Lei dunque capirà è il titolo di un libro di Claudio Magris, in cui l’autore rivisita il mito greco di Orfeo ed Euridice in chiave moderna e da un punto di vista del tutto nuovo. Venerdì sera a scrittorincittà Michela Murgia ha dato voce alle parole di Euridice e i musicisti del conservatorio G.F. Ghedini hanno fatto rivivere la musica di Orfeo.

Claudio Magris nella sua versione del mito mette in luce più la figura di Euridice, che era sempre stata un personaggio senza identità, rispetto a quella di Orfeo. È lei infatti a fare in modo che Orfeo si volti verso di lei, perdendo la possibilità di riportarla tra i vivi. È come se Euridice capisse che il tentativo di tornare al passato non avrebbe portato a niente di buono.

Il titolo del testo, Lei dunque capirà, è la frase con cui Euridice alla fine si rivolge al Presidente dicendo che lui dunque capirà perché lei è ancora lì e non è andata via, nonostante lui avesse dato a Orfeo il permesso di venirla a prendere. Ma è una frase ambigua, non vuole dire solo questo. Significa anche che lei, Euridice, capirà. Nel tempo dell’attesa, nel tempo del cammino, in cui Orfeo la precede e lei lo segue, anche lei intuisce quello che non aveva compreso da viva: capisce che solo gli amori delusi vanno creduti. Gli amori perfetti non sono veri. Attraverso il filtro della morte lei riesce a capire quello che in vita non aveva capito.
Descrive, infatti, questo amore contradittorio, in cui lui la emoziona, la fa diventare una grande donna attraverso i sentimenti che le suscita, ma allo stesso tempo la abbruttisce, la usa, la strumentalizza, le dice di battere lei le poesie a macchina per lui, le mette le corna. È un vero amore, però, perché è un amore deluso. È una grande intuizione che poteva venire solo ad una donna o ad un grandissimo scrittore come Claudio Magris. Il suo sguardo infatti è quello di una donna, innamorato ma allo stesso tempo conscio di che razza di filibustiere ha sposato.
Ci sono dei passaggi in cui lei dice che lo giudica, lo giudica per tutto, lo incolpa per tutto, di cosa non sa bene, ma di qualcosa sempre. Lei è soverchiante, dominante, perché chi ha il potere dell’accusa ha il potere di far sentire l’altro sempre in colpa, lo incatena alla sua stessa insufficienza.

Forse allora non è vero che lo specchio dell’altra parte è esattamente uguale…

In realtà è uguale, ma secondo me quello che Magris dice, e che ha detto a suo tempo anche il mito, è che dall’altra parte c’è una quiete che qui possiamo solo desiderare. Ed è in quella quiete che si vede meglio la nostra frenesia e si capisce meglio quanto poco abbia senso. Dall’altra parte non c’è un tempo che finisce e quindi non c’è fretta, mentre qui sì, qui abbiamo tutto contato.

Con la collaborazione di Anna Mondino