Il dolore di una nazione va rispettato, come vanno rispettate le vittime di questi scellerati attacchi alla quotidianità democratica dell’Europa. Però è necessario fare, nelle poche righe a disposizione, almeno degli esempi nella storia recente che hanno portato a questi sanguinosi avvenimenti.

Restando fermo il punto che le parole scritte qui non sono di critica ma semplici elementi di studio e confronto.

Nonostante i continui richiami alla pace tra i popoli proposti dalle organizzazioni umanitarie e dal mondo religioso, la Francia, supportata dall’UE, dagli Stati Uniti e dalla Nato, si è già pronunciata favorevole al vendicarsi nel merito degli attentati di questi anni. Charlie Hebdo e Bataclan, per citarne due, ma la lista sarebbe più lunga.

L’odio ha radici lontane che affondano nel terreno fertile dell’ostilità al colonialismo francese. Passando poi per le emarginazioni delle comunità islamiche nelle popolosissime banlieue, crescendo grazie alle ultime campagne militari messe in atto dalla Francia in Africa e in Medio Oriente.

Partiamo dal dire che i paesi nord e centroafricani covano da sempre sentimenti di rancore maggiori nei confronti della Francia, ancor più che verso gli Stati Uniti.

Il Marocco e la Tunisia, i due maggiori serbatoi di combattenti stranieri nell’Isis, l’Algeria con la sua lunga storia di sangue nella lotta per l’indipendenza, il Mali e in parte anche l’Egitto sono tutte ex colonie francesi. Infatti la maggior parte degli attentatori delle ultime stragi in Francia sono nati in famiglie provenienti da queste zone geografiche. Lo sfruttamento di risorse perpetrato dalla ex potenza coloniale non è mai stato gradito nel Sahel e nell’Africa nera. In aggiunta, l’Arabia Saudita e gli altri paesi del golfo, negli ultimi anni, hanno finanziato la crescita di moschee islamiche radicali e vedono con rabbia Parigi in qualità di capitale dello stato laico, ottenuto col sangue della rivoluzione francese in patria, ma imposto dall’alto nei possedimenti esteri.

La dissoluzione dell’Impero Ottomano e la successiva spartizione dei suoi territori nelle zone di influenza di Francia e Gran Bretagna è stata utilizzata molto nella propaganda del neonato Stato Islamico, che si propone di ridisegnare i confini scossi dalle primavere arabe, e di far saltare gli stati costruiti a tavolino durante l’accordo di Sykes-Picot nel 1916. Accordo segreto che vide i francesi e gli inglesi dividersi le carni della carcassa ottomana.

Le proteste arabe del 2011 hanno permesso a Sarkozy e Hollande di ristrutturare la politica estera francese in chiave militarista e interventista. Le politiche adottate dalla Repubblica portarono alla destituzione di Gheddafi in Libia e a maggiori ingerenze economiche in Siria e in Nord Africa arrivando a finanziare pericolosi gruppi di ribelli contro il regime di Damasco. Questo ha destabilizzato ancora di più la crisi mediorientale spargendo altra benzina sul fuoco del fondamentalismo. In più dopo gli attentati jihadisti in Francia, Hollande si è esposto alla rappresaglia dell’IS intensificando i raid sul territorio iracheno e bombardando anche in Siria.

I cruenti scontri successivi all’attentato del 13 novembre 2015 hanno portato all’imposizione dello stato di emergenza, misura che non ha comunque impedito la strage condotta con spietato cinismo sulla Promenade des Anglais a Nizza. Lo stato di emergenza era già stato utilizzato dalle autorità francesi 1955 durante la guerra in Algeria, con altrettanti scarsi risultati. Senza dimenticare che di episodi di terrore, seppur di minore intensità, la Francia ne aveva già avuti negli anni 90. Questi attacchi nacquero in seno alla nuova crisi algerina che portò all’estromissione dal governo francese degli esponenti islamisti.

A causa dell’importanza di queste politiche interne, non bisogna dimenticare il fronte fondamentalista che sta entro i confini della realtà statale francese. Rispetto all’Italia, le cellule terroristiche hanno migliori coperture e possono contare sull’appoggio delle periferie cittadine, per quanto riguarda il proselitismo di nuovi Jihadisti, i quali non sempre sono di origine islamica. Queste nel corso di decenni di mancata integrazione sono diventate delle città nelle città, fucine di rancore e risentimento. Non a caso la Repubblica Francese spicca come primo serbatoio europeo di Foreign Fighters, oltre 1500.

Molti dei lupi solitari coinvolti nelle aggressioni del 2015 e nel 2016 avevano alle spalle esistenze di disagio. Provenivano quasi tutti dagli arrondissement esterni alla capitale e dalle banlieue di altre città. Queste sono da tempo il nervo scoperto dell’antiterrorismo d’oltralpe, fuori dal controllo delle forze dell’ordine in cui l’attività di monitoraggio è particolarmente difficile. Per tutto ciò il problema del radicalismo islamico di matrice terroristica è lontano dall’essere risolto.