sarebbe stato necessario adoperarsi per fronteggiarlo. In questo periodo i ritmi e le abitudini delle persone sono radicalmente cambiati, con la didattica a distanza, le innumerevoli, ma essenziali misure di sicurezza, i lockdown e la chiusura di moltissime attività della nostra penisola. Insomma, il COVID-19 ha sconvolto tutti e milioni di persone si sono ritrovate a dover affrontare all’improvviso situazioni sgradevoli, sia personali che economiche.
In Italia i dati sulla situazione economica sono allarmanti: circa il 7.7 per cento degli italiani vive in condizioni di povertà assoluta e non ha le risorse necessarie per il sostentamento, mentre il 14.7 per cento si trova in una posizione di povertà relativa ed è in difficoltà rispetto al livello economico medio della nazione. Molti lavoratori non possono contare su una rete di sicurezza sociale e la spesa pubblica è aumentata enormemente, soprattutto in settori come quello della sanità e dello smaltimento di rifiuti speciali (per smaltire o sterilizzare mascherine, guanti e altri sistemi di protezione).

In un clima così instabile e critico, la criminalità organizzata è riuscita a trarre dei vantaggi.
Le mafie sono multinazionali e, come tutte le organizzazioni internazionali, sono state colpite duramente dalla pandemia: le rotte della droga sono state bloccate e i canali per il traffico di esseri umani si sono ristretti. Anche i ristoranti, luoghi comuni per il riciclaggio di denaro, hanno dovuto chiudere e hanno perso i propri clienti. Da sempre, però, le mafie sono state brave a trovare grandi opportunità in momenti di crisi e malfunzionamento del paese. Capire come ribaltare la situazione a proprio vantaggio e guadagnarci è il loro punto di forza.
La pandemia ha offerto alla criminalità organizzata un’occasione imperdibile: rafforzare il controllo sul territorio. Federico Varese, professore di criminologia a Oxford ha scritto che «alcuni gruppi criminali sono alla ricerca di una merce preziosa e intangibile: la legittimità che si fonda sul consenso sociale»; così si guadagnano il rispetto e la fiducia dei locali, i quali diventano debitori: se si accetta un favore dalla mafia, poi verrà chiesto di ricambiare, prestando un telefono, votando per un candidato alle elezioni, ospitando una riunione, nascondendo un pacco o una persona. È una strategia antica, anche se solo recentemente è stato coniato il termine welfare mafioso.
In primavera 2020 a Palermo, mentre molte famiglie facevano fatica a fare quadrare i conti e il governo continuava a far rimanere tutti a casa, alcuni boss mafiosi si sono messi a distribuire pacchi di pasta in piazza. In Campania la Camorra ha sospeso il pizzo e ha cominciato a regalare zucchero e caffè. Sono diventati i Robin Hood del COVID-19, allargando la propria rete di contatti e potenziando il loro controllo sul territorio.
Nell’ultimo anno la criminalità organizzata si è diffusa notevolmente anche in quelle regioni che prima erano poco associate con l’attività mafiosa, ad esempio l’Emilia-Romagna. Sia gli episodi di usura che le denunce sono aumentati, l’obiettivo degli strozzini non è solo il guadagno, ma anche avere il controllo delle aziende quando il debitore non può pagare: gli imprenditori diventano burattini in mano agli usurai e la criminalità continua a circolare.
È nel riciclaggio e negli investimenti che oggi il crimine organizzato è più attivo: è la cosiddetta mafia trasparente, talmente pulita che non si nota neanche.

Il governo italiano si trova in estrema difficoltà: non offrire aiuti e prestiti significa spingere persone e aziende verso attività criminali, offrirli significa attirare l’attenzione e le intercettazioni mafiose. In tutto questo l’Italia sta per ricevere un notevole aiuto economico dal Fondo per la ripresa e, da sempre, la ‘ndrangheta ha dimostrato di avere le amicizie giuste ai vertici delle istituzioni nazionali e internazionali per intercettare questi fondi. È una situazione estremamente delicata, pur avendo leggi rigorose e agenzie dedicate a trattare determinate circostanze.
Il 13 gennaio 2021 è iniziato un processo alla ‘ndrangheta a Lamezia Terme in Calabria, il più grande degli ultimi trentacinque anni. Più di novecento testimoni saranno ascoltati in una sala enorme trasformata in tribunale per ospitare più di mille persone tra giudici, avvocati e pubblico. La maggioranza degli imputati non rispecchia lo stereotipo dell’italiano mafioso (un tarchiato fumatore amante del cibo e dei bordelli), al contrario è costituita da professionisti, ragionieri, avvocati, dirigenti d’azienda, politici e perfino poliziotti che indossano abiti eleganti.
Questo dimostra che la mafia attuale si sta allontanando sempre di più dai luoghi comuni e che è ovunque.

Negli anni sono state vinte numerose battaglie contro le organizzazioni criminali; la maggior parte degli italiani ha un forte senso civico e ama il proprio paese. Se la crisi dovuta al Coronavirus contribuirà a unire ancora di più il paese, a insegnare il valore delle regole e a diffondere un’idea di condivisione e armonia, allora continueremo a sviluppare i giusti anticorpi contro le attività criminali, combattendole e, eventualmente, sconfiggendole.