«NON È NORMALE che si organizzino dibattiti con soli maschi e il punto di vista delle donne venga escluso.

NON È NORMALE che le atlete, anche quando vanno alle Olimpiadi o ai Mondiali, siano sempre dilettanti.

NON È NORMALE che il governo faccia task force, comitati, nomine e si dimentichi di inserirvi le donne.

NON È NORMALE questo e molto altro».

È così che comincia il libro Questo non è normale. Come porre fine al potere maschile sulle donne scritto da Laura Boldrini, deputata del PD ed ex presidente della Camera.
È un saggio dedicato a una grande battaglia di civiltà, che, mettendo in fila fatti, testimonianze e storie, fotografa un’Italia basata ancora sul modello patriarcale. La scrittrice riflette sulle discriminazioni di tutti i giorni, in ogni ambito della società. Ad ogni capitolo utilizza una parola chiave di presentazione (dominare, svilire, annientare, intimidire) per accompagnare il lettore fino al momento culminante del «mollare gli ormeggi», ovvero rompere il silenzio. 

Si parte proprio con un elenco di proverbi ritenuti espressione della saggezza popolare come «Donne e buoi dei paesi tuoi», «Donna al volante pericolo costante», «Donna baciata mezza guadagnata». Tutti frutto di una cultura maschilista dalla quale non abbiamo ancora preso le distanze perché purtroppo vengono pronunciati ancora oggi. Si vuole portare l’attenzione su cos’è il patriarcato: è patriarcato che nei libri sia il papà che lavora mentre la mamma fa le torte e stira, che la madre non possa trasmettere il proprio cognome ai figli, che i bambini abbiano a disposizione giochi che ne stimolano l’ambizione e la creatività mentre alle bambine sono destinate bambole e pentoline.
Inoltre il sessismo non è normale: ovunque campeggiano in maggioranza busti e ritratti di soli uomini, su cento vie non più di cinque sono dedicate alle donne, se sei una «donna con le palle» allora sei in gamba, se sei un uomo che «piange come una femminuccia» sei un debole.
Escludere le donne dal dibattito pubblico non è normale: è un modo per oscurale e controllarle. È fondamentale il punto di vista femminile nei media, ma in Italia i talk show televisivi sono dominati dagli uomini e le donne intervengono al massimo come moderatrici.
Il fenomeno della violenza di genere perpetrata nei confronti delle donne in quanto donne, e per nessun’altra ragione, è allarmante. Il femminicidio da parte di mariti, compagni, figli che dovrebbero soltanto amare non è assolutamente normale. E noi lo raccontiamo in tv dicendo che è la donna che se l’è cercata perché aveva il vestito troppo scollato o la minigonna, che è lei che l’ha provocato.
Oltre a ciò la Boldrini si sofferma su una questione che la riguarda da vicino: l’odio misogino. Le brutali minacce e l’odio incontrollato dilagano non solo online nei confronti di molte donne, soprattutto quelle che hanno il coraggio di alzare la voce e prendere posizioni scomode. Qui la denuncia è importantissima per far sì che non si sminuiscano questi fatti con doppi sensi, risate e luoghi comuni facendo finire tutto nel dimenticatoio.
Le donne devono sormontare i pregiudizi nel lavoro, nello sport, nei contesti processuali. Vi è poi la grande battaglia dell’aborto. In Italia l’obiezione di coscienza fa sì che si possa usufruire dell’interruzione di gravidanza in maniera molto limitata.
L’autrice arriva poi a chiedersi: ma perché nell’agenda della politica italiana si tende a rimuovere il femminismo? Perché si ritiene «roba da donne» la bassa occupazione femminile e la disfunzione del welfare, anziché un’emergenza? Perché il più grande partito progressista italiano, paladino dei diritti e dell’inclusione, è composto principalmente da uomini? La scrittrice suggerisce: «fino ad ora in Italia si sono succeduti sessantasette governi, tutti a guida e impronta maschile: non mi pare che le cose siano andate e vadano benissimo. Per quale motivo, allora, non vogliamo lasciare spazio alle donne, cioè alla maggioranza della popolazione?».

Per concludere viene presentata una figura politica importante ma spesso dimenticata dalla storia: Salvatore Morelli. Un femminista ante litteram che immaginava una società in cui anche le donne avessero diritti e potessero esprimere le loro opinioni. Fu il primo in Europa a presentare un progetto di legge per l’abolizione della schiavitù domestica e fu anche il primo a capire che si trattava di un’emergenza sociale che si sconfigge con le leggi ma anche con un cambiamento di mentalità.
Bisogna dunque essere vigili e fare un pezzo di strada nella società perché solo le leggi non bastano se il paese non segue. Se quotidianamente accettiamo queste storture della società non ci possiamo poi lamentare. Invece se vogliamo veramente cambiare le cose dobbiamo fare democrazia attiva. 

Se tutto questo non è normale per noi, dobbiamo alzare la voce e gridare BASTA:

«Se non cambiamo innanzitutto la nostra quotidianità, se non rifiutiamo le tante piccole e grandi ingiustizie avallate come normali da millenni di pregiudizi, non vi sarà mai quel mutamento necessario per vivere bene e non esistere e basta».