Cuneese, italiano, europeo.

Belgo-libanese con residenza negli Emirati Arabi Uniti.

Egiziano di madre tedesca, studente negli Stati Uniti.

Ecuadoregna ma metà italiana, una vita tra sette nazioni.

Le identità affascinano e si nascondono. Come un piccolo gatto di Schroedinger escono dalla loro stanza nei momenti più inaspettati e rivelano aspetti inaspettati (vivo, morto o ?). Come un istinto froidiano approdano nel nostro inconscio e ridisegnano la prospettive.

Al-Ghajar è un paese al confine tra Siria, Libano e Israele.

Siriano, libanese o israeliano? Questa è la domanda che ha forgiato la coscienza dei duemila abitanti nel cuore del Medio Oriente.

1932: gli abitanti di al-Ghajar possono scegliere se diventare libanesi o siriani, scegliendo quest’ultima opzione.

1967: prima dell’occupazione israeliana in seguito alla Guerra dei Sei Giorni, al-Ghajar è un territorio siriano al limite della valle Hasbany.

1978, al-Ghajar si espande verso Nord, in Libano.

17 aprile 2000: il primo ministro israeliano Ehud Barak, seguendo la sua promessa, annuncia il ritiro delle truppe israeliane dal Sud del Libano. 25 maggio: Tzahal (le forze di difesa israeliane) lasciano il Sud de Libano dopo 22 anni di occupazione, in conformità con la Risoluzione 425 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Sotto l’occupazione israeliana questo piccolo villaggio diviso tra il Libano del Sud e le Alture del Golan era governato dalle stesse autorità, ma non dalle stesse leggi.

Ma, sì c’è un ma in questa storia e non è quello che state pensando (discutere della legittimità dell’occupazione israeliana sarebbe troppo scontato), più di un semplice conflitto diplomatico e legale, al-Ghajar è il teatro di scontri tra identità radicalmente diverse.

Siriano, libanese o israeliano? Siriano, libanese e israeliano allo stesso tempo, questa è la risposta che potrebbe calmare gli animi.

Ciò che rende la loro vicenda così curiosa non è lo scenario di guerra e diplomazia internazionale, ma il fatto che essi siano alawiti in una zona circondata da villaggi per la maggior parte sunniti, drusi e cristiani.

E sono proprio loro stessi a chiedere di essere annessi ai territori occupati piuttosto che al Libano dopo le tensioni del 1967, affinchè potessero difendere la loro identità siriana come gli altri territori del Golan sotto il controllo israeliano.

A questo punto, una domanda sorge spontanea: cos’è un’identità? Se guardiamo da vicino questo termine, scopriamo che è una nozione polisemica che racchiude i temi della similitudine, dell’unità, dell’identità personale, dell’identità culturale e della tendenza all’identificazione.

«I confini sulle carte incoraggiano questi sentimenti d’identità» afferma a proposito John Agnew. Ma, cosa si nasconde dell’inconscio degli abitanti di al-Ghajar? Come possono interpretare un’identità che non ha nome, né patria?

«È proprio questo che caratterizza l’identità di ognuno: complessa, unica, insostituibile, non si confonde con nessun’altra» afferma Amin Maalouf nel suo capolavoro del 1998 Identità Omicide (dal titolo originale Les identités meutrières). «Spesso è il nostro sguardo a imprigionare gli altri nelle loro strette origini, ed è sempre il nostro sguardo a poterli liberare» continua l’autore libanese.

Il XXI mette in scena il ritorno (o la definitiva non-scomparsa?) dei sentimenti nazionalisti, intenti a difendere la loro identità dalla paura dello straniero. Dove poseremo allora il nostro sguardo? Sulle cartine politiche di secoli passati o sui fenomeni di integrazione che abbattono le frontiere culturali?

Potremmo accorgerci che il ruolo dell’identità è più complesso di un semplice discorso populista e che i nostri sentimenti di appartenenza coincidono con un territorio a cui siamo legati. E come coniugare le nostre identità con i diritti e i doveri del territorio a cui apparteniamo per un momento? Le migrazioni non si fermeranno con un muro o un accordo illegale con un paese come la Libia. L’integrazione sarà un processo inevitabile per evitare altri conflitti.

Per questo l’Italia ha deciso di fare un primo passo verso una comprensione civile e politica delle identità dei cittadini che popolano il suo suolo, riconoscendo ai propri cittadini i loro diritti con lo Ius soli…

Ah già.