Recensione film

Quando le buste saranno state consegnate ai loro destinatari, vi sarà data una lettera, il silenzio verrà rotto, una promessa mantenuta, e sulla mia tomba potrà posarsi una lapide, e su di essa il mio nome, alla luce del sole.”
(da
La donna che canta, di Denis Villeneuve)

In molti hanno sicuramente visto al cinema Dune – Parte 2, diretto da Denis Villeneuve, o perlomeno ne avranno sentito parlare. In troppi pochi conoscono però uno dei film più belli diretti dal regista, La donna che canta (titolo originale Incendies). Tratto dall’omonima opera teatrale di Wajdi Mouawad, ha ricevuto la nomination come miglior film straniero agli Oscar del 2011.

La trama si sviluppa nel corso della guerra civile libanese e narra l’indagine di due fratelli sulla vera storia della madre, Nawal Marwal, appena defunta. Il film inizia in medias res, senza spiegoni o premesse. Un paesaggio arido, palme, grilli in sottofondo. Poi, una canzone lenta, dolce. La macchina da presa retrocede dietro a una finestra, la canzone sempre più forte. Bambini affollati, sporchi, feriti, le espressioni stravolte. Uomini in divisa rasano loro i capelli, che cadono a ciuffetti per terra, neri e irti. Un particolare sul tallone di uno dei bambini: un tatuaggio di tre puntini in colonna. E poi, quello sguardo. La macchina da presa avanza lentamente, si lascia penetrare da quegli occhi tanto giovani quanto scuri, devastati dalle tenebre. Gli occhi di un bambino senza nome, ma che ci guardano accusatori? Imploranti? Provocatori? Ricchi di odio? Difficile dirlo, sono solo i primi due minuti e venti secondi del film. Non vi è alcuna comprensione. Eppure Villeneuve, con quello sguardo, ci ha già catturati. Siamo complici inconsapevoli di quanto sta accadendo a quel bambino, e lui ci guarda, lo sa che ci siamo. Ma noi siamo solo spettatori, e nulla abbiamo in potere se non conoscere quella terribile storia che già inizia ad addensarsi come una nebbia. Un indizio da tenere bene a mente: quel tatuaggio, Villeneuve lo fissa e lo rende ben evidente.

1+1 può fare 1? È con questa criptica domanda che il mistero si dirada. La catena dell’odio da rompere: gli anelli sono sia l’amore sia l’orrore. Una grande promessa da mantenere.

Dove comincia la vostra storia?, chiede Nawal ai figli. Dove comincia la vostra storia?, chiede Villeneuve a noi. La chiamavamo la “donna che canta” perché cantava, sempre.