In verità ci sono dei momenti che uno vorrebbe non arrivassero mai. La partenza di un amico caro, il trasloco non desiderato o la fine di un amore su cui si aveva puntato tutto. Sono attimi pesanti che sembrano durare un eterno, eppure anche in questo momento stanno avvenendo in qualche parte della tua città.

Ho provato per tanti anni a cercare una risposta al perché di puntuali istanti che sconquassano la quotidianità che ogni persona si crea. Ancora sono qui, con questo punto di domanda e penso che nessuno abbia una soluzione a questo interrogativo. Anzi, sono spinto a stare alla larga da chi ha una parola e una soluzione sempre a tutto e per tutto perché la certezza totale mi inquieta e mi lascia l’amaro in bocca.

Circa cinque anni fa mi trovavo ai Colloqui Fiorentini e un autore sul palco chiese: “Chi è felice, per piacere, può alzare la mano?”. Questa domanda è rimasta in me come un ritornello che si ripete ogni giorno, condito da tante esperienze ascoltate porgendo quella domanda che pochi secondi dopo lo scrittore stesso ci propose: “Quando vedete una persona con il sorriso e che dice di essere felice, chiedetegli il perché”.

Così, giorno dopo giorno, ogni essere umano è in cammino nei suoi momenti bui e nei suoi momenti di luce.

E’ ostinatamente dannoso voler imporre a se stessi sempre la luce o sempre il buio. Siamo tutti ugualmente degni di essere chiamati persone umane perché oscilliamo tra il buio e la luce e in questo incomodo pendolare scopriamo la radice più profonda della felicità: la gioia di amare e lasciarsi amare.

Non solo il fare, anche l’essere è parte integrante della nostra gioia piena che è il successo più grande della vita. Essere che implica mostrarsi limitati e vulnerabili, oltre che pieni dei talenti che ognuno di noi ha ricevuto in dono. Infatti, lasciarsi amare, quindi riceventi di felicità per gesti altrui, è un atto di umiltà incredibile, come a voler ammettere a se stessi del bisogno dell’altro per raggiungere una gioia piena.

Guardando a una persona in sedia a rotelle come Giampy ho scoperto la radice di questa gioia fatta del lasciarsi aiutare mentre si scende dal letto, mentre si mangia e mentre si esce per una passeggiata.

Jovanotti, nella sua canzone Terra degli Uomini, ci chiama alla quotidianità del nostro pianeta e della nostra totale umanità. Umanità incompleta, ma non per questo incapace di lasciarsi completare da gesti semplici e spontanei che cambiano la nostra vita: un mazzo di fiori alla fidanzata, un biglietto per un concerto regalato alla sorella o una pasta cucinata alla nonna quando è a letto malata. Sono piccoli gesti che nel nostro buoi e nella nostra luce ci risvegliano e ci chiamano a vivere ogni giorno perché danno un gusto diverso al nostro passaggio.

Chiedendo a una persona sul perché era felice, mi ha risposto in maniera molto schietta e alquanto toccante: “Dalla bella vita, alla vita bella. Buon viaggio!”