Forse, a volte, basta provare a vedere il mondo con gli occhi di un bambino per trovare tutto molto più chiaro e naturale. O semplicemente umano.

LA CASA DI TRE BOTTONI

C’era una volta un falegname, si chiamava Tre Bottoni. Forse si chiamava anche Giacomo o Napoleone, ma era stato soprannominato Tre Bottoni da tanto tempo che nessuno si ricordava più il suo vero nome, neanche lui.
Abitava in un paese povero povero, dove la gente non aveva certo i soldi per farsi i mobili nuovi. In un anno, si e no, gli ordinavano un tavolo e quattro sedie. L’anno dopo gli ordinavano appena appena uno sgabello.
– Non volete un armadio?
– Eh, chissà quanto costa.
– Un cassettone?
– Eh, chissà quanto viene.
– Un attaccapanni?
– Bravo, e che cosa ci attacchiamo?
I pochi panni che avevano li portavano indosso. Tre Bottoni pensò: «Mi conviene cambiar paese. Però, vado in un paese nuovo, dovrò comprare una casa, o perlomeno prenderla in affitto. Mi conviene fabbricarmi una casetta di legno e metterci le rotelle: me la porterò dietro dappertutto e quando farò fortuna mi sposerò, e quando mi sarò sposato la darò ai miei bambini per giocare».
Detto fatto, si mise al lavoro. Come falegname era bravo la fatica non gli dava noia e non aveva paura di picchiarsi il martello sulle dita.
Era anche piccolo, Tre Bottoni. Era anche magro. Non gli occorreva una casa tanto grande. Difatti, la fece piccolissima: ci stavano dentro lui, il martello e la pialla, ma la sega no, la sega doveva appenderla a un chiodo, fuori dalla porta. Sopra la porta ci dipinse il suo nome: «Tre Bottoni». Sotto la casa, ci mise quattro rotelline. Per tirarla, una stanga.
– Guarda, guarda, – diceva la gente, – Tre Bottoni ha fatto una casa col manico!
E ridevano. Ma Tre Bottoni fingeva di non aver sentito. Quando partì, tirandosi dietro la sua casetta a ruote, la gente diceva:
– Guarda, guarda, Tre Bottoni si è fatto la «roulotte». E la benzina dove la metti, che non hai il serbatoio? Te la bevi?
Tre Bottoni si levò il cappello per salutare e se ne andò. La casa era leggera. In discesa, Tre Bottoni ci montava su, come se fosse un carrettino, e via!
Cammina e corri, venne la sera e Tre Bottoni si fermò in un prato.
– Dormirò qui, per oggi ho fatto abbastanza strada.
Lo svegliò, qualche ora dopo, la pioggia che picchiava sul tetto. Era scoppiato un temporale e i fulmini guizzavano da tutte le parti.
«Senti come tuona», si disse Tre Bottoni.
Ma non era soltanto il tuono. Qualcuno bussava alle pareti della casetta, bussava, bussava, e una voce implorava:
Aprimi, per piacere. Aprimi, Tre Bottoni!
Chi è?
Mi bagno tutto, fammi entrare.
– Prova un po’, – disse Tre Bottoni, aprendo la porticina, – io la casa me la sono fatta su misura, ma se ci stai anche tu, ben contento.
Dove c’è posto per uno, c’è posto per due.
Entrò un vecchietto, si strizzò la barba per farne uscire l’acqua e si sdraiò.
– Vedi che ci sto?
– Vedo, vedo. Ma chi siete?
– Sono tuo zio Caramella. Sono rimasto solo, non ho più nessuno che mi dia un piatto di minestra, ho pensato a te. Figurati come sono rimasto male, al paese, quando mi hanno detto che eri partito. Per fortuna i ragazzini hanno visto che strada hai preso e me l’hanno indicata. Ti sei fatto la casa nuova, eh? Allora le cose ti vanno bene?
– Benone, benone – disse Tre Bottoni.
– Bravo, ci ho piacere – disse zio Caramella. – Adesso scusami, ma ho bisogno di dormire. Parleremo domattina.
– Buon riposo – disse Tre Bottoni. Lui però rimase sveglio a grattarsi in testa e pensava: «Povero vecchio, scommetto che non ha nemmeno cenato. Proprio come me».
E intanto tuonava, tuonava. Ma non era soltanto tuono. C’era qualcuno che bussava alla porta, e una voce pregava:
– Aprite, per favore. Aprite!
– Chi è?
– Una povera donna con i suoi tre bambini. Il temporale ci ha colti per la strada e non abbiamo riparo.
– Entrate – disse Tre Bottoni, aprendo la porta, -potete. Io la casa me la sono fatta su misura, ma se ci siete anche voi, ben contento.
Dove c’è posto per due, c’è posto anche per tre. I bambini li terrò in braccio.
Entrò la donna, entrarono i suoi bambini, si sdraiare a dormire, e ci stavano tutti.
– Vi ringrazio tanto – disse la donna, – ci si sta proprio bene, qui dentro.
– Scusate, ma voi dove andavate, con questo tempaccio?
– Andavo alla disgrazia, andavo – disse la donna, mettendosi a piangere. – Sono rimasta vedova con questi figlioli, non potevo più pagare l’affitto e il padrone mi ha sfrattata. Chissà che cosa sarà di noi domani!
– Adesso non pensateci. Cercate di dormire.
Tre Bottoni, però, non poteva dormire e pensava: «Poveretta lei e poveretti i suoi bambini. Scommetto che non hanno nemmeno cenato. Proprio come me e come lo zio Caramella».
Il temporale continuava. La pioggia scrosciava senza riposo. I tuoni rimbombavano da un capo all’altro della terra. E ogni tanto qualcuno bussava alla porticina, in cerca di riparo, e Tre Bottoni lo faceva entrare dicendo:
Dove c’è posto per cinque c’è posto per seiDove c’è posto per sei c’è posto per setteDove c’è posto per undici c’è posto per dodici
Una volta era un boscaiolo a cui il torrente aveva portato via la capanna. Un’altra volta erano due giovani in viaggio per andare all’estero a lavorare. Poi fu un vecchio cacciato di casa perché non poteva più lavorare. Poi un servitore del re cacciato dalla reggia perché si era ammalato e il maggiordomo non voleva farlo curare.
Prima dell’alba, quando il cielo era più cupo e i tuoni più violenti, un pugno imperioso bussò tanto forte che la casetta ne tremò.
– Aprite!
«Potresti aggiungere “per favore”», pensò Tre Bottoni, sorpreso. Ma apri lo stesso e si trovò davanti…
– Fammi entrare!
Ma era proprio…
– Fa’ entrare anche il mio cavallo!
Non c’era dubbio: il manto era fradicio, ma la corona brillava, come se il temporale l’avesse lucidata. Era il re!
Dove c’è posto per dodici, c’è posto anche per tredici – mormorò Tre Bottoni, inchinandosi. E tra sé aggiunse: «E dove c’è posto per un re, c’è posto anche per il suo cavallo».
– Vista di fuori – disse, – la tua casa sembrava più piccola.
Il re entrò e si guardò intorno alla luce dei lampi.
– Veramente – spiegò Tre Bottoni, – io me l’ero fatta su misura della mia persona.
– Che legno hai usato?
– Castagno, Maestà.
– Il castagno non è elastico come la gomma. C’è qualcosa che non capisco.
– E meno male che c’è – disse Tre Bottoni, – altrimenti come c’entrava tutta questa gente?
Sua Maestà re Bernardino Quarto rifletté a lungo.
– Forse non è questione di legno, ma di cuore – disse.
– Come sarebbe?
– Il cuore è piccolo come un pugno, ma se uno vuole può metterci dentro tutta la gente del mondo e rimane ancora posto. Si vede che questa casa l’hai fatta col cuore.
Tre Bottoni rimase zitto.
– E questa gente chi è? – domandò il re, indicando la piccola folla addormentata.
– Dunque, quello è lo zio Caramella, quella è una vedova con i suoi bambini, quello…
Tre Bottoni spiegò ogni cosa a re Bernardino che, ascoltandolo, diventava sempre più triste.
Quando poi notò il suo servitore malato, che si lamentava nel sonno, si tolse la corona di testa, come se a un tratto fosse diventata troppo pesante per portarla.
– Credevo di essere un buon re – disse, – e guarda quanta gente disgraziata. Che cos’ho fatto io per questa gente? Molto meno di te, che almeno le hai offerto un tetto per la notte. È ora che me ne vada.
– Con questa pioggia, Maestà?
– No, non volevo dire questo. E ora che me ne vado in pensione. Se uno non sa governare in modo da rende re felici tutti quanti, è meglio che si levi la corona dalla testa.
Pensò ancora un poco, poi disse: – Però posso fare ancora qualcosa. Appena sarà cessato il temporale, verrete tutti con me. Tu, a quel che vedo, sei un bravo falegname e alla reggia non ti mancherà il lavoro. Penseremo anche agli altri: chi ha bisogno di essere curato lo sarà, chi ha bisogno di trovare un lavoro lo troverà. In cambio, tu mi darai tua casa a rotelle: con essa girerò il regno in cerca di persone che abbiano bisogno del mio aiuto. Sei d’accordo?
Non si sa che cosa abbia risposto Tre Bottoni, perchè proprio in quel momento si udì un imperioso suono di clacson.
Durante la notte, il vento aveva spinto la casetta proprio in mezzo alla strada e la corriera non poteva passare.
– Ehi, voi altri – gridava l’autista, – ehi, zingarelli, sveglia! Tiratevi un po’ da parte.
La gente si affacciava ai finestrini e rideva. – È  la casa di Tre Bottoni…
La casa? Vorrete dire la «roulotte»!
Sveglia, Tre Bottoni!
Tre Bottoni usci dalla casetta e per prima cosa notò con sollievo che non pioveva più. Dietro di lui usci lo zio Caramella, pettinandosi la barba. Dietro lo zio Caramella uscì la vedova, uscirono i suoi tre bambini, l’ultimo cammina a quattro zampe.
– Ma quella non è una casa – rideva la gente, – è cappello di un prestigiatore! Vedrete che alla fine uscirà i coniglio bianco!
E fuori gente, e fuori gente.
– Ma come avete fatto a starci tutti insieme senza diventare piatti come sardine?
– Guardate! C’era anche un cavallo! Un cavallo bianco! Altro che conigli…
Ma dietro il cavallo usci il re in persona. Allora tutti ammutolirono. L’autista fece un inchino che a momenti si rompeva la schiena in due.
– Su, su, niente stori, – disse il re, – fate salire questa brava gente, pago io il biglietto. La casetta di Tre Bottoni potete attaccarla dietro la corriera, al posto del rimorchio. Io vi verrò dietro a cavallo e vi dirò dove dovrete fermarvi.
Se i libri di storia dicono la verità, quella fu la prima volta che la corriera giunse alla capitale scortata dal re a cavallo. E fu anche l’ultima.
Tre Bottoni sposò la vedova e, per far giocare i suoi tre bambini, fabbricò un’altra casetta di legno a rotelle, precisa alla prima. Era piccola cosi, ma ci stavano dentro tutti i bambini della città e se, da ultimo, un gatto voleva entrare, c’era posto anche per lui.

Gianni Rodari