C’è un’esperienza che prima o poi tocca a tutti ed è l’esperienza del limite. Un limite economico, un limite fisico o un limite comportamentale sono tutti confini che tracciano una separazione tra quanto si vorrebbe e quanto in realtà si può. C’è chi vorrebbe partire per una vacanza domani, ma non se lo può permettere. Chi desidererebbe avere un naso diverso, però è impossibile cambiare quanto madre natura gli ha donato, chi sognerebbe di mangiare una crostata con le proprie mani però ha bisogno dell’aiuto di qualcuno altro per non buttarsela tutta addosso a causa della sua diversità fisica.
Eppure, in sé, l’esperienza del limite è educativa e salvifica: quante volte mamma e papà hanno detto “No!” a qualche idea che si aveva da bambini col solo fine di proteggere il nostro bene?
Certo, può apparire estremo collegare questa esperienza adolescenziale con gli esempi di limite economico o fisico sopra riportati.
D’altra parte, se riportiamo il tutto a livello personale, il nocciolo della questione è lo stesso: saper accettare un “No!”, di qualsiasi natura esso sia, non è mai facile per l’essere umano; un semplice “No!” è un impedimento al raggiungere lo stato desiderato e che illumina la realtà dei fatti, anche quando non si vorrebbe che fossero tali.
Molte volte costa tanta fatica superare il proprio orgoglio ed ammettere la verità con sé e con gli altri. È un cammino impervio, ma vale la pena trovare il tesoro nascosto nel proprio cuore. Infatti, quando lo scoglio dell’orgoglio viene superato, non c’è niente di più liberatorio che mostrare la propria autenticità, o per meglio dire, che essere se stessi.

Giampy, che cos’è per te l’autenticità? 

L’autenticità è qualcosa che riguarda la tua vera essenza, potrei definirla anche come una melodia interiore che ti caratterizza oppure come una sorta di imprinting dell’anima che rappresenta la parte più vera di te. Quando cresciamo cominciamo a definirci, a crearci dei punti di riferimento, a valutare cosa sia giusto o cosa sia sbagliato. Cominciamo ad assorbire una serie di condizionamenti dall’ambiente familiare e sociale intorno a noi che giorno dopo giorno influiscono sull’espressione della nostra autenticità. Però, autenticità non è spontaneità. Non è fare ciò che ci pare e piace in qual si voglia momento. Autenticità è sapere stare nel proprio posto nel mondo essendo se stessi e rispettando gli altri.

In un mondo basato su efficienza e perfezione, come e perché bisognerebbe essere autentici?

Certo, è un compito arduo essere autentici in una cultura che ci impone modelli irraggiungibili che ci mettono a confronto con il dover essere perfetti, adeguati e sempre all’altezza della situazione. Ma essere autentici significa proprio questo, correre il rischio di scegliere di essere veri, anziché apprezzati. Significa uscire dalla nostra zona di sicurezza esprimendo le nostre idee, esternando le nostre opinioni, condividendo le nostre creazioni, pur sapendo che saremmo criticati, attaccati o emarginati per questo.
Perché dietro la nostra maschera c’è una forza costruttiva che non aspetta altro che uscire fuori. E quando entriamo in contatto con essa, accettandola e riconoscendola, troviamo il coraggio di prendere la responsabilità della nostra vita, cominciando a cambiare il nostro mondo e, soprattutto, portando nel mondo la nostra unicità.

Non mi sembra facile essere sempre autentici, soprattutto non mi sembra possibile trovare la propria autenticità e mantenerla per sempre. Si cresce, si cambia, si vivono esperienze forti, ma come si può tornare ogni volta al proprio centro?

L’abbiamo detto prima. Autenticità non è essere perfetti, non è guardare sempre e solo il mezzo bicchiere pieno, ma affrontare anche il bicchiere mezzo vuoto e, quindi, autenticità è anche perdonarsi. L’autenticità richiede, anche e soprattutto, di accettarci incondizionatamente, coltivando il coraggio di essere imperfetti e vulnerabili.
Il contatto con la nostra parte autentica ci guida verso la scelta di esperienze che per noi sono possibili e accettabili e ci allontana da quelle che, al contrario, dobbiamo evitare perché portatrici di disagio e malessere.
Il guardarci dentro, a occhi aperti, cercando di dare un nome a come ci sentiamo, momento per momento, ci permette di compiere delle scelte autentiche. Ci permette di decidere di liberarci di desideri, credenze e illusioni che non ci appartengono. Soprattutto, ci permette di prenderci la responsabilità di non fingere, di non cercare di essere qualcosa che non siamo.
Già, perché l’autenticità non è una qualità che si ha o non si ha. È qualcosa che va costruito attraverso le scelte consapevoli che compiamo ogni giorno.
Per tornare alla propria autenticità basta un po’ di silenzio, tanta umiltà e il coraggio di far parlare i desideri che si portano nel cuore: se senti che nella tua vita manca qualcosa, che le cose non vanno come vorresti, che hai fatto delle scelte che non ti stanno rendendo felice, vuol dire che ti stai allontanando sempre di più dal manifestare la tua autenticità e già ammettendo questo a te stesso stai tornando alla tua autenticità. Ammetterlo al mondo è il ritorno ad essere te stesso.

J-AX, in una canzone grido di liberazione, ripercorre un po’ la ricerca della propria autenticità. Rievoca la necessità di tirare il freno, del voler piacere a tutti a tutti i costi «perché fare roba nuova se la gente già t’adora e alla fine si innamora solo della novità» e dell’orgoglio che impedisce di accettare se stessi per paura di perdere il proprio status quo «che quando hai visto il mondo dalla cima, dopo sei intrappolato al top come un topo».
Dopo questi primi versi di consapevolezza, le parole si perdono per poi articolarsi nella parte peggiore del viaggio, ovvero il tratto che costa più fatica: guardare indietro «ho ascoltato la mia roba come mai ho fatto prima» e dirsi la verità su tutto, anche su quelle cose o su quelle persone su cui si appoggia la quotidianità: «e quello che credevo fosse un mio fratello vero, due bambini che da zero, hanno messo su una gang, l’amicizia che è finita come sempre nella vita, per le donne, la politica, l’orgoglio e il vile cash».
Ed ecco, però, che d’improvviso si rinasce a vita nuova, si rinasce per se stessi e non c’è atto più generoso di questo: riscoprire se stessi e riscoprirsi bisognosi della relazione con l’altro per esprimere tutta la propria umanità. Non una sudditanza, ma un’inutile libertà di accettare e di accettarsi, di amare e lasciarsi amare. Di essere autentici e accogliere l’autenticità altrui.

«Ricominciare da meno di zero 
E finalmente sollevare il velo
E raccontarmi veramente
Non l’immagine vincente che la gente prova a vendere
di sé
»

L’autenticità non è qualcosa da aggiungere a chi sei né riguarda un obiettivo da raggiungere, ma è solo qualcosa da ricordare a se stessi in ogni momento e circostanza. Insomma, l’autenticità è un tesoro nascosto da custodire a cielo aperto.