L’isola dell’abbandono, libro di Chiara Gamberale pubblicato nel 2019, si apre con una dedica: “a chi resta”.

E questa fa sorridere una volta che si conclude questo intenso romanzo psicologico che parla prevalentemente della paura di essere abbandonati.

Secondo la versione più accreditata del mito di Teseo e Arianna, si racconta che Teseo, figlio di Egeo, re di Atene, riuscì a sconfiggere e uccidere il Minotauro solo grazie all’aiuto di Arianna, la figlia del re di Creta, Minosse. La fanciulla, innamorata di Teseo, gli aveva strappato la promessa di portarla via con sé, in cambio di un filo da dipanare lungo il labirinto dove era rinchiuso il Minotauro in modo che l’eroe ne uscisse sano e salvo. Tuttavia Teseo, una volta compiuta l’impresa, non rispettò la promessa e quando giunse con le sue navi sull’isola di Nasso per far rifornimento, abbandonò Arianna sulla spiaggia mentre dormiva. Ad oggi si crede che l’espressione “piantare qualcuno in asso” – nel senso di abbandonare qualcuno – derivi proprio da qui: la formula “in Nasso” si sarebbe trasformata, per semplificazione fonetica, nell’attuale “in asso”. 

Questo mito è il fulcro del romanzo stesso, perché Arianna, la nostra protagonista, verrà davvero abbandonata dal suo grande amore sull’isola greca di Naxos.

Ma procediamo con ordine: Arianna è diventata da poco madre di Emanuele, ed è, per ora, single (o gengle, cioè “genitore single”). Ha scelto di non continuare la sua storia con Damiano, padre di suo figlio e psicoterapeuta molto più vecchio di lei, e decide di scrivere ad Emanuele una lunga lettera in cui gli racconta tutto quello che è successo nella vita di sua madre prima del suo arrivo. Il romanzo non è però, come potrebbe sembrare all’inizio, una riflessione sulla maternità (tema comunque rilevante ma che viene affrontato lateralmente, all’inizio e alla fine della storia) ma è una lunga e profonda analisi di un amore sconfinato e totale, ma letale, dipendente e tossico.

Si torna, quindi, indietro nel tempo e si scopre che Arianna è stata fidanzata per anni con Stefano, un giovane architetto che soffre di una forma abbastanza grave di bipolarismo e che non è in grado di tenere sotto controllo la sua vita. Arianna vive gli alti e bassi del fidanzato come se fossero suoi, gli fa “da madre”, annullando completamente la sua personalità per adeguarsi alla sua. La ragazza è un’illustratrice per bambini e inventa storie che ricalcano effettivamente l’umore del suo fidanzato. Soffre per i continui tradimenti e ricadute di lui ma non riesce a mollare la presa. Stefano, infatti, la convince sempre a restare dicendo che per lui lei è essenziale, che non potrebbe vivere senza di lei e così il peso della malattia e dell’incapacità di stare al mondo di lui diventano anche di lei. Parafrasando una frase del libro: è come se si considerasse una vittima la persona che in realtà fa male proprio a noi. Ma Arianna questo non lo capisce, finché non viene abbandonata. 

In una vacanza sull’isola greca di Naxos, Stefano la pianta definitivamente in asso: fugge di punto in bianco a Londra con una turista incontrata lì sul posto, senza dare spiegazioni. L’abbandono è brutale proprio perché improvviso; Arianna si sente privata di una parte di se stessa e non capisce come il mondo possa sembrare sempre esattamente lo stesso, nonostante tutto il dolore che lei stessa sta patendo. 

Dallo strappo inevitabile che segue all’accaduto, Arianna inizia un lungo percorso di introspezione in se stessa: in questo nuovo viaggio la accompagneranno altri due uomini (uno è un certo Di, che Arianna conosce sempre sull’isola, e l’altro è appunto Damiano) che le faranno capire che il suo attaccarsi morboso ad una persona come Stefano deriva solo dal suo terrore di essere abbandonata, tanto che infatti una delle sue paure più grandi è sempre stata quella di perdere le persone care attorno a lei. Non era capace di vivere una fine, di amarsi in primis e di venire ricambiata come si meritava. 

La nostra Arianna, dunque, non è l’Arianna del mito: non è un’eroina ma è piena di contraddizioni e paure. È una persona molto ansiosa per il figlio e sempre insoddisfatta di se stessa, come donna e come madre. Ci si può identificare facilmente con lei perché soffre, patisce, ama disperatamente qualcuno che non può offrirle nulla e la fa soffrire a sua volta, cade e si dispera ma si aggrappa alla vita con tutta se stessa. E poi, con un figlio e quindi con una nuova vita che fa ricominciare tutto da zero, prova definitivamente a far ordine attraverso la scrittura e a ritrovare, una volta per tutte, la sua identità.