Febbraio, il mese breve che ci siamo appena lasciati alle spalle, è, da anni immemori, per noi italiani il mese del Festival di Sanremo. La kermesse, fiore all’occhiello della programmazione annuale Rai, ha raccontato gli ultimi sessantasette anni della storia nostrana attraverso parole accompagnate da melodie che sono entrate nella mente di ognuno di noi, simboli di generazioni e di epoche diverse tra loro. Ma quanto, sport e musica, artefatti umani tra i più pregiati soprattutto nel ventesimo secolo, hanno saputo dialogare in tutti questi anni? Abbiamo provato a capirlo attraverso un giochino divertente, che ci ha portato a saltare dal Dopoguerra al Sanremo dei social network, dalle montagne canadesi ad un paese dell’Emilia Romagna.
La nostra storia parte dal lontano 1959, quando, mentre alla nona edizione del Festival trionfavano Domenico Modugno e Johnny Dorelli con “Piove (Ciao ciao bambina)”, sempre di pioggia si parlava nel testo originale di “Come pioveva”, canzone arrangiata dai produttori del programma “Il musichiere” e presentata con una performance goliardica dal duo di “amici-nemici” Coppi e Bartali. Accompagnati sul palco dallo storico conduttore Mario Riva i due ciclisti cantavano (non proprio con una tonalità eccellente) la loro amicizia al di fuori delle mille battaglie sportive vissute sui pedali, a cavallo tra gli anni ’30 e ’40, partendo da un “C’eravamo tanto amati” per poi ironizzare su un tema che sarebbe diventato centrale nei decenni successivi, quello del doping nello sport. Un video da lacrimuccia.

Lo avevamo detto, il nostro è un viaggio nel tempo e nella storia e ci porta ad una data precisa: il 27 febbraio 1988, giorno della finale di Sanremo. Sono le ore 22 del sabato sera più atteso dagli italiani, che si sono ormai abituati a convivere con il piccolo schermo e che stanno per assistere al crollo di quel muro che quando Coppi e Bartali cantavano era ancora là da venire. Sul palco dell’Ariston Miguel Bosè e Gabriella Carlucci sono ormai pronti a svelare il vincitore tra i tre favoritissimi: Massimo Ranieri, Toto Cutugno e Luca Barbarossa. Trionferà il primo, con “Perdere l’amore”, ma non prima che, a grande richiesta del pubblico presente al Palarock (sala in quegli anni legata all’Ariston), la serata fosse interrotta per assistere all’impresa di Alberto Tomba, detto “La bomba”, che a Calgary, sulle montagne nordamericane che facevano da contorno alla XV Olimpiade invernale dell’era moderna, stava per affrontare la seconda manche dello slalom speciale da favorito. Tomba, sospinto da un pubblico di 20 milioni di spettatori, trionferà, riscrivendo la storia dello sci: l’Italia che cantava un romantico amore perso ne aveva appena trovato uno nuovo a ritmo di rock e sterzate.

Nemmeno un anno e mezzo dopo, nel giugno 1990, un’altra pagina da leggenda. Questa volta a scriverla sono due giovani cantanti, pronti a spiccare il volo verso una carriera che non si discosterà mai però troppo da quel testo: Edoardo Bennato e Gianna Nannini. Difficile definire le emozioni di quel giorno, se non rievocandole con il nome che le celebra da sempre, “Notti magiche”, e con un video, forse un po’ lungo, ma che meglio di altri racconta i brividi di caldo vissuti in quei giorni. L’Italia ospita un Mondiale e dice “Ciao”, come il nome della mascotte della rassegna, al mondo tutto, esultando con Totò Schillaci, simbolo del riscatto del Meridione negli anni in cui per molti lo Stivale era soprattutto sinonimo di mafia, e cantando a squarciagola versi diventati leggenda.

Da uno stadio maestoso come San Siro agli Stadio, per chiudere il nostro cerchio. Già, proprio il gruppo che lo scorso anno ha sbancato l’Ariston, emozionandolo con “Un giorno mi dirai”, è il filo conduttore del nostro viaggio, perché ha nel nome stesso ed in molti suoi singoli l’emblema del forte rapporto che lega note e prestazioni sportive. Tifosissimi del Bologna, a Sanremo Gaetano Curreri e soci hanno portato nella cittadina ligure e nelle case di milioni di italiani anche e soprattutto il loro amore per le imprese sportive, racconti ed esempi di vita in un’epoca sempre alla ricerca di riferimenti, riportando in auge due testi su tutti: “Gaetano e Giacinto”, dedicata a Gaetano Scirea e Giacinto Facchetti, indimenticati campioni di calcio e simboli di lealtà sportiva, e, soprattutto, “… E mi alzo sui pedali”, in ricordo di Marco Pantani. Proprio nel mese del “Pirata” di Cesena, morto nella notte di San Valentino di tredici anni fa, non si poteva che chiudere così.