Quando si parla di pensione, ci capita spesso di incappare in alcune frasi fatte del tipo “La pensione chissà se la vedrò”, “Lavoreremo tutta la vita, non la vedremo mai” e molte altre frasi simili. Il sentimento più comune radicato nella maggior parte degli Italiani rimane comunque una fiducia, seppur lieve, nello Stato, che si basa sul fatto che lo Stato c’è stato in passato e quindi ci sarà anche in futuro. La verità è che la situazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) non è affatto rosea. In molti esperti hanno denunciato le condizioni dei conti di quello che dovrebbe essere il nostro garante di una buona condizione futura dal punto di vista previdenziale. 

Facciamo però un passo indietro: molto legata al concetto di pensione è la liquidazione ossia il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), una quota percentuale, circa il 6,91% del reddito lordo annuo, che ciascun lavoratore dipendente matura durante il proprio rapporto di lavoro e lo stesso datore di lavoro dovrà liquidargli alla fine di tale rapporto di lavoro. Il concetto di liquidazione è nato nel 1927 e serviva per riconoscere un somma al lavoratore che gli permettesse di vivere fino alla finestra successiva di pensionamento. Ad oggi, comunque, la liquidazione è una componente importante per coloro che sono prossimi alla pensione. Merita qualche considerazione anche il sistema di gestione ed erogazione delle pensioni, in quanto c’è stata un’ evoluzione, si è passati infatti dal sistema retributivo a quello contributivo. Il primo era considerato il sistema più corretto in quanto prendeva in considerazione una media delle retribuzioni degli ultimi anni considerando fino a quarant’anni di contributi versati. Il sistema contributivo, quello attuale, invece, si basa sulla somma dei contributi versati moltiplicata per un coefficiente di trasformazione che va di pari passo con l’età di pensionamento. Questo tipo di sistema penalizza chi ha difficoltà a trovare un lavoro stabile, con contributi versati costantemente. Questo cambiamento, dal primo al secondo sistema, si è avuto con la legge Dini del 1995, che, per la fase di transizione, ha varato un sistema misto composto da entrambi i metodi di calcolo. 

Questo tema ha suscitato e sta suscitando molta preoccupazione nelle fasce di lavoratori più giovani per diverse motivazioni tra cui la difficoltà di trovare un lavoro stabile e la crisi demografica che stiamo attraversando dovuta soprattutto alla denatalità. Lo Stato, tuttavia, ha emanato nuovi provvedimenti circa una decina d’anni dopo la legge Dini, promuovendo anche in Italia lo strumento del fondo Pensione. La legge che li introduce fu varata nel 2005 e successivamente modificata nel 2007. Lo Stato, tramite questa misura, ha dato una via d’uscita a questo problema e sta promuovendo sempre più un’adesione collettiva da parte dei lavoratori dipendenti a questi fondi, in modo tale da “alleggerire” in un certo senso l’INPS. Un primo vantaggio derivante dall’adesione a questi fondi è un forte sgravio fiscale, sia che si aderisca tramite un versamento volontario sia che sia aderisca tramite il versamento del proprio TFR. Il secondo grande vantaggio è la rivalutazione mediamente superiore che i fondi riescono a garantire rispetto all’INPS. L’adesione a questi fondi è in crescita lenta ma costante, sinonimo che molte persone hanno compreso l’importanza di tutelarsi di fronte a questo problema.