La parola desiderio deriva dal latino “de” + “sidera” che significa letteralmente “mancanza di stelle”; quelle stelle che, molti anni prima della comparsa sulla Terra di Google Maps e Paolo Fox, erano la salvezza dei navigatori sulla via del ritorno e la risposta alla ricerca del senso di ciò che ci accade.

Ad esaudire il mio desiderio di conoscere un frammento del mondo della scrittura e delle scuole a questa dedicate ci ha pensato un piccolo gruppo di grandi persone. Il 2 dicembre mi spediscono, fresca di laurea, nella frazione torinese di Borgo Dora, con un biglietto regalo per il “Perfect Day” alla Scuola Holden (scuola di storytelling e arti performative fondata a Torino nel 1994 e legata in particolare al nome del famoso Alessandro Baricco, che oggi è il suo preside). Questa giornata, a cui si può partecipare anche senza essere iscritti alla scuola, acquistando il biglietto on line, consiste in una serie di incontri tenuti da grandi scrittori italiani che trattano tutti di un tema comune, quest’anno proprio “il Desiderio”. Ecco alcuni spunti di quel giorno, che ho conservato per condividerli con chi come me desiderasse soddisfare qualche curiosità su una giornata alla Scuola, su alcuni autori italiani o sulla tematica.

Caffè di benvenuto con Lou Reed di sottofondo e si comincia alle 9:30 con il discorso di apertura di Mauro Berruto, amministratore delegato della Holden ed ex allenatore della Nazionale italiana di pallavolo, che ci invita ad esplorare per bene l’ex caserma rimessa a nuovo, in cui ora si tengono le lezioni (l’ho fatto: le Metamorfosi di Ovidio versione murales alle pareti, aule con attrezzature specializzate per film-makers, cortiletto interno con panchine colorate, aula magna con palco pieno di cuscini: fighissima). Quella di Berruto è una riflessione su motivazione e desiderio nel mondo dello sport: che cosa accomuna tre imprese come l’oro di Jury Chechi alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 (ad appena quattro anni dalla rottura del tendine), l’impossibile giro di pista alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984 della maratoneta svizzera Gabriela Andersen-Schiess (vittima di un colpo di calore, allontana i soccorsi e si trascina fino all’arrivo per evitare la squalifica) e la storica scalata (è il primo a tentarla in inverno) del Nanga Parbat, la famosa vetta himalayana simpaticamente rinominata “The Killer Mountain”, intrapresa dall’alpinista bergamasco Simone Moro nel 2016? Forse più di tutto un incredibile desiderio di superare l’insuperabile, spinta o aggancio per la loro forza di volontà. Berruto conclude il suo discorso su desiderio, motivazione e sport con una citazione di Antoine De Saint-Exupèry degna di un ex-coach di alto livello: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare ampio e infinito».

Dopo l’apertura di Berruto, la prima scrittrice a salire sul palco è Michela Murgia: energica, un concentrato di collegamenti brillanti. Per prima cosa propone la sua personale visione del desiderio da intendersi non come “mancanza”, amputazione di qualcosa che non si ha più, ma come “assenza”, ovvero come spazio di crescita che va edificato. Seguono spunti di riflessione che toccano più o meno tutti gli aspetti della vita: la tridimensionalità del desiderio, dell’assenza, non è forse meglio della bidimensionalità della presenza? È meglio il desiderio, che non ha confini e può essere tutto in potenza, o la sua soddisfazione reale? Cosa si perde quindi nell’esaudire un desiderio? È giusto cambiare per assecondare i desideri di qualcuno o, al contrario, aspettarsi che gli altri cambino per assecondare i nostri, ci chiede poi, aggiungendo in inglese: «They didn’t break your heart, they broke your expectation». La riflessione della Murgia non suona affatto come una celebrazione del desiderio ma più che altro come un monito, che si può riassumere con la frase con cui ci saluta, prima di scendere dal palco fra gli applausi: «abbiate un sano timore dei desideri e siate sempre cauti nel decidere quali realizzare».

Tocca poi a Marco Missiroli: altissimo, timido, estremamente divertente. Per lui il desiderio è sostanzialmente attesa, che si struttura temporalmente in quattro momenti (un “prima”, un “mentre”, un “dopo” e un “infine”) che Missiroli collega a quattro fasi della sua vita, in un racconto che ci fa ridere un sacco e anche commuovere un po’. Ci parla poi di due famosi autori, Buzzati e Nabokov, che in modo diverso hanno rivoluzionato il modo di “scrivere di desiderio”, sfidando l’ambiente borghese del loro tempo e coinvolgendo il lettore in un gioco letterario simile a quello che compie l’artista Fontana sfregiando la tela: trascinare l’osservatore, o il lettore, dentro l’opera d’arte.

Segue Fabio Geda, educatore, che cerca con sensibilità e forza di capire il mondo dei ragazzi. Attraverso un interessante riflessione sul suicidio giovanile, basandosi su recenti fatti di cronaca e prendendo spunto dalla letteratura e dalla cinematografia (in particolare dal film L’Attimo Fuggente e dalla serie Netflix Tredici), cerca di capire quali sono oggi i desideri dei giovani e dei giovanissimi e che cosa li può portare a perdere il desiderio di vivere. Le possibilità di scelta sono talmente aumentate che oggi più che mai sembra difficile dare una forma ai propri desideri; è più facile perdersi, confondersi, e il futuro sembra ancora più misterioso e minaccioso di qualche generazione fa. In questa situazione, dice Geda, i ragazzi sono contenti di sentirsi dire, come spesso accade, che qualcuno crede in loro per rimettere a posto le cose, ma sembrano soprattutto aver bisogno di adulti e giovani adulti che credano prima di tutto in loro stessi, dando un esempio reale.

Lo scrittore Maurizio de Giovanni, in un intervento intitolato Il desiderio del movente, il movente del desiderio, spiega qual è la forza motrice alla base dei suoi romanzi di successo (da cui tra l’altro è stata tratta la serie tv Rai I bastardi di Pizzofalcone) che, ci tiene a sottolineare, sono “scrittura nera” e non “gialli”. Nei romanzi gialli, spiega, quello che conta è la scoperta del colpevole del reato in questione, nella scrittura nera l’identità dell’assassino può anche essere dichiarata nella prima pagina, ciò che importa all’autore e analizzare che cosa spinge l’uomo a compiere un determinato gesto: spesso proprio un desiderio che sfugge ai dettami della morale e del vivere civile. Ed è proprio questa ricerca di “perché”, questo andare a scovare i motivi scatenanti del desiderio deviato di arrecare male al prossimo, l’ispirazione di de Giovanni e il punto di partenza per i suoi romanzi, che paragona al colore che fa da sfondo ad un’opera d’arte.

La conclusione della giornata è affidata al preside Alessandro Baricco. Per trattare il tema della giornata sceglie di leggerci alcune pagine dello scrittore che secondo lui meglio ha incarnato il desiderio nella sua scrittura, Gabriel Garcia Màrquez. Assistiamo così alla lettura di alcuni paragrafi del celebre Cent’anni di solitudine, che Baricco interrompe di tanto in tanto per farci notare la particolarità dello stile di Garcia Marquez (l’uso quasi “fisico” delle parole, l’ossessione per il numero tre, che emerge anche dalla struttura delle frasi, il realismo magico),o per raccontarci alcuni aneddoti tratti dai sui viaggi in America Latina, patria dell’autore in questione e luogo dove sono ambientati i suoi libri (Cent’anni di solitudine è ambientato nel paese immaginario di Macondo, ma l’autore fornisce alcuni indizi che permettono di collocarlo nella penisola della Guajira). La vita dei protagonisti del romanzo, i componenti della famiglia Buendía, sembra essere totalmente governata dalla forza dei loro desideri, che li possiede e li trascina, senza dar loro la possibilità di scegliere razionalmente e provocando spesso in essi grandi sofferenze.

Ognuno degli scrittori protagonisti della giornata ha così offerto la sua personale interpretazione del desiderio nelle sue tante sfaccettature, da molla motivazionale che è essenziale seguire per vivere una vita piena, a forza a volte ingannevole e oscura, da trattare con cautela.

Baricco termina il suo intervento tra gli applausi e, dopo un brindisi di gruppo e una fetta di pandoro offerti dalla Scuola, mi avvio all’uscita. Fuori la neve a rendere ancora più magica una giornata a tutti gli effetti perfetta, le cui prossime edizioni consiglio a tutti gli amanti della lettura e della letteratura e a tutti quelli che siano curiosi di sentire che aria si respira in una scuola così particolare.

 

Beatrice Silvestri