(In foto: La scrittrice, artista e career coach Emilie Wapnick, durante il suo Ted Talk di Aprile 2015)

Da un punto di vista biologico, crescere significa specializzarsi, perdere totipotenza per acquisire funzioni specifiche. Mentre cresciamo, nel nostro cervello la ricchezza delle reti neurali diminuisce, per permettere la stabilizzazione delle connessioni utili alle funzioni che sono proprie della nostra specie, necessarie per adattarci all’ambiente.  In altre parole, il nostro cervello sceglie di rinunciare ad alcune delle sue potenzialità e ne seleziona altre.

Nel mondo del lavoro e, prima ancora, in quello dell’istruzione, sembra regnare lo stesso principio: ad uno studente o a un lavoratore si chiede di scegliere un indirizzo, un ambito in cui specializzarsi e di cui diventare un esperto. Questa concezione della formazione è basata di fatto sull’idea che ognuno di noi nasce con un talento, con un “mestiere ideale” e che sia solo questione di trovare il proprio.

Questo è vero per alcuni di noi e ovviamente gli “specialisti” sono necessari in moltissime attività. Ma quanti di voi sentono di non combaciare con questa idea di lavoratore? Quanti sono interessati a molte cose, magari completamente diverse tra loro? Quanti non riescono o non vogliono scegliere una tra le proprie passioni, rinunciando alle altre?

In una conferenza TedX di Aprile 2015 la scrittrice, artista e career coach Emilie Wapnick, nel suo intervento Perché alcuni di noi non hanno un’unica vera vocazione, ha descritto il concetto di Multipotenziali, ovvero «quelli tra noi con diversi interessi, diversi lavori nell’arco di una vita e molte potenzialità che si intersecano. (https://www.ted.com/talks/emilie_wapnick_why_some_of_us_don_t_have_one_true_calling?language=it)

È questo il talento dei multipotenziali: la capacità di maturare diverse passioni e, secondo la Wapnick, fare la differenza quando trovano l’intersezione tra esse. Perché coltivare più interessi porta l’acquisizione di abilità trasversali, trasferibili in diverse attività, e richiede una flessibilità, un’apertura mentale che non sempre è facile mantenere quando ci si specializza.

Ed è proprio nella capacità di trovare imprevedibili punti di intersezione che sta la possibilità di innovazione. Emilie Wapnick cita Sha Hwang e Rachel Binx, fondatrici di Meshu, una società che produce gioielli personalizzati, ispirandosi alla geografia. È nata dai punti di contatto degli interessi di Sha e Rachel: cartografia, matematica, visualizzazione di dati e design. Il punto è riuscire a vedere la compatibilità di tutte queste discipline e farne qualcosa di nuovo.

Un altro esempio di multipotenziali nel mondo del lavoro sono le assunzioni dei laureati in filosofia in ambito aziendale: in un’intervista di Repubblica del 2006, Paolo Citterio (Presidente Associazione Direttori Risorse Umane GIDP/HRDA e Amministratore Unico della Citterio&Partners) ha affermato che, nonostante non abbiano competenze tecniche specifiche, i filosofi «si trovano a loro agio in vari contesti aziendali, per la mentalità da sistema, per l’abitudine a ragionare e per l’abilità a correlare i fatti di un insieme di variabili» e quindi sfruttano, di fatto, la loro “multipotenzialità”, le loro competenze trasversali.

Ovviamente, in questo caso come in molti altri, un “multipotenziale” non può lavorare da solo, ma ha bisogno di essere affiancato a specialisti, che introducano competenze tecniche e la loro esperienza in un determinato ambito.

Immaginate un’equipe di lavoro in cui collaborino “multipotenziali”,  con la loro flessibilità e capacità di approcciarsi ad un problema da diversi punti di vista, e specialisti, che mettano a disposizione l’approfondimento delle loro competenze, in cui i primi tracciano un percorso, una soluzione creativa che viene arricchita di contenuti dai secondi.

«Esplorate le vostre intersezioni»: Con questa frase la Wapnick conclude il suo intervento, il cui punto principale è stato il fatto che non c’è nulla di sbagliato nel non trovare un’unica vocazione nella vita e che vale sempre la pena di abbracciare una passione, anche se non ci accompagnerà per sempre. Perché ogni tessera del mosaico è un’opportunità e contribuisce alla formazione della persona che lo sta costruendo. E magari permetterà a questo “multipotenziale” di fare della sua stessa ecletticità un lavoro, nonostante tutte le volte in cui si è sentito dire di dover scegliere. A dimostrazione del fatto che portare innovazione, anche nei professionisti, significa accettare che le cose prendano forme nuove e diverse.