Progetto Erasmus per le facoltà: architettura, conservatorio, design, beni culturali, economia, lingue

Erasmo da Rotterdam lo sapeva bene: per comprendere davvero un Paese o una cultura bisogna viverli fino in fondo. Ed è proprio sull’onda del pensiero dell’umanista olandese che nasce il programma Erasmus, un progetto patrocinato dall’Unione Europea che, attraverso lo stanziamento di fondi, permette agli studenti universitari di frequentare i maggiori atenei d’Europa.
Durante il mese di ottobre 2021, in occasione della rassegna Orientamenti, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci su questo tema con chi l’Erasmus l’ha vissuto o lo sta vivendo in prima persona. Abbiamo chiacchierato con alcuni giovani ragazzi non solo di Cuneo che sono partiti alla volta delle più diverse città europee, con l’obiettivo di farci raccontare tutto ciò che c’è da sapere prima di imbarcarsi per questa grande avventura.

Chi è lo studente Erasmus?
Tutti i ragazzi con cui abbiamo parlato hanno una caratteristica in comune: la curiosità. Essere curiosi è uno dei requisiti più importanti, che dà la forza di mettersi in discussione e il coraggio di uscire dalla propria comfort zone, per lanciarsi in un mondo completamente altro all’insegna di nuove esperienze. Molti di loro sono poi partiti con la volontà di migliorarsi nella conoscenza di una lingua, di sperimentare visioni diverse da quella italiana e, perché no, con la consapevolezza che un’esperienza come l’Erasmus rappresenta un elemento in più all’interno del curriculum e un’opportunità di intessere relazioni e contatti anche in una prospettiva lavorativa.

Il bagaglio personale dopo l’Erasmus
Dopo un’esperienza del genere, che può durare dai 3 ai 12 mesi, le conoscenze acquisite sono davvero tante. Vivere all’estero mette di fronte alla necessità di imparare, e anche abbastanza in fretta, a risolvere autonomamente i problemi che la vita quotidiana propone, a cavarsela da soli insomma. Sapendo però che, soprattutto all’inizio, tutti gli studenti Erasmus sono sulla stessa barca spaesati e confusi, il consiglio che i ragazzi ci hanno lasciato è quello di non aver paura di conoscere e farsi conoscere, buttarsi a dialogare con gli altri e prendere attivamente parte alla vita sociale, perché le amicizie che nascono hanno del gran potenziale.

Aspetti burocratici e pratici
Ma veniamo alle questioni tecniche: come si fa ad accedere ai fondi Erasmus?
Per prima cosa bisogna rivolgersi alla propria università per conoscere con quali altri atenei europei si può intrattenere lo scambio formativo. Una volta scelte alcune destinazioni e stilata la preferenza, ogni università ha un suo specifico criterio per l’accesso alle graduatorie: generalmente si tiene conto della media ponderata e di quali esami sono stati sostenuti, ma possono anche essere richiesti una lettera motivazionale, un portfolio personale o certificazioni linguistiche.
È importante muoversi per tempo per stipulare l’agreement con l’università ospitante, in modo da essere sicuri di non avere problemi nel farsi poi successivamente riconoscere gli esami qui in Italia.
Per quanto riguarda la lingua, all’atto pratico è necessario avere una conoscenza minima di inglese (eccetto ulteriori specificazioni) che permetta di seguire i corsi e interagire con le persone del luogo. In Paesi francofoni è inoltre utile affiancare all’inglese una base di francese, cosa che può rendere più facile la vita quotidiana.
A proposito invece dell’aspetto economico della questione, prima di partire è meglio avere qualche soldo da parte. Infatti all’inizio dell’esperienza verrà garantito il 20% dei fondi assegnati, il restante 80% sarà versato una volta che si attesta di aver effettivamente portato a termine il programma di studi e tutti gli esami accordati. L’entità dei contributi Erasmus è direttamente proporzionale alla durata dell’esperienza e al costo della vita nel Paese in cui si soggiorna. Se le proprie disponibilità economiche sono limitate, il consiglio che i ragazzi ci hanno dato è quello di optare, nonostante l’importo del contributo garantito sia inferiore, per mete dove la vita quotidiana ha un costo simile o inferiore rispetto a quella italiana.
Infine, riguardo all’alloggio, molti studenti scelgono di soggiornare in studentati privati o, dove presenti, messi a disposizione dalle stesse università. Spesso questa è una soluzione temporanea utile per il primo periodo, poi, quando ci si è ambientati e si sono stabilite le prime conoscenze, nulla vieta di fare un passo ulteriore e prendersi un appartamento privato.

Lo studio
Indipendentemente dalla meta scelta, tutte le università all’estero presentano una concezione dello studio molto diversa da quello italiano.
Vengono infatti ampliamente privilegiati i lavori pratici e a gruppi, volti a valorizzare il proprio sentire nei confronti della materia studiata e il punto di vista personale. Spesso le ore di lezione frontale sono relativamente poche, affiancate da momenti di discussione tra studenti e professore, in piccoli gruppi di una decina di persone.
Anche la scadenza degli esami è distribuita in modo differente: al posto di avere pochi momenti all’anno di sessione in cui si concentrano gran parte delle prove, le valutazioni hanno cadenza mensile e si tengono in conclusione alle lezioni sulla materia trattata. Il tipo di studio richiesto non è mnemonico, ma molto più concreto è incentrato sulla rielaborazione personale: viene preferita la scrittura di papers ed essays, produzioni scritte, solitamente in inglese, della lunghezza indicativa di cinquemila battute. Alcuni studenti hanno la percezione di sapere meno a livello strettamente teorico, ma ciò viene compensato dalla valorizzazione e dal consolidamento di competenze, come saper lavorare in gruppo e interagire in contesti differenti.
Tutti i ragazzi sottolineano come il rapporto coi professori sia sempre sereno e di collaborazione: hanno avuto a che fare con docenti disponibili, abituati a trattare con studenti stranieri, e spesso con un modo di porsi che non sottolinea la distanza tra alunno e professore.