In breve la storia del primo libro d’artista.

Golden Age, nell’ambito del fumetto, è un termnie che indica il periodo d’oro dei comics statunitensi che va, grosso modo, dalla fine dagli anni Trenta ai primi anni Cinquanta.

In questo ventennio, in cui i fumetti godettero di un incremento smisurato di popolarità, venne creato e definito l’archetipo del supereroe e alcuni dei personaggi tutt’ora famosi fecero la loro comparsa.

Non solo, in quegli anni si definì il vocabolario artistico di questo medium e le sue convenzioni creative grazie all’ingegno e all’impegno della prima generazione di autori, disegnatori ed editori.

La storia del fumetto moderno inizia con la comparsa di Superman – creato da Jerry Siegel e Joe Shuster – su “Action Comics” n.1 nel 1938, pubblicato dalla casa editrice americana DC Comics. La storia del libro d’artista contemporaneo comincia, secondo la quasi totalità della critica, con la pubblicazione nel 1963 di Twentysix Gasoline Stations di Edward Ruscha. Tale opera è ormai riconosciuta come il capostipite di questa espressione artistica perché, oltre ad essere il libro che ha creato la necessità di riconfigurare i termini di definizione delle pubblicazioni di stampo artistico (da non confondere con i cataloghi d’arte), ne costituisce sostanzialmente l’archetipo.

Questo volume di quarantotto pagine contiene ventisei riproduzioni fotografiche in bianco e nero di stazioni di servizio situate sulla Route 66 tra Los Angeles, città in cui l’artista risiede e lavora, e Oklahoma city, città dove invece è cresciuto. L’impaginazione grafica scelta da Ruscha sarà per lui il modello a cui farà riferimento per buona parte dei lavori successivi (tanto da dare l’impressione che fin da subito nella sua mente si stessero costruendo le linee guida di un progetto editoriale più grande), è semplice ma curata: l’immagine fotografica posta in alto lascia un ampio margine per la didascalia, posta sotto lo scatto, che identifica la stazione di servizio indicando il nome della compagnia, la località e lo stato in cui si trova. La stessa austerità nell’impaginazione la si ritrova anche nella composizione grafica della copertina, occupata unicamente dal titolo stampato in rosso.

Ruscha segue per intero le operazioni di realizzazione del libro occupandosi di sviluppare le pellicole e di stamparne i negativi nonché della disposizione delle immagini all’interno del volume, che tuttavia non segue un andamento temporale ma è dettato dal senso estetico del pittore californiano.

Twentysix Gasoline Station non è difatti, non avendone l’intenzione, una semplice operazione di documentazione o reportage del viaggio compiuto.

Il mezzo fotografico non è per Ruscha la testimonianza di un’esperienza come neanche un mezzo di espressione artistica ma piuttosto un veicolo per le idee; ne più ne meno dell’auto che da Los Angeles lo ha portato a Oklahoma city.

É comunque riconoscibile in questi scatti, un certo debito con la tradizione fotografica americana e in particolare con autori come Walker Evans e Edward Weston. Fuori da ogni dubbio è la vicinanza della ricerca di Ruscha alla Pop Art, nella scelta del soggetto come nell’impostazione, uniforme e quasi seriale delle fotografie, e alle ricerche minimaliste.

La freddezza “industriale” che denota la scelta di servirsi di tecniche industriali come la stampa offset, le alte tirature – 400 copie per la prima edizione nel 1963, 500 la seconda nel 1967 e 3000 nel 1969 – la mancanza di numerazione e autografo, il costo assai ridotto (3.00$) allontanano di parecchie lunghezze il libro di Ruscha dalla tradizione dei libri illustrati ottocenteschi realizzati per un mercato di nicchia e per pochi intenditori.

Il fine di Ruscha è quello di creare un prodotto artistico accessibile al grande pubblico e contemporaneamente sganciato dalle leggi di un mercato dell’arte proibitivo come quello “ufficiale”. La riproducibilità a costi assai contenuti e l’adattabilità a canali di distribuzione alternativi rendono il libro il mezzo ideale per la concretizzazione dell’obbiettivo posto da Ruscha: la democratizzazione dell’arte.

Nel 1967 Ruscha pubblicherà Royal Road test e poi Crackers nel 1969 basato su un racconto scritto da Mason Williams, amico di Ruscha, e incentrato sul primo appuntamento di una coppia che viene narrato, nel libro, dalla sequenza di un centinaio di fotografie in bianco e nero stampate a piena pagina. Le azioni fotografate sono talmente ravvicinate nel tempo da far pensare che alla base della realizzazione di questo volume ci fosse l’intenzione di creare un flip book ossia un volume che sfogliato velocemente dia l’impressione che le immagini al suo interno si animino.

Twentysix Gasoline Stations però rimane la più importante tra le creazioni a libro di Ruscha, esso è indiscutibilmente l’archetipo del libro d’arte contemporaneo come Superman è l’archetipo del supereroe.