Una signora con un cappotto rosso camminava a passo svelto verso l’ingresso di un grande edificio di vetro e acciaio da cui si intravvedevano le stampatrici all’opera. Aveva degli stivali neri con il tacco che facevano un rumore secco, ritmato, ogni volta che appoggiava il piede per terra. Tac, tac, tac.

Sollevò lo sguardo verso la scritta sopra la porta, quasi per controllare se fosse proprio nel posto giusto. E sembrava che sì, quello fosse proprio il luogo verso cui era diretta, perché senza esitare avanzò verso l’entrata. Tac, tac, tac.

Rimase però sulla soglia: un uomo vestito di nero, in divisa, le bloccava la strada.

«Ha bisogno di qualcosa signora?»

«Evidentemente sì, altrimenti non sarei venuta. Le sarei grato se mi facesse passare, ho una certa urgenza.»

L’uomo rimase ancora qualche secondo fermo, interdetto, ma ormai era palese che la loro tacita sfida fosse stata vinta da quella signora con il cappotto rosso. Sconfitto, si fece da parte lasciando passare la donna che si diresse verso la segreteria, al fondo del corridoio.Tac, tac, tac.

Arrivata davanti alla lunga scrivania, che correva da un lato all’altro della stanza, si bloccò. Batté i piedi sul pavimento e si schiarì la voce cercando di attirare l’attenzione delle due segretarie che erano chinate sullo schermo di un computer, concentrate su qualcosa che da dietro la scrivania non si vedeva. Tac, tac, tac.

Alzarono lo sguardo contemporaneamente verso la signora che, sfilandosi i guanti dalle mani, disse: «Sono venuta a ritirare il mio pacco». Una delle due ragazze, capelli scuri un po’ crespi, occhi neri, fisico asciutto, rivolse uno sguardo smarrito all’altra: non capiva cosa ci facessero lì quella signora e la sua richiesta così inappropriata, non era un ufficio postale il loro.

L’altra, invece, riconobbe subito la donna con il cappotto rosso e intuì il motivo per cui era venuta. Lo capì con la chiarezza delle cose che non si vogliono vedere, ma che ad un certo punto, anche se abbiamo cercato di evitarle, di coprirci gli occhi, di guardare a terra, ci si piazzano davanti. Capì e impallidì. Parlò velocemente, in prenda all’ansia: «Non so di che pacco stia parlando. Tra poco arriveranno gli studenti, alle dieci iniziano le lezioni, la prego di andarsene, non posso esserle di aiuto».

La signora, invece, rimase immobile e rispose con tranquillità: «Può eccome. Non uscirò di qui senza il mio pacco. E non mi guardi così cara, di cosa ha paura? Non è stata colpa sua se per anni qualcuno ha cercato di tenere nascosto questo segreto, se hanno rubato le mie storie. Ora su, vada a prendermi quello che mi spetta».

Quando ebbe finito di parlare si sbottonò il cappotto e si sedette su uno dei divani. Tac, tac, tac.

Aspettava calma, abbandonata sui cuscini, certa che le prove sarebbero state inconfutabili.