Un sacco di cose accadono. Un sacco di cose ci influenzano, ci cambiano, ci fanno pensare di essere altro e di non conoscere più quello che eravamo soliti essere. Un sacco di cose accadono e nel frattempo noi rimaniamo fermi. Come se il treno continuasse a viaggiare ma noi fossimo rimasti fermi a guardare fuori dal finestrino, magari con la mano appoggiata al mento e senza punto fermo su cui fissare lo sguardo. Ci facciamo prendere dall’invisibile, dal minuscolo, dal particolare ma quando ci chiedono di incarnare i vocaboli nel loro significato non ne siamo capaci. Siamo molecole, particelle elementari, che non sanno dove muoversi, non sanno a che fine tendere ma che si muovo nel mondo come in ricerca di un legame, cerchiamo di costruire qualcosa di saldo a cui aggrapparci, come una radice profonda che ci faccia comprendere quanto siamo vivi.

Quanto serve per non sentirci atomi? E quanto ci siamo spesso sentiti atomi in questo periodo?

Siamo tutti un po’ Michelle con il suo vedere il mondo da fuori, con la sua fredda distanza e azzeramento dell’umore e siamo tutti un po’ Bruno, perso nel sesso femminile tanto da non trovarsi ed annullarsi totalmente. Abbiamo tutti il desiderio di stare lontani ma anche vicini, di provare e allontanare, di sentire e stare zitti. Ci troviamo tutti in questo grande mondo senza capire cosa sia più giusto, cosa sia più sensato vivere per noi.

Siamo tutti un po’ le particelle elementari di cui parla Houellebecq, esseri che si perdono nei loro fini e si chiedono come oltrepassarli. Soprattutto ora, soprattutto in questo “anno di pausa”, stiamo tentando di valicare i limiti che che ci siamo costruiti e costruiamo tuttora, che abbiamo tentato di superare senza nemmeno sapere fossero fatti di plastica. L’immortalità, l’atarassia non si raggiunge ma la vita, quella sì. E bisogna ricordare che vita significa anche avere pause, avere momenti in cui chiedersi se non sia tutto solamente un film. Ed è proprio quello che abbiamo imparato a fare adesso. Siamo uomini vivi con le nostre paure e le nostre ferite anche davanti al mondo di fuoco in cui ci troviamo a ballare che ci chiede di non avere cuore e di essere solo razionali.

Siamo particelle elementari nelle loro fragilità più piccole, nei loro minuscoli punti di sutura, nella loro instabilità molecolare. Senza di noi, il resto non sarebbe nulla, anche per quanto inutili ci possiamo sentire.