Eh sì, prima o poi doveva succedere. È giunto il momento per la nostra amata rubrica di parlare di qualcosa che ci scalda più dei gas serra in questi ultimi anni: le canzoni d’amore.
Le canzoni d’amore sono da sempre un pilastro del mercato musicale nazionale e nonostante la loro terribile banalità riescono sempre a spuntarla e a catturare l’attenzione delle nostre orecchie indifese. Dopotutto, la cosa non dovrebbe nemmeno sorprenderci. Che c’è di più banale dell’amore? Nulla probabilmente, ma è indubbio che ne siamo sempre completamente ossessionati e lo desideriamo in tutte le forme in cui si possa manifestare. La banalità dell’amore viene un certo senso mascherata dalla sua libertà di espressione (vera o presunta) e dalla sincerità con cui solitamente questo sentimento si manifesta. Nella musica questo è avvenuto molto raramente. La verità nei sentimenti amorosi è spesso edulcorata da enormi cliché narrativi, pronti a cullarci e a farci sentire compresi da qualcuno, sempre con lo stesso scopo: far percepire la nostra storia come qualcosa di straordinario e irripetibile. Ahimè, se è questo che state cercando, le canzoni d’amore non fanno al caso vostro (o almeno, non dovrebbero). Aldilà della propria identità, la storia si ripete sempre allo stesso modo, secondo uno schema di una prevedibilità sconcertante, tanto che sentiamo la necessità di renderlo speciale per nasconderci dalla sua scontatezza.
Nonostante tutto, nell’oceano immenso delle false sicurezze, vi sono sparse anche piccole gemme di originalità che trattano l’amore da prospettive realmente speciali o anche solo dimenticate. Ad esempio, posso citarvi un caso in cui l’amore in musica raggiunge un livello di raffinatezza ed elaborazione difficilmente eguagliabili. Sto parlando di Love of my life dei Queen. Qui, l’elogio alla propria amata sublima nella musica e nel canto di Mercury che mantengono magistralmente l’attenzione per tutta la sua durata del brano. Poco dirò sulla canzone poiché dopo anni e anni di recensioni sui Queen praticamente è rimasto nulla da raccontare. Come ogni opera dei Queen la canzone composta da Mercury deve la sua straordinarietà all’interpretazione di Mercury stesso e si manifesta come una delle inesauribili proiezioni del suo immenso talento.
Osservando l’amore da una visione completamente opposta troviamo invece Immanuel Casto, noto cantante di musica elettronica da sempre attivo per i diritti LGBT. Tra le sue svariate produzioni dai nomi sessualmente esilaranti, spicca il brano Alphabet of Love. Qui l’amore si fa carnale, buffo, esagerato ma estremamente attuale e reale. Come buona parte della musica di Casto, la risata è lo strumento fondamentale per abbattere l’invalicabile muro del pregiudizio e del perbenismo (come potrebbe dire ipoteticamente lui, distrutto “a colpi di dildo”).
Tuttavia, l’amore può essere ancora di più, inglobando tutto ciò che viaggia tra la feroce banalità e la magica casualità. Ce lo insegnano i Beatles, con il celebre brano All you need is love. Il titolo è già eloquente nello spiegare l’immenso potere dimenticato dell’amore, con un’accezione così ampia da risultare quasi religiosa. La semplicità del concetto si fa così folgorante che immaginarne tutte le manifestazioni pare impossibile. L’arrangiamento ricco di romanticismo e fiati completa una breve esperienza di orientamento verso la pace universale.
Insomma, le occasioni per combattere la piattezza politically correct dei singoli radiofonici certo non mancano e non mancheranno. Inoltre, mentre siete in attesa del nuovo messia dell’amore potete sempre gettarvi nella frustrazione e nell’odio quotidiano. Lì il mercato non ha mai conosciuto crisi ed è sempre ricco di succose (e merdose) sorprese.