Ogni volta che mi approccio all’ascolto di qualche nuovo gruppo o artista in generale prendo sempre le distanze dalla sua persona e dai suoi pensieri in modo da distillare l’ascolto dalle impurità del giudizio etico. Tuttavia, mi accorgo come in alcuni casi questo si dimostri piuttosto difficile a causa del contatto diretto tra persona e personaggio. Esistono una moltitudine di artisti la cui incoerenza sul piano personale si schianta a velocità supersonica con la bellezza dei lori stessi brani. Il risultato di questo folgorante contrasto a volte è tanto sorprendente da entrare nella storia, ma non per questo privo di conseguenze.

Può un completo imbecille scrivere buona musica? Anche se ci si aspetterebbe volentieri il contrario, certamente. Prendiamo come esempio i Guns ‘n Roses, una delle più celebri band rock di sempre. Terribilmente cafoni, sregolati e inutilmente autodistruttivi. Da gentaglia simile non potrebbero che uscire strofe masticate di punk anarchico e qualche lento sganassone. Ma a spodestare una simile certezza ci hanno pensato proprio loro con Sweet Child O’ Mine, una canzone d’amore di sincera dolcezza e anche grande energia. A distanza di più di due decenni questa resta la prova più lampante di una dicotomia di difficile metabolizzazione.

Per rendere le cose ancora più chiare spostiamoci in terra nostrana. Viste le sue recenti buffonate, molti di voi conosceranno Marco Castoldi, in arte Morgan. Dotato di un’estesa cultura e di grande talento, Morgan è stato probabilmente uno dei musicisti italiani più interessanti degli anni ’90 e ’00, incidendo con i Bluvertigo dischi dalle sonorità davvero interessanti. Proprio in quegli anni sforna La Crisi, un brano che descrive la discesa verso la follia. È buffo pensare che da lì a poco il suo lato idiota e autodistruttivo si sarebbe divorato la sua intera carriera trascinandolo al limite del ridicolo praticamente in qualsiasi situazione.

Tuttavia, c’è anche chi dell’idiozia ha fatto un uso intelligente. Un esempio? I Blink 182, storica band pop punk californiana. Nei primi anni ’00, all’apice del loro successo, i Blink 182 erano una delle band più irriverenti del panorama pop. Nudità, linguaggio scurrile e rutti al microfono avevano forgiato la loro immagine di ragazzi un po’ idioti, ma genuinamente simpatici. Non a caso il loro crollo artistico coincide con la fine di quel tipo di umorismo, già ampiamente sdoganato verso la metà degli anni ’00.

Da questa manciata di esempi si potrebbe tranquillamente estrapolare un elogio all’idiozia, una difesa nei confronti dell’imbecillità. Salvador Dalì stesso sosteneva di essere troppo intelligente per essere un artista. Può essere quindi l’imbecillità la chiave del successo artistico? Probabilmente no, ma è sicuramente un ingrediente essenziale per rendere le cose molto più interessanti nel bene e nel male.