Tre scudetti, due Coppe Italia, una Champions League e un Mondiale per club in bacheca, oltre a una laurea in Scienze motorie conseguita proprio in questo 2021. La vita di Andrea Marchisio, cuneese classe 1990 ormai trapiantato a Civitanova, dove gioca per una delle squadre di volley più forti in circolazione, sembrerebbe essere delle più appaganti. Eppure per Andrea, che abbiamo raggiunto per questa “puntata” della nostra rubrica mensile, il meglio, tra progetti, ambizioni e sogni, deve ancora arrivare.

Andrea, partiamo dalla fine: il 26 aprile scorso hai vinto il tuo terzo scudetto in carriera, ancora con la Lube Civitanova. A un mese di distanza… hai festeggiato a sufficienza?

«Quest’anno è stato un po’ strano, perché abbiamo giocato senza pubblico ed è stato difficile abituarci ai palazzetti vuoti. Credo, però, che vincere così sia stato ancora più bello, proprio perché ha richiesto un impegno doppio da parte di tutti. In campo, c’era un qualcosa in più che veniva da dentro di noi e ci ha permesso di superare le difficoltà. Insomma, è stato molto figo, anche se abbiamo fatto festeggiamenti sobri, dentro lo spogliatoio e con qualche bottiglia di spumante. Quel che conta è vincere!».

È stato difficile giocare senza pubblico?

«In partita ci sono quei momenti in cui il tifo ti dà una grossa mano. Abituarsi, appunto, non è stato semplice ma abbiamo fatto tutti un salto di qualità mentale».

Da qualche mese, inoltre, dobbiamo chiamarti Dottore. Conta di più la laurea o lo scudetto?

«Se devo pensare al presente, conta di più lo scudetto. Se penso al futuro, conta di più la laurea. Non è un caso che, sulle ali dell’entusiasmo, ho iniziato il percorso magistrale, sempre in Scienze Motorie. Voglio non essere impreparato per il dopo».

È stata dura conciliare sport e studio?

«Nei miei primi anni di pallavolo non avevo la testa per studiare. Tre anni fa, parlando con un mio compagno di squadra, mi sono avvicinato al mondo delle lauree online, ideale per noi giocatori che non avremmo modo di frequentare in presenza. Così, ho trovato un equilibrio, studiando nei ritagli di tempo. Il lockdown mi ha aiutato perché avendo cessato gli allenamenti in palestra ho sostenuto tanti esami in pochi mesi e sono riuscito a completare il mio percorso».

Visto che molti che ci leggono sono giovani studenti, puoi dire loro perché secondo te studiare è importante?

«È importante perché nel mondo lavorativo di oggi, in cui conta sempre di più la specializzazione, avere un titolo di studio che dà valore alla tua persona è fondamentale. In primis, è un di più che ti può aprire molte porte nel mondo del lavoro. In secondo luogo, il percorso universitario ti rafforza e ti fa migliorare come uomo. In un periodo in cui le informazioni si trovano ovunque, dai social network alla televisione, la possibilità di distinguersi, acquisendo una coscienza critica, è decisiva».

Facciamo un passo indietro. Ti ricordi la prima volta che hai giocato a pallavolo?

«Da bambino scelsi di giocare a calcio ai Salesiani a Cuneo. Poi, dopo due mesi, capii che non mi piaceva e mio papà, che ha sempre giocato a volley, mi portò a provare al Cuneo Volley: fu amore a prima vista!».

A proposito di Cuneo: che cosa rappresenta per te?

«Rappresenta tutto. A Cuneo sono cresciuto nelle giovanili e ho vinto il mio primo scudetto Under 20. Poi, dopo due anni fuori casa, sono tornato per giocare in Serie A per la prima volta. Ahimè, ho anche vissuto la fine della Bre Banca Lannutti Cuneo, perché ero nella rosa di quell’ultimo campionato, ma continuo ad avere Cuneo nel cuore. Anche ora che sono lontano guardo tutte le partite della squadra e mi auguro che possa tornare presto in Superlega».

Hai mai pensato di poter tornare?

«Non dipenderà solo da me, ma da una serie di fattori, però devo ammettere che ci penso da un po’. È un sogno che ho nel cassetto e che spero di poter realizzare un giorno, perché chiuderebbe un cerchio bellissimo».

Dal tuo esordio in A1 sono passati più di 10 anni. Il trionfo più bello?

«Quando vinsi il primo scudetto, a 19 anni, ero troppo giovane e non lo apprezzai a dovere. Dico quindi il primo con la Lube, nel 2018/19: arrivavamo da tante finali perse e riuscimmo nell’impresa di rompere questo tabù, vincendo gara-5 in casa di Perugia, con il tifo locale contro. È stato bellissimo e da quel momento è partito il nostro ciclo vincente».

Domanda secca finale: dove ti vedi tra 10-15 anni?

«Mi piacerebbe vedermi proprietario di una palestra e preparatore atletico di squadre di pallavolo in Piemonte. Sì, sono uno con le idee abbastanza chiare, poi si vedrà (ride, ndr)».