Penso sia sempre complicato trovare le parole giuste per parlare di un libro che ti sta veramente a cuore. Come si fa a trascrivere le emozioni che una lettura ti suscita e spiegarne i motivi? 

Chiamarlo semplicemente “libro preferito” sembra banale e definirlo emozionante o toccante non rende giustizia alla profondità delle emozioni che le sue pagine possono farti vivere.

E allora, prima di me, scelgo di far parlare la protagonista

«Però non è possibile. Perché io sono una femmina. E lei pure […]. Questo difetto senza Dio, solo mio deve restare. Perché io a lei non la voglio fare patire. Me lo porto io per tutti e due. Come le vecchie col lutto […]. Per rispetto a lei mi tengo il cuore di nero. E non la cerco più.»

In queste brevi frasi si concentra l’essenza del libro Minchia di re di Giacomo Pilati, pubblicato nel 2004 ed edito da Mursia. Una storia che mescola amarezza e orgoglio, stupore e angoscia, ammirazione e malinconia. Il titolo fa un po’ rimanere perplessi, ma invita a scoprirne il significato cercandolo tra queste pagine.

Ambientato alla fine dell’Ottocento in una piccola isola siciliana, il racconto segue Pina, che si innamora di Sara, un amore scandaloso e inconcepibile per la società e soprattutto per il padre di Pina. Per sopravvivere, Pina deve diventare Pino, indossando i panni di un uomo. La narrazione attraversa la sua vita dall’adolescenza fino alla vecchiaia, raccontata con intensità e realismo, mostrando la durezza della vita, la sottomissione, l’ipocrisia sociale e il peso della religione in una Sicilia di fine secolo. Ma non manca la bellezza dei paesaggi, l’odore del mare, la spensieratezza dell’infanzia, i «brividi di vita» a cui Pina è tanto affezionata.

Nel 2009, questa storia è stata portata sugli schermi con Viola di Mare, il film diretto da Donatella Maiorca. Girato nelle suggestive coste siciliane, offre un’ambientazione e dei colori perfetti, dando vita e voce alle protagoniste che avevano già conquistato il mio cuore attraverso le pagine del libro. La pellicola regala una nuova dimensione alla storia con immagini e suoni che catturano proprio l’essenza dei personaggi e del mondo in cui si muovono.

In un’intervista del 2009, dopo l’uscita del film, viene chiesto a Pilati che rapporto abbia la storia con il luogo in cui è ambientata. La Sicilia è solo uno sfondo o è inscindibile dalla storia? 

«La Sicilia è la vera protagonista di questa storia. I silenzi, gli appannamenti, le bocche cucite, la resina degli alberi che si appiccica alle pietre, il sole implacabile e il mare ovunque. Un natura fatta di odori ma anche di carne, di sguardi, di colori, di fumo, di nuvole e di pensieri, di odio e di irraggiungibili passioni. Con il coro greco – altro attore fondamentale del libro – che annuisce, condanna, giudica, deplora e perdona. Ma senza farsi vedere. Una sfumatura. Un colpo di luce. Un fulmine. Un occhio puntato come un indice sulle manovre della vita. Un coro invisibile che diventa verbo. E’ la trama eversiva che porterà le due prime donne del romanzo a sfuggire al coro e al suo spietato controllo, a rilanciare alla fine il tema universale dell’amore a tutti i costi libero dal pregiudizio.»

Pina è realmente esistita, la sua storia, scoperta per caso dall’autore, è stata ricostruita da lui stesso con grande sensibilità, dipingendo una società che fatica ad accettare qualcosa di diverso dalla tradizione e costruendogli intorno questa storia d’amore che soffre per farsi spazio in quel contesto.

Per tornare allo stesso rapporto con l’isola, anche il linguaggio ne è una forte dimostrazione. Le espressioni e sintassi tipiche del dialetto siciliano con cui è arricchito, da siciliana quale sono, mi hanno fatto pensare che non c’erano proprio modi migliori per esprimere dei concetti se non in dialetto.