Simone era rannicchiato sotto il suo letto nell’angolo più buio, quello tra la parete e l’anta bianca dell’armadio. Le mani piccole e paffute disponevano scrupolosamente in file di cinque alcuni areoplanini di carta, spolverandoli e controllando che fossero piegati nel modo giusto. Rimase fermo un attimo ad osservare lo spicchio di luce che si era posato sul suo schieramento di areoplanini.

Quel lampo di luce fu subito seguito da un tuono: «Simone, dove sei?»

I passi della madre si avvicinavano al letto.

Il bambino si infilò rapido tra uno scatolone ed un altro e in un attimo fu in piedi, tra la mamma e il suo rifugio.

«Hai il pigiama pieno di polvere, cosa facevi sotto il letto?»

Simone spostò il peso del suo corpo da una gamba all’altra in un dondolio incerto, le sue mani si cercavano per stringersi in un groviglio di dita in continuo movimento. Abbassò lo sguardo e sfregò tra di loro le ginocchia, fino a che il batuffolo di polvere che si era aggrappato alla morbida stoffa del pigiama non cadde a terra.

La madre proseguì: «Cosa hai fatto alla mia agenda?»

Il bambino aprì la bocca un paio di volte, ma il suo sforzo di dare una spiegazione finiva sempre in una silenziosa smorfia di disagio.

Alzò timidamente i grandi occhi neri sulla mamma, che teneva minacciosamente in mano l’agenda con le pagine strappate agitando quello che rimaneva dei suoi appunti davanti al suo viso.

Gli occhi di Simone iniziarono a rimbalzare velocissimi da un punto ad un altro della stanza fermandosi per pochi secondi su alcuni oggetti per poi scartarli e continuare nella loro ricerca.

«Non cercare scuse»

Allora Simone si chinò piano, strisciò sotto il letto con l’abilità di un esperto, di chi percorre quella strada tutti i giorni. Le sue piccole dita afferrarono con delicatezza gli aereoplanini. Dopo interminabili minuti il suo viso paffuto, incorniciato dai riccioli neri, fece capolino da sotto il letto. Si fermò ancora qualche secondo, Accovacciato sotto le assi di legno e poi, esitante, uscì dal suo nascondiglio, cercando di proteggere tra le braccia una pila di areoplanini.