Nefellos saluta Apollodoro.
Caro amico, come ben tu sai il dio di Delfi, in ricompensa della lotta che feci ai tempi del tiranno noto come Domiziano in favore della libertà, mi ha concesso di visitare un tempo lontano da noi. Sto tenendo questo carteggio perché ti sappia poi raccontare nel modo più verosimile possibile le cose cui assisto. Per primo, e ciò stupirà in particolar modo te, in quanto senatore, qui ciascuno, indipendentemente dal proprio patrimonio e dal sesso, raggiunta un’età inferiore a quella che era in uso presso i sapienti concittadini di Socrate, prima che le nostre aquile offuscassero la democrazia greca, hanno diritto di voto. Ciascun giovane infatti, sia esso uomo o donna, raggiunti i diciotto anni può votare per il proprio sindaco, una figura molto simile ai capi delle tribù germaniche e galliche di cui ci raccontano i nostri legionari e i nostri storici, ricorderai in particolar modo la Germania di Tacito, cui ti so particolarmente affezionato. Sono inoltre loro stessi a eleggersi un capo, tra quelli che ottengono più voti. Le votazioni in questa Italia funzionano così: dapprima i candidati si riuniscono in un gruppo, che qui chiamano “partiti”. Successivamente si organizzano, nei principali comuni, quelli che a noi possono rassomigliare i comizi. Ora, tu caro Apollodoro, ti aspetterai che ogni singolo cittadino non veda l’ora di esprimere il proprio voto, così da partecipare alla vita politica. Ebbene, pare che qui invece ciascuno abbia subito una qualche amnesia o un qualche maleficio divino, dal momento che, pur avendo subito non da molto una tirannia che forse è fin peggiore di quella attuata da Domiziano, non hanno alcun desiderio di esprimere un proprio voto, usando come scusa l’assenza di validi politici. Tu ora, da buon uomo politico quale sei, ti chiederai perché dunque non scendano loro stessi in politica. Ebbene sappi che par esserci qui una sorta di credenza popolare secondo cui chi si immischia di politica si macchi come di un crimine immondo. Ah, cosa mai direbbero Platone e Cicerone sapendo così osteggiata la carriera forense? Pare inoltre che chi ha qui governo non rispetta una delle sacre libertà della democrazia che pure ci si aspetterebbe in una società così governata. A breve infatti si terranno dei comizi per decidere della cittadinanza e del lavoro e questi, che pure dovrebbero spronare il popolo a esprimere il proprio parere, lo invitano anzi a non votare e a fidarsi di loro. Così, dicono, prese il potere Ottaviano, a furor di popolo, ingannandolo come mi par cotesti facciano.
Parliamo ora della scuola, che forse è una delle cose a te più care. Ebbene, sappi che ciascun cittadino, e in realtà anche non cittadino, indipendentemente dal sesso, ha l’obbligo di frequentare la scuola almeno sino al sedicesimo anno di età. Nel periodo da me visitato poi è capitata una cosa che mi è parsa assai disdicevole. C’è infatti nella nuova Bononia, che loro chiamano Bologna, un liceo che loro definiscono “classico”, ce ne sono a dire la verità molti anche nelle altre grandi città d’Italia. Ebbene, tale genere di liceo, che loro dicono essere stato creato da un Cesare di Francia, territorio che corrisponde alla nostra Gallia, prevede un insegnamento non troppo dissimile a quello proposto nelle nostre Accademie. Insegnano qui infatti la lingua e la cultura latina e greca, quella del latino moderno che loro chiamano “italiano”, quella che pare derivi dalle zone della Britanni e che loro chiamano “inglese” e, in alcuni casi, anche una lingua che ha caratteristiche, mi sembra, sia dei Franchi, una delle numerose tribù che vivono nella Germania Magna, e dei Galli e che qui chiamano “francese”. Sempre qui insegnano anche la filosofia, ma la separano. Non insegnano infatti una sola filosofia ma in un caso, che è quella della disciplina che loro chiamano filosofia, ne fanno una ricerca diacronica, vedendone lo sviluppo e analizzandone i pensieri, ma senza praticarla. La matematica poi è presa a parte, così come anche la fisica e quella parte delle filosofie naturali, che qui chiamano “scienza”. Non vi è poi alcuna traccia della materia che noi conosciamo come “armonia”. Ebbene, dicevo, un giorno in questo “liceo classico” di Bononia accadde che gli studenti, presi dal timore del loro tempo fecero una cosa che per noi sarebbe stata impensabile: occuparono la scuola. Qui infatti pare che per discutere nei luoghi di cultura del proprio tempo e dei metodi per migliorarlo sia necessario per gli studenti vivere là dentro. Ebbene, durante questa occupazione, così ho sentito dire, gli studenti discussero del loro tempo e dei metodi di migliorarlo tramite gli strumenti che a loro questa scuola aveva insegnato a usare. Ebbene, come che ebbero terminato l’occupazione di questo edificio, il rettore di questa dicono abbia chiamato due ragazzi, estratti a caso dalla folla degli studenti, e li abbia denunciati per l’occupazione. Comprendi dunque quali tempi aspettano i ragazzi? A essi viene insegnato a usare l’intelletto e la ragione e le emozioni per migliorare il mondo in cui vivono, ma, appena provano a farlo, vengono subito rimproverati e costretti a uniformarsi al pensiero comune. Chi non lo fa poi, non solo i più adulti, che spesso mi sono parsi dei Domiziani, li insultano e, talvolta, arrivano anche alle mani. O tempora, o mores! Invero a nulla compose quell’opera magnifica Quintiliano e lo stesso fece, dicono, Plutarco, se poi non una delle funzioni maggiori dell’educazione viene rispettata dai posteri!
Se avrai letto bene le parti precedenti, ti sarai piacevolmente stupito, entrambi condividiamo la positiva opinione sulla legge di Claudio, che alle donne ben più libertà vengono concesse. Purtroppo, amico mio, devo qui contraddirti. Nonostante già noi infatti, con il divo Traiano, avessimo ristabilito la Lex Caludia de tutela mulierum, pare che qui un Cesare successivo l’abbia nuovamente abolita, privando così le donne delle libertà che pure spetterebbero logicamente loro. A causa di ciò oggi esse non si trovano in un contesto di libertà che tanto noi abbiamo sperato sarebbe stato raggiunto negli imperi successivi a quelli dell’optimus princeps, ma anzi si trovano a combattere assiduamente per il più logico, piccolo, e naturale dei diritti. Alcuni uomini poi, in questo tempo, si sentono così minacciati da creare gruppi che criticano le donne per le loro libertà, chiamandole con epiteti indegni persino della peggiore delle lupe e affermando con sicurezza che se essi non vengono amati è proprio colpa delle donne. Costoro tra loro si chiamano “incel”, che pare significhi “vergini involontari”. Essi dunque affermano che a una donna non piaccia che un dato tipo di uomini e che rifiuti tutti gli altri. Qualche folle poi, per dar credito a ciò, ha anche fatto una serie di calcoli e proporzioni, basandosi su non so che dati inesistenti. Le donne poi si trovano poi anche a dover lottare contro una società che punisce più le vittime che i carnefici. Devi infatti sapere che, da quel che posso vedere nelle visioni conferitemi dal dio di Delfi, non sono rari quei crimini che portarono Lucio Giunio Bruto a cacciare dalla città di Romolo l’ultimo dei Tarquini, ma anzi sono numerosi, e ancora più numerosi sono gli omicidi compiuti dai fidanzati o dagli ex-fidanzati per impedire alla moglie o alla fidanzata di lasciarli perché non li amano più, sì che tu diresti piuttosto essere tornato al tempo delle Dodici Tavole piuttosto che essere giunto oltre i duemila e settecento anni dalla fondazione di Roma. E tutte queste vittime sono uccise continuamente, dacché molti, e molti, ahimé per il nostro genere, uomini, affermano con convinzione che costoro, per essere uccise o stuprate dovevano avere una qualche colpa, come se il semplice non amare qualcuno o l’essere abbigliata come più le aggrada siano crimini e, peggio ancora, crimini che giustifichino lo stupro e l’omicidio. Non mi spiego, sono sincero mio caro Apollodoro, come una società che pare così avanzata sia in realtà tanto retrograda da far sembrare pure il primissimo periodo dell’età repubblicana un’età illuminata. Tornando ai femminicidi, quello che sconvolge non è solo l’indifferenza della popolazione, che anche quando vi assiste non interviene, ma anche le giustificazioni dei femminicidi, i quali affermano di aver ucciso per amore, come se l’amore potesse mai permettere che per lui si uccida e non fosse ciò più affine all’odio che tutto annulla e tutto estingue.
Tali, Apollodoro, sono le condizioni in cui versa il popolo romano dell’anno 2025. Confido negli intellettuali di quest’epoca, che possano riportare l’Italia e l’antico Impero alla grandezza cui dovrebbe appartenere. Sperando ciò, ti saluto.
Con affetto,
il tuo amico Nefellos.