Tutti noi conosciamo il Re di pietra, la montagna che circonda le nostre vallate e ne delinea lo splendore: il Monviso. C’è chi lo ammira soltanto, chi lo scala con grinta, chi lo ama e c’è chi lo vede come una sfida. I gemelli Dematteis, l’8 settembre 2017, hanno sfidato il Monviso, volendo battere ogni record nella loro disciplina di corsa in montagna e sono riusciti nella loro impresa, raggiungendo la vetta a 3.841 metri in un’ora 40 minuti e 47 secondi battendo il record di 31 anni fa di Dario Viale. I gemelli, Martin e Bernard, sono cresciuti tra le montagne della borgata di Rore e hanno alle spalle una carriera atletica brillante. Martin, il fratello minore, ci ha concesso questa splendida intervista per conoscerlo meglio, anche al di fuori dello sport, per capire chi è il “keniano bianco”, l’uomo la cui determinazione lo ha portato in alto in tutti i sensi. Inoltriamoci più a fondo nella sua vita da atleta, studente, fratello e campione.
Dopo il fatidico 8 settembre 2017, data del record, la tua vita è cambiata?
Dopo il record sul Monviso la mia vita è rimasta fondamentalmente la stessa, solo sono diventato un po’ più conosciuto.
Per quale motivo avete scelto proprio il Monviso?
Perché il Monviso è la “nostra” montagna, siamo nati alle sue pendici e ci ha sempre affascinato con la sua bellezza e imponenza.
Perché avete avuto l’idea di battere ogni record?
Per noi è stato sempre un sogno fin da quando eravamo ragazzini, tentare di legare il nostro nome a questa stupenda montagna.
Ti va di raccontarci quel giorno? Quali paure, quali emozioni, quali dubbi avevi? Com’è andata la scalata? Cosa ti è rimasto impresso maggiormente?
Quel giorno è stato fantastico, semplicemente fantastico. Un condensato di adrenalina, emozione, entusiasmo, gioia allo stato puro. Durante la scalata pensavo a tutte le persone che erano lì quel giorno a tifarmi, a chi era in cima ad aspettarmi e quando sono arrivato a toccare la croce, ho provato una felicità immensa.
Di quel giorno mi sono rimasti impressi maggiormente gli abbracci con le persone a me più care, in cima al Monviso, al rifugio Quintino Sella e al pian del re una volta discesi. Gli abbracci e i sorrisi pieni di felicità scambiati con i miei genitori, mio fratello Miculà e mia sorella Margherita, con la mia fidanzata di allora Giulia, con il mio allenatore Paolo Germanetto, con i miei amici Daniele Ghigo, Silvia Tomatis e molti altri e con il mio primo allenatore Giulio Peyracchia.
In cosa è consistito l’allenamento necessario per farcela?
Ci siamo allenati provando alcune volte la salita, soprattutto nell’ultimo mese e studiando nei minimi dettagli il percorso migliore.
Parlaci di te.
- È vero che sei soprannominato sia “Nin”, sia “il keniano bianco”?
Si, la mia famiglia ed i miei amici mi chiamano “Nin”, mentre “kenyano bianco” è un soprannome dovuto al mio modo di correre un po’ pazzo e istintivo, alla keniana e perché per alcuni anni ero tra i pochi assieme a mio fratello a giocarmela a viso aperto in gara con i forti atleti africani.
- Come e quando hai iniziato a correre?
Ho iniziato a correre nel 1999, quando avevo 13 anni, l’ho fatto per gioco e per divertimento.
- Che studi hai fatto?
Ho frequentato il liceo scientifico “G.B. Bodoni” di Saluzzo e un anno fa, a 32 anni, mi sono iscritto all’università a Torino, frequento il corso di Lettere moderne.
- Sei sposato? Hai figli?
Non sono sposato e ho un figlio, di nome Matteo, nato nel 2014 ma che nel 2015 è venuto a mancare improvvisamente. È lui la mia forza, dovunque lui sia adesso, e lo sento sempre con me.
- Quali sono i tuoi sogni oggi?
I miei sogni oggi sono molti, ma non voglio svelarli e li tengo nel cassetto del mio cuore.
- Come ti descriveresti in breve?
Sono un ragazzo simpatico, allegro, sono un tipo piuttosto estroverso e sempre pronto a sorridere alla vita.
- Cosa ti spinge ad andare oltre i limiti e la fatica durante le corse?
I miei obiettivi sportivi e non mi spingono a tentare di superare i miei limiti, la fatica è solo una cosa fisica e se ti abitui a conviverci diventa quasi un’amica.
Che valore ha per te la montagna?
La montagna è il mio luogo del cuore, dove sono pienamente me stesso. Solo lì riesco a sentire veramente la natura e la sua forza e provo sempre grandi emozioni e sensazioni dentro di me.
Quali consigli potresti dare per valorizzare le montagne e l’ecosistema che le caratterizza?
Puntare su un turismo sostenibile, non di rapina. La montagna non deve solo essere un parco di divertimento ma deve essere un luogo dove le persone ritrovino sensazioni ed emozioni autentiche, legate alle caratteristiche del territorio. La montagna sta cambiando e anche chi vuole venirci deve cambiare il suo modo di vederla e di viverla, in modo più sostenibile e responsabile.
Credi che un giorno le borgate alpine e le zone montane torneranno a ripopolarsi come un tempo? Perché?
Sì, credo che un giorno la gente si stuferà della vita frenetica della città e tornerà a cercare qualcosa di diverso e più vero in mezzo alla natura. C’è già un lento ritorno in qualche zona delle nostre montagne e spero continuerà sempre più.
Spostiamo l’attenzione su Cuneo.
- Che differenze riscontri tra Cuneo e la piccola Borgata di Rore in cui sei cresciuto? Se dovessi scegliere in quale delle due vivresti e perché?
Non conosco bene la realtà di Cuneo ma credo che Rore sia più intima, anche più solitaria in certi periodi dell’anno. Cuneo è una bella città, viva ed aperta. Se dovessi scegliere io vivrei a Rore perché qui sono nato e cresciuto e qui mi sento veramente me stesso.
- Cosa ti piace di Cuneo e cosa cambieresti?
Cuneo è una bella città a due passi dalle montagne, ma anche la sua gente che è cordiale e sportiva. Non so che cosa cambierei, ma mi piacerebbe ci fossero più manifestazioni sportive soprattutto nell’ambito dell’atletica e della corsa.
- A tuo parere, si può dire che Cuneo sia una città aperta e accogliente?
Sì, credo che Cuneo sia una città abbastanza aperta e accogliente al mondo esterno. Ma si può ancora fare di più.
La concorrenza con tuo fratello è mai stato un problema? Che rapporto avete?
La concorrenza con mio fratello non è mai stata un problema, ci siamo sempre aiutati a vicenda sia nella corsa che nella vita in generale. Ci vogliamo molto bene e siamo molto uniti.
I gemelli Dematteis hanno altri obiettivi da raggiungere insieme?
Assolutamente sì, l’obiettivo principale in questo momento è quello di ritrovare un po’ di serenità e stabilità nella nostra vita, poi abbiamo ancora tanti sogni sportivi e non che inseguiremo sempre con determinazione e grinta e ogni giorno con il sorriso sul viso.